**Diario personale**
Le amiche hanno mamme giovani e belle, mentre io no. La mia sembra più una nonna, e mi fa male ammetterlo…
“Giulia, oh Giulia! È venuta tua nonna a prenderti!” Giulia sbircia nel corridoio e aggrotta le sopracciglia: vicino al muro c’è sua madre.
“Mamma, ma perché vieni a prendermi… Potrei tornare da sola, sai. Non sono più una bambina,” dice Giulia, guardandola con aria arrabbiata.
“Giulietta, ormai è buio. Non è sicuro che le ragazzine camminino da sole di notte,” cerca di giustificarsi la madre.
“Notte? Sono solo le sette! E casa è a due passi… Sono grande, ho quasi tredici anni.” La ragazza afferra la borsa e corre fuori dalla scuola di musica.
…Giulia nacque quando i suoi genitori avevano ormai perso ogni speranza. Il primo sospetto che Natalia aspettasse un bambino la colse di sorpresa mentre lei e suo marito si preparavano per una serata con gli amici…
“Claudio… Mi sento strana… Ho la nausea, una debolezza tremenda. Forse ho mangiato qualcosa di avariato… Vado a sdraiarmi un attimo. Tu vai pure senza di me…” Ma lui, ovviamente, non ci pensò nemmeno.
Stette male per due giorni, curandosi con rimedi popolari: acqua e limone, digiuno, tisane… Ma non migliorava, e al terzo giorno Claudio, nonostante le sue deboli proteste, chiamò il medico.
Il dottore la visitò attentamente, ascoltando i suoi polmoni, controllandole la gola, misurandole la febbre e facendole domande strane, che a lei parevano inutili. La guardava con un’espressione sospetta, quasi ironica. Natalia avrebbe voluto rimproverarlo per la sua mancanza di professionalità, ma era troppo stanca.
Il giorno dopo, su consiglio del medico, andarono a visitare il ginecologo. Claudio rimase in corridoio, camminando nervosamente avanti e indietro… Quando Natalia uscì, si spaventò per l’espressione sul suo viso. Sembrava diversa. Prima sorrise con le labbra tremanti, poi scoppiò in lacrime, porgendogli un foglio. Lui lo prese con timore, aspettandosi il peggio…
“Claudio… Claudio caro… Avremo un bambino,” disse Natalia, piangendo a dirotto, nascondendo il viso tra le mani. Lui la strinse e rimase in silenzio, sconvolto da quella notizia, incapace di credere alle proprie orecchie, temendo di rompere quel momento magico.
Avevano entrambi quarantadue anni. Natalia partorì quasi a quarantatré, ed era la più anziana di tutto l’ospedale. Le infermiere la chiamavano “la tarda primipara della camera otto”…
Nel giorno previsto, Natalia diede alla luce una bambina. Con sorpresa dei medici e sua, il parto fu semplice, senza complicazioni. Più facile che per tante mamme giovani. La piccola era grossa, sana, e urlava come un’aquila.
Da piccola, Giulia non vedeva differenza tra sua madre e quella della sua amica Sofia. Una mamma era una mamma. Ma crescendo, e non era una bambina sciocca, sentì per la prima volta la crudele verità all’asilo.
“Mamma, mamma, la mamma di Giulia è vecchia e presto morirà. I vecchi muoiono, vero mamma?” disse un bambino del suo gruppo.
Senza pensarci due volte, Giulia lo colpì in testa con un sonaglio. Per fortuna era di plastica. Il bernoccolo fu grande, ma la madre del bambino urlò come un’aquila per tutto l’asilo.
“Figli a quell’età! Le servirebbe la pensione, e invece si è fatta una figlia! E poi non sanno educarli! Denuncerò tutto! Lascerò che se ne occupino i servizi sociali!” la donna sbraitava, asciugando il naso al figlio singhiozzante.
A casa, Giulia ebbe una seria conversazione con i genitori, ma da quel momento iniziò a picchiare sistematicamente sia quel bambino che chiunque osasse ripetere quelle parole. E cominciò a pensare che forse avevano ragione, senza accorgersi che ormai si vergognava dei suoi genitori…
Poi Giulia crebbe e andò a scuola. I colloqui con i professori erano un supplizio. Immaginava con terrore che la maestra si rivolgesse ai suoi genitori, vedeva già sua madre arrossire per la vergogna o suo padre imbarazzato, con i capelli grigi… Ma questo le servì anche da stimolo. Non diede mai motivo di rimproveri e studiò benissimo.
Certo, i suoi genitori erano meravigliosi, i migliori del mondo! Li amava con tutto il cuore. Ma quanto avrebbe voluto che sua madre fosse come quella di Alice, che sembrava più una sorella maggiore che una mamma. E suo padre come quello di Lorenzo, con quegli stupendi pantaloni di pelle, che veniva a scuola in macchinone.
Ma no… I suoi erano genitori non più giovani, e per giunta poco alla moda. Sua madre non amava vestirsi elegante. Preferiva i libri alle scarpe col tacco. Suo padre adorava la sua vecchia Fiat e passava i weekend in garage, “aggiustandola perfettamente”, diceva lui. Era un filosofo, leggeva romanzi storici, sapeva tutto di politica e faceva i crauti più buoni del mondo!
Giulia crebbe, finì il liceo e si iscrisse a medicina. L’abitudine di studiare le fu utile. Si laureò con lode e iniziò la specializzazione in un ospedale vicino. Amava il lavoro, soprattutto perché ebbe un mentore che le fece innamorare della professione odontoiatrica. Suo padre, ridendo, la chiamava “la generale del sorriso smagliante”.
Un giorno, mentre assisteva il dentista, entrò un giovane con un forte mal di denti. Era una cosa banale: il ragazzo aveva rotto un dente masticando noci. Era imbarazzato dalla presenza della bella assistente, ma tutto andò bene. Risolto il problema, se ne andò. Ma dopo il lavoro, Giulia lo incontrò di nuovo all’uscita dell’ospedale…
“Salve di nuovo, maga delle mani d’oro! Ho scoperto l’orario in cui finisce e ho deciso di aspettarla. Spero non le dispiaccia?” Andrea, così si chiamava, le porse un mazzo di rose.
Giulia arrossì, ma già in clinica quel ragazzo le era piaciuto. Camminarono lentamente verso casa, parlando. Ebbe subito la sensazione di conoscerlo da sempre. Ogni sua parola trovava un’eco dentro di lei… Fu così piacevole che, arrivati a casa sua, capirono che nonSi guardarono negli occhi e capirono che, finalmente, non importava più quanti anni avessero i suoi genitori, perché l’amore vero supera ogni differenza e ogni inutile vergogna.






