Le Hanno Detto che Non Poteva Partecipare alla Cerimonia… Ma Ha Rubato la Scena

La giornata avrebbe dovuto essere perfetta.
Il sole filtrava dolcemente tra gli alberi, tingendo d’oro le sedie allineate e gli archi floreali. Sofia sistemò il velo per la decima volta, le mani le tremavano. Non per l’emozione di sposare Giovanni, ma per quel dolore al petto da quando la sua famiglia aveva imposto regole ferree sul matrimonio.

Nessun bambino alla cerimonia. Nessuna sorpresa. Soprattutto, niente “complicazioni” da parte di Margherita.
Margherita, figlia di dieci anni di Giovanni da una relazione precedente, era silenziosa e terribilmente saggia per la sua età. Sofia l’aveva amata subito, non per dovere ma con una tenerezza feroce da chi conosce l’abbandono. Sua madre se n’era andata quando aveva quattro anni, lasciandola con Giovanni e sua nonna Elena.
Quando Sofia e Giovanni si fidanzarono, credevano fosse semplice unire le loro vite. Si sbagliavano.

La famiglia di lui, conservatrice e fiera di quel figlio avvocato di successo, pretendeva una sposa “perfetta”. Sofia, maestra di origini umili, non corrispondeva allo stampo. Accettò di nascondere l’ironia, ridurre gli invitati e, alla richiesta “Margherita non partecipi alla cerimonia”, sorrise annuendo… mentre il cuore si spezzava.
Non si aspettava che Margherita capisse.

La mattina delle nozze, tra i preparativi, la bambina apparve sulla porta della stanza della sposa. Aveva un vestito blu navy, i capelli pettinati, e stringeva qualcosa.
“Zia Sofia,” sussurrò entrando.
Sofia si voltò, il trucco a metà, le emozioni a fior di pelle. “Tesoro! Sei bellissima.”
Margherita le porse un foglio: “Ho scritto qualcosa per la cerimonia.”
Sofia s’inginocchiò: “Amore, non sei nel programma…”
“Lo so. Ma posso leggerlo almeno per te?”
Sofia deglutì a fatica: “Certo.”

Margherita schiarì la voce: «Cara Sofia,
non dovevi amarmi. Io non sono tua figlia, nessuno te l’ha chiesto. Ma tu l’hai fatto. Mi hai insegnato a farmi le trecce, aiutata con la matematica, messa a letto quando papà lavorava. Mi raccontavi storie anche se eri stanca e mi lasciavi sempre l’ultimo biscotto. Grazie. So che oggi è il tuo giorno con papà, ma tu sei la mia famiglia. Ti voglio bene. Margherita.»
Sofia la strinse forte, gli occhi lucidi.
E in quel momento tutto cambiò.

All’inizio della cerimonia, Sofia avanzò con il bouquet per nascondere il tremito. Provava amore e dolore insieme. Giovanni era raggiante.
L’ufficiante iniziò a parlare, quando Elena, la madre di lui, si alzò lentamente.
“Aspetti,” disse.
Un silenzio scese sulla folla.

Tutti si voltarono. Sofia impietrì. Elena avanzò con Margherita per mano: “Non era previsto, ma abbiamo sbagliato. Margherita deve parlare. E tutti dobbiamo ascoltare.”
La bambina prese il microfono, il foglio che tremava tra le dita. Giovanni pareva sbalordito. Sofia gli strinse la mano.

Margherita lesse con voce ferma e pura la stessa lettera. Fu come un soffio tra il grano.
La gente pianse sommessamente. Anche Elena.
Allora Sofia attirò Margherita tra sé e Giovanni: “Vuoi stare con noi?”
La bimba annuì raggiosa. L’ufficiante sorrise: “Proseguiamo?”

Il resto della cerimonia seguì il copione, ma qualcosa era diverso. Sofia non sposava solo Giovanni: entrava in una famiglia con cicatrici ma capace di guarigione.
Al ricevimento, Elena si avvicinò a Sofia: “Devo scusarmi. Sbagliavo a escludere Margherita. E te. Quella lettera mi ha ricordato che l’amore non segue regole. A volte quello più inaspettato è il più vero.”
Sofia annuì commossa: “È speciale.”
“Come te,” rispose Elena.

Più tardi, Sofia vide Margherita in disparte che non toccava il cibo. Le si avvicinò: “Tutto bene?”
La bambina alzò gli occhi: “È stato giusto quello che ho fatto?”
Sofia sorrise: “Più che giusto. Perfetto.”
Margherita sospirò: “Volevo che vedessero te come ti vedo io.”
“Credo di sì, ora. Grazie a te.”

Quella notte, nella casa affittata nella pineta, mentre fuori risuonavano grilli e foglie, Giovanni sussurrò: “Ha cambiato tutto oggi.”
“L’ha fatto,” convenne Sofia. “Sai una cosa?”
“Dimmi.”
“Siamo noi i fortunati.”

Chi assistette a quel matrimonio ne parlò a lungo. Non per i fiori o l’abito o i voti, ma perché una bimba con un microfono aveva ricordato cos’è l’amore: non programmi o perfezioni, ma esserci, parlare col cuore.
E dire: “Non dovevi amarmi. Ma tu l’hai fatto.”
Quella fu la differenza.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

eight + 20 =

Le Hanno Detto che Non Poteva Partecipare alla Cerimonia… Ma Ha Rubato la Scena