Le mie regole

Le mie regole

Come spesso accade, Fiorella non aveva mai conosciuto suo padre. Se n’era andato subito dopo la sua nascita, lasciando lei e la madre a cavarsela da sole. Vivevano in un paesino delle Marche, in una vecchia casa di campagna. La mamma non le aveva mai fatto mancare niente, ma non la viziava: fin da piccola, Fiorella sapeva accendere la stufa a legna, curare l’orto e fare la spesa.

A scuola andava benissimo, prendeva sempre voti alti e sognava di diventare attrice, di vivere in una grande città. Dopo il diploma, lasciò il suo paesino e si trasferì a Bologna. Trovò un lavoro rispondendo al primo annuncio che le capitò sotto gli occhi e si iscrisse all’università, facoltà da frequentare la sera.

“I sogni sono sogni, ma serve un lavoro che ti dia da mangiare,” diceva sua madre. “Gli attori oggi sì, domani no.”

Dopo la laurea, quando iniziò a guadagnare di più, Fiorella comprò la sua prima macchina a rate. Non una Mercedes, certo, ma una modesta Fiat Punto, usata ma affidabile. Andò a far visita alla madre con orgoglio, parcheggiando davanti alla vecchia casa.

Oggi guida un’auto diversa, ma non ha dimenticato la sua prima compagna di strada. Qualche giorno fa, l’ha vista in città, parcheggiata accanto a un bar, e non credeva ai suoi occhi: ancora in circolazione, quella vecchietta! Ci avrebbe continuato a viaggiare, se non fosse successo quello che è successo. Si innamorò. Il suo primo amore, la prima volta. Lui le propose subito di vivere insieme e affittarono un bilocale in periferia. Poi, con le buone maniere, la convinse a vendere la macchina.

“È vecchia, tra poco inizierà a cadere a pezzi. Vendiamola e prendiamone una nuova, che ci durerà anni,” la persuase. “Meglio venderla ora, quando ancora sembra presentabile.”

Fiorella acconsentì. In fondo, se lo diceva lui, che ne capiva più di lei… Gli affidò l’incarico di occuparsi della vendita. Per comprare la macchina nuova, però, dovette fare un altro prestito. Lui promise che l’avrebbe aiutata a pagare le rate. E così arrivò la nuova Alfa Romeo, e Fiorella ne era felicissima.

Ma, com’era prevedibile, era lui a usarla più spesso. La accompagnava al lavoro e poi se la portava in giro per i suoi affari. Pagò un paio di rate, poi smise: “Non ho soldi.”

Fiorella lo amava, trovava sempre scuse per giustificarlo, finché una vicina non la fermò nel cortile del palazzo: “Sai che il tuo ragazzo porta altre donne a casa tua?”

“Le ho viste con i miei occhi. Arrivano in macchina, salgono abbracciate e dopo tre ore scendono.”

“Sì, lo so… è che…” Fiorella, accecata dalla rabbia, non trovò le parole. “Scusi, devo andare,” balbettò, dirigendosi verso il portone.

“Manda via quel ragazzo, prima che sia troppo tardi,” le urlò dietro la vicina.

A casa, diede sfogo alla disperazione. Quando lui tornò, gli strappò le chiavi della macchina e lo cacciò via.

Rimase sola, con l’auto e il debito. Di sera faceva le pulizie nell’ufficio dove lavorava, senza che nessuno lo sapesse. Prese alcuni studenti privati per dare ripetizioni d’inglese. Tornava a casa sfiancata, ma presto saldò il prestito. Poi decise di comprarsi un appartamento con un mutuo.

Durante una vacanza, tornò a trovare la madre. Il suo paesino le sembrò ancora più piccolo e vecchio.

“Perché sei sola? La giovinezza passa, sai. Una ragazza come te, con la macchina e tutto…” le disse la madre.

E Fiorella, in un impeto di commozione, le raccontò del suo fallimento amoroso.

“Sei troppo ingenua. Te l’avevo detto che in città ci sono solo imbroglioni. Leggi libri sull’amore, ma la vita è diversa. I cavalieri non esistono più. Tutti vogliono solo approfittarsi. Beh, pazienza, troverai l’uomo giusto.” La madre uscì dalla stanza, ma poco dopo tornò con un pacchetto avvolto in un giornale.

“Prendi, è per il tuo matrimonio. Non puoi vivere in affitto per sempre. Non è molto, ma basta per l’anticipo della casa.”

Fiorella la baciò. Si abbracciarono, commosse.

Tornata in città, comprò un piccolo monolocale. Tanto ci andava solo per dormire. Continuò a lavorare e a fare ripetizioni la sera per pagare il mutuo, ma smise di pulire l’ufficio. Stanchissima, rientrava felice nella sua casetta.

Memore della brutta esperienza, diffidava degli uomini. Aveva paura delle relazioni, non lasciava entrare nessuno nella sua vita. A ventotto anni aveva una casa, un mutuo a metà, una macchina con cui si guadagnava da vivere.

Ogni cosa l’aveva ottenuta con le sue forze. Non molti ragazzi potevano dire lo stesso. Non aveva parenti ricchi, né un padre che la aiutasse. Tutto da sola.

Eppure, la vita sentimentale non decollava. Non aveva tempo per conoscere nessuno, né posti dove farlo. E se pure incontrava qualcuno, non si fidava. Nonostante tutto, desiderava sposarsi, avere una famiglia per cui cucinare, un uomo a cui stirare le camicie, da aspettare la sera… E figli, ovvio.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, arrivò Loredana, un’amica del liceo. Portava saluti e conserve dalla madre, che le aveva dato l’indirizzo.

“Sei fortunata, Fiore. Hai fatto bene a scappare da questo buco. Guarda te, la casa, la macchina… devi guadagnare bene. Io invece sono rimasta per Michele. Lo amavo fin dalle superiori, ricordi? Sua madre era malata. L’ho accudita come fosse la mia. Pulivo tutto, le davo da mangiare… E per cosa? Per l’amore, che idiozia.”

Poi la madre morì. Michele, dopo tutto, iniziò a parlare di matrimonio. Ma poi arrivò una giovane supplente. Non so come si siano conosciuti, ma lui iniziò a seguirla. Quando l’ho scoperto, ho fatto una scenata da far tremare i muri! Ti racconterò. Non la dimenticheranno tanto presto.

Io che mi ero fatta in quattro per sua madre, e lui mi tradisce per quella sbiadita! Che ne dici?

Alla fine, decisi di andarmene e ricominciare. Ho incontrato tua madre al mercato, e mi ha dato il tuo indirizzo. Posso stare da te qualche giorno? Mi cercherò un lavoro, affitterò una stanza…

“Certo. Tanto io vengo a casa solo per dormire. Non ho neanche un gatto. Domani compro un letto pieghevole. Non puoi mica dormire per terra.”

“Ma figurati, sto poco.”

Eppure Fiorella si era abituata alla solitudine. Ma non poteva cacciarla via. Sarebbe stato crudele.

“Vai a dormire, sei stanca. Io devo prepararmi per le lezioni di domani.”

Quando Loredana si addormentò, Fiorella lavò i piatti e rimise via la bottiglia di vino mezzo vuota. Lei non beveva, ma Loredana se l’era scolata tutta. Guardò la cucina pulita e sospirò.

Loredana dormiva con una mano sotto la guancia. Fiorella la osservò con compassione. “Domani sarà uno straccio. Meglio comprare quel letto.” Si sdraiò accantoE mentre chiudeva gli occhi, capì che forse la felicità non era nelle regole, ma nel concedersi, ogni tanto, un po’ di caos.

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