LE SCARPE DI STELLA

LE SCARPE DI STELLA

Stella aveva undici anni e camminava a piedi nudi per le strade acciottolate di Orvieto. Ogni sasso, ogni crepa sotto i suoi piedi le raccontava storie di secoli, di mercati affollati, di risate e passi frettolosi. Sua madre intrecciava braccialetti per i turisti, con fili colorati che sembravano catturare i raggi del sole, mentre suo padre vendeva pannocchie con pepe, il cui profumo riempiva laria di aromi dolci e pungenti. Non erano poveri di spirito, ma i soldi bastavano appena per lessenziale. Le notti erano fredde, e a volte il fuoco della cucina scaldava a malapena la stanza dove dormivano i tre fratelli.

A volte Stella andava a scuola, camminando chilometri con lo zaino pesante sulle spalle e la speranza di imparare qualcosa di nuovo. Altre volte non poteva andarci, perché sua madre aveva bisogno di aiuto con i braccialetti o perché doveva badare al fratellino più piccolo, che ancora non parlava chiaramente ma già sorrideva e balbettava parole che illuminavano la giornata.

Un giorno, mentre il sole calava lentamente sulla piazza centrale, una signora straniera la vide correre tra le bancarelle del mercato, con i piedi coperti di polvere e sassolini. La donna si avvicinò e, con un sorriso, le chiese perché non indossasse scarpe. Stella scrollò le spalle, abbassando lo sguardo, e rispose con voce bassa:

Le mie si sono rotte mesi fa. E non ci sono soldi per altre.

La donna, commossa dalla sincerità e dalla tristezza negli occhi della bambina, frugò nella borsa e tirò fuori un paio di scarpe da ginnastica quasi nuove. Erano bianche, con un fulmine azzurro sul lato, che luccicava come magia agli occhi di Stella. La bambina le strinse al petto come fossero doro. Quella sera, non volle toglierle nemmeno per dormire. Le posò con cura accanto al letto, quasi pregando che nessuno le rovinasse.

Il giorno dopo, indossò le scarpe e camminò verso la scuola a testa alta. Non era vanità. Era dignità. Per la prima volta non sentì il bisogno di nascondere i piedi sotto il banco, come se fossero un segreto imbarazzante. Ogni passo era fermo, carico della sensazione che qualcosa dentro di lei fosse cambiato.

Ma presto accadde linaspettato.

Guarda la *signorina*! disse un compagno ridendo. Si crede chissà chi con quelle scarpe nuove.

Le risate ferirono più del camminare scalza. Le parole erano coltelli che le trafiggevano il petto, ricordandole che, anche con un tesoro ai piedi, il mondo poteva essere crudele. Quella sera, Stella tornò a casa con le scarpe in una borsa, nascoste a tutti.

Che è successo, piccola? chiese la madre, preoccupata.

Meglio tenerle al sicuro, mamma. Così non si sporcano rispose Stella, evitando di dire la verità.

Non voleva ammettere che essere povera e avere qualcosa di bello, a volte, dà più fastidio che non avere nulla. Che cè chi confonde lorgoglio con la superbia. Che lumiltà non sta in ciò che si porta ai piedi, ma in come si cammina nella vita, anche quando tutti guardano e giudicano.

Qualche giorno dopo, arrivò unONG nel quartiere. Cercavano bambini per una mostra fotografica sullinfanzia nelle campagne umbre. Volevano ritrarre la bellezza quotidiana della vita dei bambini, i loro giochi, i loro lavori, le tradizioni, e come i colori della cultura si mescolassero alla normalità. Stella fu scelta. La fotografarono con le scarpe ai piedi, davanti alla sua casa di mattoni, tenendo un fiore colto da un piccolo orto vicino. Ogni dettaglio raccontava una storia: i sassi della strada, le mani callose della madre, lo sguardo curioso del fratellino che spuntava sullo sfondo.

La foto viaggiò lontano. A Milano, Parigi, Madrid e ogni città la vedeva come un simbolo di resistenza, innocenza e bellezza autentica. Stella non lo sapeva. Finché un giornalista venne nel paese a cercarla.

La tua immagine è in una galleria le disse. La gente chiede di te. Vuole sapere chi è la bambina dagli occhi grandi e le scarpe bianche.

Stella guardò la madre, che piangeva in silenzio, orgogliosa ma timorosa per lattenzione che ora avrebbe avuto sua figlia.

E perché vogliono sapere di me, se qui nessuno mi guarda? chiese Stella, confusa.

Perché rappresenti qualcosa di potente rispose il giornalista. Che anche le cose semplici, se guardate con rispetto, diventano arte.

Quel giorno, Stella capì che le scarpe che tanto timore le avevano fatto indossare in pubblico, ora erano un simbolo. Non di ricchezza, ma di visibilità. Che ogni bambina,

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