Le mie regole

**Le mie regole**

Come spesso accade, Alessandra non conosceva suo padre. Lui le aveva lasciate con la mamma appena dopo la nascita. Vivevano in un paesino della campagna toscana, in una casa modesta. La mamma non la viziava: fin da piccola, Alessandra sapeva accendere la stufa, coltivare l’orto e fare la spesa.

Studiava sempre con ottimi voti, amava la scuola e sognava di diventare un’attrice e vivere in una grande città. Dopo il diploma, lasciò il suo paesino per Firenze, trovò un lavoro rispondendo al primo annuncio che vide e si iscrisse all’università, facoltà telematica.

“*I sogni son sogni, ma serve un mestiere che ti dia da mangiare*,” diceva la mamma, “*gli artisti oggi campano, domani no*.”

Dopo la laurea, quando iniziò a guadagnare di più, Alessandra comprò un’auto a rate. Niente di lussuoso, una modesta Fiat Punto usata, ma affidabile. Orgogliosa, la portò a far vedere alla mamma.

Oggi ne ha un’altra, ma non ha dimenticato la prima. Recentemente, l’ha riconosciuta parcheggiata in città e si è stupita che la “vecchietta” funzionasse ancora. Ci avrebbe viaggiato volentieri ancora oggi, ma… come spesso accade, si innamorò. Il primo amore, la prima esperienza. Lui propose subito di andare a vivere insieme e affittarono un bilocale. Presto, lui la convinse a vendere l’auto.

“È vecchia, da un momento all’altro si romperà. Vendiamola e prendiamone una nuova, che ci durerà a lungo,” la persuase. “*È meglio farlo ora, mentre è ancora in buono stato*.”

Alessandra accettò. Dopotutto, un uomo certo ne sapeva più di una ragazza giovane. Gli lasciò occuparsi della vendita. Per comprare l’auto nuova, dovette fare un altro finanziamento. Lui promise che l’avrebbe aiutata con le rate. Quanto era felice della sua nuova Lancia Ypsilon!

Ma, senza che se ne accorgesse, finì che era lui a usare l’auto ogni giorno. La accompagnava al lavoro e poi girava per i suoi affari. Pagò un paio di rate, poi disse che non aveva più soldi.

Alessandra lo amava, trovava sempre scuse per lui, finché una vicina non la fermò nel cortile per chiederle se sapesse che il suo ragazzo portava altre donne in casa.

“*L’ho visto con i miei occhi. Sono saliti insieme e sono rimasti dentro per ore*.”

“*Sì, lo so. È che…*” Alessandra, travolta dalla rabbia e dal dolore, non trovò le parole. “*Scusi, sono di fretta*,” borbottò, allontanandosi in fretta.

“*Manda via quel buono a nulla prima che sia troppo tardi*,” le gridò dietro la vicina.

A casa, Alessandra lasciò sfogo alle lacrime e alla rabbia. Quando tornò lui, gli prese le chiavi della macchina e lo mise alla porta.

Rimase sola, con l’auto e il debito. Di sera, puliva l’ufficio dove lavorava, perché nessuno lo sapesse. Prese studenti per ripetizioni d’inglese. Tornava a casa stremata, ma saldò il finanziamento in fretta. Poi decise di comprare un bilocale con un mutuo.

Una volta, tornò a trovare la mamma in vacanza. Dopo la città, il paesino le sembrò minuscolo e invecchiato.

“*Perché sei ancora sola? Il tempo passa, la giovinezza non dura per sempre. Non ti piace nessuno? Sei carina, hai la macchina*,” le disse la mamma con affetto.

E Alessandra, in un impeto di commozione, le raccontò del suo fallimento.

“*Sei troppo fiduciosa. Te l’avevo detto che in città ci sono solo tentazioni e imbroglioni. Leggi libri d’amore, ma la vita è un’altra cosa. Non esistono più i cavalieri. Ognuno vuol campare alle spalle degli altri. Ma vedrai, troverai l’altra metà della mela*.” La mamma uscì e tornò con un pacchetto di giornale.

