Edoardo stava salendo in ascensore, senza immaginare che una semplice corsa avrebbe cambiato il suo inverno. Nell’angolo c’era una giovane donna con un cappotto grigio, che teneva per mano una bambina di circa cinque anni. La piccola fissò Edoardo con i suoi grandi occhi azzurri e poi, all’improvviso, gli regalò un sorriso smagliante.
“Stai andando a lavoro?” chiese lei, senza timori.
“Emma, con gli sconosciuti si dà del lei,” la corresse dolcemente la madre, sorridendo quasi a scusarsi con l’uomo.
Edoardo sorrise e annuì.
“Sì, vado in ufficio.”
“E la lettera a Babbo Natale l’hai già scritta?”
Lui rise. Non aveva mai creduto a quelle favole neanche da bambino, ma non voleva rovinare l’illusione della piccola. Lei, orgogliosa, gli tende un biglietto tutto sgualcito. Lui lo infilò in tasca senza pensarci, salutò e uscì nella fredda strada.
Per tutto il giorno Edoardo cercò di dimenticare quell’incontro—si immerse nel lavoro, scacciando i pensieri della ex fidanzata che aveva annullato il matrimonio all’ultimo momento. Si era trasferito a Milano per ricominciare, ma nemmeno tra quelle mura nuove riusciva a lenire il dolore.
Quella sera, camminando tra le vie imbiancate, si ricordò del biglietto. Lo tirò fuori e lesse, traballante, la scrittura infantile: *”Che tu sia sempre felice e mai triste!”* Un calore improvviso gli salì al cuore. Appoggiò il biglietto sulla mensola, dove avrebbe potuto vederlo ogni giorno.
Due giorni prima di Natale, chiamò la padrona di casa per chiedere dove abitava quella bambina. La signora Maria gli spiegò, entusiasta, che la mamma e la piccola vivevano proprio al piano di sopra, e che la donna si chiamava Giulia.
Quella sera, Edoardo bussò alla loro porta. Giulia si bloccò, sorpresa, riconoscendolo.
“Scusate,” iniziò lui, imbarazzato. “Sono qui per Emma. Il fatto è che Babbo Natale è arrivato in anticipo in ufficio e… mi ha chiesto di consegnare una lettera solo a lei.”
La bambina sbucò da dietro la madre in un attimo:
“Lo sapevo che ti avrebbe mandato! Aspetta, vado a prenderla!”
Un minuto dopo, Emma tornò con una busta enorme, decorata con fiocchi di neve e cuori. Sopra c’era scritto: *”Solo per Babbo Natale!”*
“Ma non farla vedere alla mamma, sennò il desiderio non si avvera!”
“Promesso, arriverà a destinazione,” sorrise Edoardo.
A casa, non resistette e aprì la lettera: *”Caro Babbo Natale, mi chiamo Emma. Sono stata bravissima. Ti prego, portami un orsacchiotto gigante. E… un nuovo papà. Perché qui non ho nessuno.”*
La notte di Capodanno, Edoardo si ritrovò di nuovo davanti alla loro porta. Giulia aprì e rimase senza parole—lui era lì, con un orso rosa enorme tra le braccia.
“Babbo Natale ha chiesto di consegnarlo a Emma,” disse.
La bimba saltò dalla gioia, abbracciando prima la mamma, poi lui.
Giulia lo invitò a restare per la cena. A tavola, Emma all’improvviso domandò:
“E il mio secondo desiderio?”
“Quello è… un po’ più complicato,” si intromise Edoardo.
“Cosa hai chiesto?” chiese cauta Giulia.
“Ho chiesto un papà nuovo. Ma se Babbo Natale è a corto di papà, forse potresti rimanere tu?”
Emma sbadigliò e si addormentò abbracciata all’orsacchiotto.
I due adulti rimasero in silenzio, chini sui piatti, arrossendo e sorridendo. Fuori, la neve cadeva come una coperta soffice, e in quell’appartamento, dopo tanto tempo, finalmente faceva davvero caldo.