— Mamma, ma cosa potrei avere di nuovo in un solo giorno? Perché devi chiamarmi ogni santo giorno? — mi disse mio figlio con voce piatta e fredda al telefono. Il mio unico figlio, la mia carne.
Quelle parole mi trafissero il cuore come un colpo di pistola. Ero in piazza con la mia amica Adele, come al solito. Due signore di una cert’età che chiacchierano delle loro gioie, dei loro malanni, delle piccole offese della vita. In quel momento, Adele ricevette una chiamata e si allontanò per rispondere. Quando tornò, aveva gli occhi che brillavano.
— La nuora! — esclamò raggiante. — Sai cosa mi ha detto? Il nipotino ha messo il primo dentino! Gliel’ha visto mentre lo allattava. Il primogenito lo fece più tardi, ma questo è un anticipato, figurati! Andrò a comprare una torta dopo la passeggiata e passo da loro a festeggiare. Mi ha proprio invitata lei!
— E avete parlato così a lungo solo del dentino? — chiesi, con una punta d’invidia.
— Macché! Di tutto un po’: la famiglia, i parenti, le sciocchezze di ogni giorno. Con la nuora ci sentiamo sempre, parliamo di tutto e di più, e mio figlio trova sempre il tempo per una chiacchierata. A volte partiamo da una cosa e finiamo chissà dove, non ricordiamo neanche come abbiamo iniziato. Siamo come una vera famiglia.
Io, invece, no. Io non ho niente di tutto questo.
Mio figlio vive con la sua famiglia nella stessa casa che gli ho lasciato, io mi sono trasferita in campagna dopo che mio marito è mancato. Lui lavora, la nuora è a casa con la piccola. Non ci sono mai stati litigi, tutto sempre civile e distante. Ma calore? Zero. E ogni volta che provo a creare un legame, mi scontro contro un muro di ghiaccio.
— Mamma, tutto come al solito. Lavoro, mangio, dormo. La moglie sta bene. Che senso ha chiamare ogni giorno? — questa è la sintesi delle nostre conversazioni.
Non li tormento da mattina a sera. Vorrei solo sapere come stanno, come cresce la nipotina, come va la salute. Ma se chiamo, mio figlio riattacca: «Occupato». O risponde secco, irritato. Se riesco a parlare con la nuora, è un monosillabo: «Sì», «No», «Tutto bene». Nessun calore, nessuna anima.
Adele intanto va in pasticceria, compra una bella torta e corre dalla nuora a festeggiare. Io invece? Silenzio. Non sapevo nemmeno quando fosse spuntato il primo dentino alla mia nipotina. L’ho scoperto dopo, per caso, da altri. Non mi hanno detto niente. Non mi hanno invitata. I miei accenni per una visita? Ignorati. Come se non capissero. O fingessero di non capire.
Una volta ho avuto il coraggio. Ho preparato una crostata, indossato il vestito buono e sono andata a sorpresa. La nuora mi ha aperto con uno sguardo sbalordito. Abbiamo mangiato la torta, sì… ma l’atmosfera era gelida. Come se fossi entrata in casa di estranei, non di mio figlio. Poi lui mi ha presa da parte e, quasi scusandosi, mi ha sussurrato:
— Mamma, la prossima volta avvisa prima di venire, per favore.
Avvisare? Per entrare nella mia vecchia casa? Da mio figlio? Dalla mia famiglia, per la quale mi sono spezzata la schiena tutta la vita? Ho rinunciato a tutto per lui, e ora sono un’estranea. Superflua.
Per due mesi ho chiamato per organizzare una visita alla nipotina. Sempre una scusa: «Siamo malati», «Non è il momento», «Non ci va bene». E poi ho scoperto che i genitori della nuora vivono all’estero e non parlano mai con la bambina, neppure in videochiamata. Ma lei, la mia fredda nuora, non sembra soffrire della loro assenza. E mio figlio? È diventato come lei. Distaccato.
— Mamma, ti lamenti sempre. Niente ti va bene. Mi rovini l’umore con queste chiamate. Hai le tue amiche, parla con loro. Dopo averti sentito, non riesco nemmeno a concentrarmi. E poi, che ci sarebbe da dirci tutti i giorni? — una volta mi ha sparato così, senza vergogna, senza rimorso.
E ora sono qui, seduta nella mia silenziosa casa. Senza chiamate, senza visite, senza torte e senza nipotina. So che se un giorno mi capitasse qualcosa, non verrebbero a saperlo, a meno che qualche conoscente non abbia l’idea di avvisarli. La mia amica Adele vive nelle vite dei suoi figli e nipoti. Io invece vivo nei ricordi, di quando avevo un figlio che mi chiamava «mamma» con affetto… ora mi chiede solo di non chiamare.
E così vivo. In silenzio. E con il cuore spezzato.