“*Prendi. L’ho messo da parte per il tuo matrimonio. Non puoi vivere in affitto per sempre. Non è molto, ma basta per l’anticipo di un appartamento*.”

Alessandra la baciò. Entrambe si misero a piangere.

Tornata in città, comprò un monolocale. Tanto ci andava solo per dormire. Continuò a lavorare e fare ripetizioni per pagare il mutuo, ma smise di pulire l’ufficio. Stanca ma soddisfatta, rientrava ogni sera nella sua casetta.

Dopo la brutta esperienza, Alessandra diffidava degli uomini. Aveva paura delle relazioni serie, non lasciava entrare nessuno nella sua vita. A ventotto anni, aveva una casa, metà mutuo saldato, un’auto e la sua indipendenza.

Aveva ottenuto tutto con le sue forze. Non tutti gli uomini potevano dire lo stesso. Non aveva parenti ricchi né un padre che l’avesse aiutata. Era stata solo lei.

Ma la vita sentimentale non decollava. Non aveva tempo per conoscere uomini, e quando capitava, ci andava con i piedi di piombo. Eppure desiderava sposarsi, una famiglia per cui cucinare, stirare camicie, qualcuno da aspettare la sera… e figli, naturalmente.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, arrivò Lucia, un’amica d’infanzia. Le portò conserve e dolci fatti dalla mamma e si fece dare l’indirizzo.

“*Sei fortunata, Ale. Hai fatto bene a scappare da questo buco. Guarda, hai casa tua, la macchina, guadagni bene. Io invece sono rimasta per Marco. Lo amavo dalle medie, ricordi? Sua mamma stava male. L’ho accudita come se fosse la mia. Lavavo tutto, la imboccavo. Ma ne è valsa la pena? Tutto per quell’amore maledetto*.”

Poi la madre morì. “*Peccato, certo. Ma perché il Signore l’ha punita? Io e Marco stavamo per sposarci, quando arrivò quella nuova insegnante. Non so come si siano conosciuti, ma lui iniziò a seguirla. Quando l’ho scoperto, ho fatto uno scandalo che se ne ricorderanno per anni*.”

“*Ho curato sua madre, sopportato l’odore, lavato tutto, e lui ha difeso quell’insignificante. Ti rendi conto? Allora ho deciso di ricominciare. Ho incontrato tua mamma e mi ha dato il tuo indirizzo. Posso fermarmi qualche giorno? Mi cercherò un lavoro, affitterò una stanza*.”

“*Certo, resta. Tanto io sono fuori tutto il giorno. Non posso nemmeno tenere un gatto. Domani compro un letto pieghevole*,” rispose Alessandra.

Ma era abituata alla solitudine. Però non poteva cacciarla.

Quella sera, mentre Lucia russava, Alessandra lavò i piatti e sospirò. “*Dovrò comprare quel letto*,” pensò, sdraiandosi accanto a lei.

La mattina, però, si svegliò tardi. Lucia era in bagno, cantando. Alessandra dovette lavarsi in cucina. Quando finalmente uscì, tutta profumata con il suo asciugamano in testa, Lucia annusò l’aria:

“*Che buono il caffè!*”

“*Lucia, ho un patto. Segui le mie regole. La mattina il bagno è mio. Dopo che esco, fai come vuoi. Cerca lavoro e lascia in ordine*.”

Lucia scrollò le spalle. “*Non sapevo. Comunque, ammiro come hai sistemato tutto. Io invece sono bloccata*.”

Alessandra la guardò, scet”Ma dopo quella mattina, Alessandra capì che a volte, le regole servono anche a proteggere il cuore, e che la vera libertà sta nel saper dire di no.”

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

seventeen + two =

Le mie regole