«Lasciatelo andare!: Ho solo detto di sì…»

«Lasciate andare Simone!»: io semplicemente acconsentii…

«Dove credi di andare?» chiese con tono contenuto Giulia, osservando il marito che indossava una camicia pulita.

«Ho deciso di uscire con gli amici. Birra e quattro chiacchiere» rispose Simone, senza neppure guardarla.

«E con me, quando hai intenzione di passare del tempo?» Provò a sorridere, ma le uscì solo un’amara smorfia.

«Ma sei sempre al lavoro! Come potevo sapere che oggi saresti tornata prima?»

La domanda sembrava logica. Ma ormai le scuse logiche, comode, erano diventate troppe. E Giulia era stanca. Stanca di essere quella che capisce tutto, perdona e paga.

Una volta credeva di aver trovato l’uomo giusto. Simone era attento, modesto, un po’ più giovane—ma l’età conta, quando le anime si parlano? Li avevano presentati le amiche di sua madre, si erano sposati, e ora vivevano nel suo grande appartamento. Lui lavorava… più o meno. Ma a lei bastava. Per entrambi.

I primi segni arrivarono dopo un anno. Una relazione. Poi una seconda, una terza. Scuse, lacrime, promesse. E poi, acquisti. Console, computer, telefono nuovo… e ora, l’auto.

«Giulietta, sarebbe perfetto! Potrei venirti a prendere dal lavoro, portare il bambino all’asilo…» sognava Simone.

«Prima fatti trovare a casa ogni tanto» rispose secca. Ma l’abitudine a perdonare era più forte.

Poi, una domenica mattina, arrivò quella chiamata.

«Pronto, lasciate andare Simone!» Una voce giovane.

«Scusi, chi parla?»

«Noi ci amiamo! Voi… voi siete solo d’intralcio!»

Giulia ascoltò in silenzio.

«Siete sicura che il vostro amore valga più dei soldi?» chiese alla fine.

«Certo!»

«Vediamo.»

«Cosa?»

«Prendetelo. Per sempre.»

Appese e cominciò a riempire una valigia con le sue cose.

Dieci minuti dopo, Simone rientrò. Si fermò sulla soglia, fissando la valigia.

«Dobbiamo… partire?»

«Tu sì. Dove vuoi.»

«Cosa?»

«Nel senso letterale. Divorziamo.»

«Per una stupida? Stavo scherzando, Giulia! Volevamo una famiglia! L’auto!»

«Sì. Ora me la comprerò da sola. Prenderò la patente. E un figlio, se vorrò, lo farò senza di te. Grazie per la motivazione.»

Provò a discutere. A supplicare. A manipolare. Ma Giulia era impassibile.

Un anno dopo, scese dalla sua auto nuova nel parcheggio di un centro commerciale. La patente, uno sguardo sicuro, un sorriso leggero. E un vestito nuovo, quello che piaceva tanto al suo nuovo uomo—maturo, affidabile, senza pretese.

Vedendo Simone in lontananza, Giulia lo fissò un istante.

«L’hai comprata quella? Ma… io volevo nera.»

«Io rossa. E l’ho presa.»

Proseguì, lasciandolo nell’ombra. Senza parole. Senza rimpianti. Senza di lui.

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