L’ANGIOLO DI PELUCHE

Caro diario,
15 dicembre 2025 Roma

Ciao, ex moglie mia,
forse non leggerai mai queste parole, ma è inutile insistere: tutto è già stato detto, e col tempo guardo ciò che è stato con occhi diversi.

Sono passati venti anni da quando il tribunale di Roma ha dichiarato il nostro divorzio. Ricordo ancora il giorno in cui il giudice, consigliandoci di riflettere, ci ha ricordato della nostra figlia di quattordici anni, Giulia. Io, però, ero deciso: «Liberateci luno dallaltro il più presto possibile!» Tu sei rimasta in silenzio, forse daccordo, forse fermo al tuo parere. Da quel momento la nostra famiglia non è più esistita; le nostre vite hanno preso strade parallele e siamo diventati estranei, senza più parlare.

Eppure, la ragione di tutto è stata Giulia, che non capiva perché papà e mamma non fossero più insieme. Non cerano litigi né discussioni; vivevamo felici, spensierati, immersi nella gioia di una casa piena di risate.

Non mi hai mai chiesto di dichiararti amore, perché lamore era già nei tuoi occhi e nei tuoi gesti. Ogni regalo che mi facevi era unico, sempre con un significato profondo. Ricordo il Capodanno di qualche anno fa: appendesti su lalbero di Natale un piccolo angelo di peluche, lo comprasti al mercato di Campo de Fiori, e, al suono delle campane di San Silvestro, mi dicesti: «Che questo angelo sia il simbolo del nostro affetto». Da allora quellangelo è rimasto sospeso sopra la porta dingresso, e ogni anno lo spostavamo sullalbero, credendo che proteggesse la nostra felicità. Evidentemente non è bastato.

Poi è arrivata la follia, una passione nera che mi ha travolto come un uragano. Ho conosciuto Alessandro, un uomo già sposato con due figlie, Alessia e Beatrice. Senza alcuna remora, abbiamo infranto ogni limite, ignorando il dolore che causavamo ai nostri figli, alle mogli, a noi stessi. È stato un incubo diabolico, una tentazione che mi ha inghiottito.

Dopo sei mesi di questo caos, ho avuto una lucidità improvvisa. «Siamo due persone opposte», ho capito, «un sì e un no». Il sogno ricorrente mi mostrava la casa avvolta da una melma densa e inestricabile: cercavo di attraversarla, ma mi risucchiava, allontanandomi sempre più da quel luogo familiare.

Mentre cercavo di liberarmi da quella palude di peccato, ho scoperto che tu, la mia metà, avevi costruito una nuova famiglia. Non giudico; tutti cercano amore, stabilità e serenità. Da allora sono passati gli anni, e il flusso del tempo ha portato via giovinezza, figlia, nipote. Questo è quasi tutto ciò che abbiamo in comune, Igor scusate, Marco, ma le nostre strade sono rimaste diverse.

Il Capodanno si avvicina ancora una volta. Langelo di peluche è ancora intatto, sebbene le ali si siano staccate. Lo riporterò sullalbero, come un ultimo gesto di memoria.

Lezione personale: ho imparato che la vera pace non nasce dallevitare il dolore, ma dal rispetto di sé stessi e dallaccettazione delle proprie scelte, per quanto dolorose possano essere.

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