Fin da bambina, Serena aveva sentito dire che le donne della sua famiglia erano maledette. La sua bisnonna aveva perso il marito in guerra, la nonna aveva rovinato la salute lavorando in fabbrica, e il padre di sua madre le aveva abbandonate quando lei aveva solo tre anni. Serena immaginava spesso che anche il suo matrimonio sarebbe finito in tragedia. Non lo desiderava, ma l’ombra di quella maledizione gravava su di lei.
Incontrò il suo futuro marito, Marco, in una piccola officina alla periferia di Palermo, dove entrambi lavoravano. Lui riparava macchinari, lei smistava pezzi. Si conobbero nella mensa comune durante la pausa pranzo. La decisione di sposarsi arrivò in fretta. Celebrarono un matrimonio semplice e andarono a vivere nel suo appartamentino di due stanze in via Garibaldi. La nonna era già scomparsa, e quella casa divenne la loro casa.
La vita scorreva tranquilla. Prima nacque il figlio maggiore, Matteo, poi il più piccolo, Luca. Poco dopo, la madre di Serena morì. Ora toccava a lei occuparsi della casa e dei figli da sola. Non si lamentava: Marco portava a casa lo stipendio, e il suo compito era badare alla famiglia.
Ma dopo qualche anno, qualcosa cambiò. Marco iniziò a tornare tardi dal lavoro, a parlare sempre più spesso di una giovane collega che «lo aiutava con i rapporti». Serena si accorgeva del suo allontanamento: tornava a casa solo per cambiarsi, e a volte nemmeno pernottava. Capiva tutto, ma la paura di restare sola con i figli la paralizzava.
«Lasciala, pensa ai bambini», osò dirgli una volta.
Marco non rispose. Niente scuse, niente urla, solo silenzio gelido.
Serena continuò a occuparsi di lui: preparava la cena, lavava le sue camicie.
«Sei brava solo a servire», le sbottò con disprezzo dopo un altro tentativo di dialogo.
Lei aspettò, sperando che cambiasse idea. Ma una sera Marco fece le valigie.
«Non lasciarci, ti prego! Non privare i bambini del padre!», singhiozzò Serena.
«Sei solo una serva miserabile», tagliò corto lui, guardandola con aria di disgusto.
Quelle parole le sentirono anche i figli. Matteo e Luca, stretti uno all’altro sul divano, lo videro uscire. Non capivano perché accadesse tutto questo. Forse non erano stati abbastanza bravi? Forse la mamma aveva fatto qualcosa di sbagliato?
I bambini videro tutto: le lacrime di lei, i suoi sforzi per trattenersi, le infinite attenzioni per loro. Si davano da fare: lavavano i piatti, sistemavano casa. Serena si dedicò completamente ai figli e al lavoro. Non pensò neppure a nuove relazioni—Matteo e Luca erano il suo mondo.
Ma il destino aveva altri piani. Un giorno, mentre faceva la spesa al supermercato, Serena lasciò cadere un pacchetto di pasta. Un uomo gentile lo raccolse subito.
«Posso aiutarti con la spesa?», chiese sorridendo.
Lei esitò, ma lui, senza aspettare risposta, prese le sue borse.
«D’accordo, decido io», scherzò, e lungo la strada chiacchierarono.
Si chiamava Alessandro. Era affabile, dalla voce calma e con una leggera zoppia. Serena lo ringraziò e se ne andò, senza aspettarsi di rivederlo. Ma lui ricomparve nello stesso negozio, come se cercasse apposta quegli incontri. Fu così che iniziarono a conoscersi.
Serena faceva le pulizie nel palazzo per arrotondare. Di solito i figli la aiutavano, ma quel giorno volle fare da sola.
«Posso dare una mano?», risuonò una voce familiare.
Alessandro era di nuovo lì. La aiutò a terminare e quella sera lei lo invitò a cena. Lui arrivò elegante, con un mazzo di margherite bianche e una scatola di pasticcini.
«Buonasera», salutò porgendo i dolci ai bambini.
Matteo, il maggiore, annusò i pasticcini per qualche motivo, e tutti risero. Il clima si sciolse. A tavola, Serena fece cadere un cucchiaio, e Alessandro lo afferrò al volo.
«Giochi a basket?», chiese Luca.
«A scuola sì, ma è passato un po’», rispose lui sorridendo.
«Ti mostriamo il nostro campo!», propose Matteo. «Io e gli amici giochiamo sempre».
Il giorno dopo si rividero. Alessandro le confessò:
«Avrai notato che cammino piano e parlo lentamente. Ho avuto un incidente grave. Mia moglie non voleva più stare con me. Ora forse nemmeno tu vorrai».
Serena tacque, per non metterlo in imbarazzo.
«Se i miei bambini non ti pesano, torna pure», disse infine con un sorriso.
Alessandro entrò nella loro vita. Era premuroso, giocava con i ragazzi, aiutava in casa. All’inizio era strano, ma presto si affezionarono a lui. Divenne ciò che Marco non era mai stato. Giocavano a pallacanestro, invitavano gli amici, e la casa si riempì di risate.
Passarono gli anni. Matteo si fidanzò, Luca si appassionòMa quando una sera Marco bussò alla porta, chiedendo perdono e un nuovo inizio, fu Luca a chiudergliela in faccia senza esitazione, mentre Matteo e Alessandro si stringevano a Serena, proteggendo la famiglia che insieme avevano costruito con amore e rispetto.