L’attesa di qualcosa

**In Attesa di Qualcosa**

Anna sedeva sulla panchina nel cortile di casa sua, sgranocchiando un Bounty, il suo cioccolato preferito sin da bambina. La loro casa era grande, a due piani, costruita in fretta dal padre, che faceva larchitetto. Anna aveva una sorella maggiore, Sofia, diciassettenne, e le due andavano damore e daccordo. Sofia, da sorella maggiore, la teneva docchio, la aiutava e, quando serviva, la difendeva.

Anna finì il cioccolato e sospirò pesantemente. Una sconosciuta malinconia laveva colta: si era innamorata. Sembrava una sciocchezza, una ragazzina che stava per compiere quindici anni, cosa cera di strano? Eppure…

«Avessi almeno scelto un compagno di classe, o magari Luca, quello dellaltra sezione che piace a tutte, persino alle ragazze più grandi. Ma no, dovevo innamorarmi di Marco, lamico di papà. Che faccio ora?» si tormentava, invidiando le compagne che parlavano delle loro cotte per ragazzi, non per uomini adulti.

Proprio allora arrivarono gli ospiti: zio Marco con la moglie Silvia e la figlia Giulia, due anni più piccola di Anna. Le loro famiglie erano amiche da generazioni, dai nonni in poi, e ora anche i genitori di Anna e Marco si vedevano spesso, con le mogli che mantenevano un rapporto cordiale.

Anna sapeva che Silvia era una donna buona e onesta, che amava suo marito, ma questa consapevolezza non le dava pace. Non capiva cosa le stesse succedendo, finché un giorno Sofia non la trascinò lontano da casa, nel gazebo del giardino. Era il compleanno della loro madre.

«Anna, che stai combinando?» chiese Sofia, preoccupata.
«Niente, di che parli?» fece linnocente la sorellina.
«Ma dai, sei innamorata di Marco, vero?» Sofia la fissò, aspettando una risposta.
«E allora? Ti fa invidia?» Anna scoppiò in lacrime.

Da tre mesi, da quel compleanno festeggiato nella loro casa al mare, non riusciva a smettere di pensare a lui. Lo aveva visto ballare con la mamma, felice e spensierato, e aveva desiderato essere lei tra le sue braccia. Si sentiva in colpa, confusa.

E Sofia laveva scoperta. Anna si vergognava, non credeva che qualcuno potesse sospettarlo. Sofia, inizialmente irritata, alla fine labbracciò.
«Povera sciocchina. Non ti preoccupare, passerà» la consolò.

Anna smise subito di offendersi, e Sofia le asciugò le lacrime. Ma arrivò la madre, preoccupata.
«Anna, che succede?»
«Niente, mamma, ha avuto paura di una vespa, lha quasi punti in faccia» mentì Sofia.
«Ah, capisco. State attente, questanno ce ne sono tante» rispose la madre, andandosene.

Il tempo passava, ma lamore di Anna per Marco non svaniva. Andava bene a scuola, usciva con gli amici, i ragazzi la corteggiavanoera carina, ma non ricambiava nessuno. Ai balli danzava con i compagni, riceveva bigliettini damore. Al liceo iniziò persino ad avere appuntamenti, ma nel cuore sapeva che zio Marco era il suo cavaliere.

Allultimo anno si ripromise:
«Devo dimenticare Marco. È solo il primo amore, e si dice che il primo sia sempre infelice». Ma non riusciva a liberarsene. «Vivo una doppia vita. Da una parte la mia famiglia, gli amici, la scuola. Dallaltra, lui. Non è giusto. Sofia diceva che sarebbe passato, ma per me non è così».

Arrivò il momento di scegliere luniversità. Pensava di studiare psicologia, ma ricordò il sogno dinfanzia: diventare medico. Vinse quello. Eccellente studentessa, entrò senza problemi alla facoltà di medicina.

Giulia, la figlia di Marco, che Anna non amava particolarmentedopotutto viveva ogni giorno accanto a lui, come sua mogliela chiamò. Anna era al terzo anno.
«Ciao, Anna. La mamma mi ha chiesto di dirti che sabato è il suo compleanno. Venite nella nostra casa al mare».
«Grazie, Giulia, ci sarò» rispose distrattamente.

Silvia era una padrona di casa impeccabile, i suoi piatti erano squisiti. Tutti amavano essere loro ospiti. Marco, invece, era un maestro nel fare la grigliata, perfetta ogni volta.

Erano in pochi parenti, per lo più amici. Una decina di persone. Dopo il pranzo abbondante, Anna uscì in giardino. Era autunno, e laria fresca le fece bene. Guardava i fiori che resistevano ancora, quasi sfidando la stagione.

«Ecco il tuo preferito» sentì una voce alle spalle, e trasalì.
Marco teneva un piatto con una fetta di cheesecake ai lamponi e una tazza di tè.
«Grazie, mettilo sul tavolo, sennò lo faccio cadere» disse arrossendo. «Come sai che mi piace quello ai lamponi?»
«Lho notato da qualche parte» sorrise lui. «Noto molte cose». E, per non metterla più a disagio, rientrò in casa.

«Cosaltro ha notato?» pensò Anna. «Sa che mi piace? Eppure non passa». Si sedette e mangiò distrattamente la torta.

Poco dopo arrivò Giulia.
«Buona, vero? La mamma è bravissima. È stata lei a mandare papà, sa che ti piace».
«Sì, buonissima» rispose Anna. «Fa caldo in casa, sono uscita a prendere aria».

Le due chiacchierarono a lungo. Sofia, ormai sposata e lontana, non era venuta. Anna non pensava al matrimonio, benché frequentasse ragazzi. Alcuni le avevano persino chiesto la mano. Una volta arrivò al punto di fissare la data alle nozze, ma alla fine rifiutò. Non sentiva nulla.

Durante lultimo anno di università, seppe che Silvia era gravemente malata.
«Figlia mia, hanno trovato a Silvia una malattia terribile, già avanzata» le disse la madre. «Marco è distrutto, Giulia piange sempre. Mi dispiace non poter fare nulla».

Anna si sentì in colpa. «Sarà colpa mia, per questo stupido amore?» Ma poi scacciò quel pensiero. «Che centro io? È il destino».

Era addolorata. Parlò con Giulia, che si lamentava:
«Mamma rifiuta le cure. Dice che tanto morirà lo stesso. Papà ha chiamato uno psicologo, ma lei è chiusa in sé».

Anna, ormai dottoressa, capiva. Silvia morì un anno dopo. Ai funerali, vide Marco invecchiato e Giulia in lacrime.

Passò una settimana, ma Anna non si riprendeva. «Mi sento male. Ho mal di testa, sonno, troppi pensieri. Devo riposare». Dormì a lungo, e al risveglio si sentì leggera. Finalmente libera. Non pensava più a Marco. Era come se tutto fosse svanito. Però, dentro di sé, aspettava ancora qualcosa.

Trascorsero quasi tre anni. Anna lavorava come cardiologa, con poco tempo libero. Capiva le donne che soffrivano per amore, che si lamentavano del cuore. Gli uomini venivano meno.

Quel giorno, a fine turno, aveva un ultimo paziente prenotato online: un certo Roberto. Era il suo compleannoventotto annie i colleghi lavevano festeggiata.

«E io ancora single» pensò, stanca. Bussarono alla porta. Sulla soglia cera Marco

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