Lettere dal Passato

Le vecchie lettere

Quando il postino smette di salire al secondo piano e inizia a lasciare giornali e buste al piano terra, davanti allingresso, Loredana Rossi si irrita la prima volta. Poi si rassegna. Ora la sua mattina inizia scendendo le scale, stringendo il corrimano fresco, e aprendo il vecchio sportello verde con la porta sporgente.

Lo sportello risale agli anni 80, è scrostato, con il numero 12 storto. Scricchiola ogni volta che lo apri, e Loredana pensa sempre che prima o poi cederà del tutto, e allora dove troverà le lettere di Fiorenza?

Le lettere arrivano a intermittenza: a volte dopo una settimana, a volte dopo un mese. Ma arrivano. Una busta stretta, una calligrafia inclinata, un leggero profumo di profumo poco costoso. Loredana scende di nuovo, mette il bollitore sul fornello, si siede al tavolo e strappa la busta lungo la cucitura per non strapparne la carta.

Fiorenza vive in unaltra città, a circa mille chilometri, a Palermo. Un tempo condividevano una stanza nel dormitorio delluniversità di medicina a Bologna, studiavano insieme lanatomia e mangiavano una sola lattina di carne in scatola. Poi Fiorenza si è sposata, Loredana ha iniziato a lavorare al policlinico, ha contratto un matrimonio tardivo e ha avuto una figlia. Si sono allontanate, ma non si sono spezzate. Le lettere mantengono tra loro un filo sottile ma resistente.

Fiorenza scrive della sua casa di campagna, della vicina che ha piantato ancora i pomodori sbagliati, del figlio che non riesce a decidere se lasciare la moglie sempre scontenta. Parla della pressione che salta come un capriolo e delle nuove pillole che le hanno prescritto. Tra le righe si percepisce sempre la Fiorenza di un tempo: spiritosa, testarda, un po pungente.

Loredana risponde la sera, quando la casa si fa silenziosa. La figlia vive da sola, il nipote arriva nei weekend. Nei giorni feriali cè solo il ticchettio dellorologio, il ronzio dellascensore dietro il muro e la penna che fruscia sulla carta. Racconta del policlinico, dove fa ancora un po da terapista parttime, dei vicini che litigano sempre per il parcheggio, del nipote, diventato informatico e che non spiega mai bene le cose.

Ama il rituale: prendere un foglio pulito, livellarlo, segnare mentalmente il giorno, la settimana, scegliere cosa dire a Fiorenza e cosa tenere per sé. La lettera diventa un piccolo bilancio serale. Scrive con calma, leggendo ogni parola come se sentisse Fiorenza leggerla.

Un giorno il nipote, Luca, arriva con una scatola in mano.

Nonna, dice togliendo dalla scatola un telefono nuovo, è ora di smettere di girare con il telefonino a pulsanti. È il ventunesimo secolo.

E io che vivo nel diciannovesimo? risponde Loredana, ma prende il telefono. È sottile, pesante, di vetro. La spaventa solo a tenerlo. Ha paura di farlo cadere e perdere la borsa di Luca.

È semplice. Guarda. Luca sfiora lo schermo, che si accende con quadratini luminosi. Questo è un messaggero. Si può scrivere, parlare, mandare foto, subito.

Ma la posta? Loredana sorride, ma nei suoi occhi cè curiosità.

La posta è bella quando arriva una cartolina da Capri. Qui puoi parlare con Fiorenza tutti i giorni.

Luca conosce già Fiorenza. Loredana gli leggeva a voce alta qualche frase delle sue lettere. Luca sbuffa: «Che amica hai, nonna». E decide spontaneamente che anche Fiorenza merita di essere felice.

Però Fiorenza Loredana si ferma, cercando le parole, non usa il cellulare. Ha ancora un modello a pulsanti, dice.

Ha una nipote? chiede Luca.

Sì, una nipotina. Giulia, studente universitaria.

Perfetto, risponde Luca, allora organizziamoci. Scrivile una lettera chiedendo a Giulia di aiutarla, e io sistemerò il telefono per te.

Mette il telefono sul tavolo, lo collega alla presa, inserisce dei dati. Loredana osserva lo schermo illuminarsi, le barre di caricamento scorrere, si sente stupida e al contempo eccitata.

La sera si siede al tavolo come al solito, ma accanto al foglio cè il nuovo telefono, che mostra silenzioso lorario e il meteo. Prende la busta, scrive con cura lindirizzo di Fiorenza, e alla fine aggiunge: «Fiorenza, Luca mi ha comprato questo telefono, dice che ora possiamo inviare lettere anche qui. Se Giulia è disponibile, faccia un salto. Magari anche noi impariamo qualcosa. Io già sono una gatta vecchia».

Sorride, ricontrolla, chiude la busta e il giorno dopo la deposita nel grande sportello della posta allingresso non il suo verde con il numero, ma quello comune.

Due settimane più tardi arriva la risposta. Fiorenza scrive: «Sei in ritardo, ma io lo sono di più. Giulia ride, dice che tutto è possibile. È venuta a trovarmi nel weekend, mi ha mostrato sul suo telefono come funziona. Quindi vai, Loredana, stupiscimi. Giulia ha detto che quando verrò in città mi sistemerà tutto. Forse verrà anche lei. Immagina, ti scriverò messaggi come i giovani».

Loredana ride, percependo lo stesso entusiasmo di Fiorenza, quando imparava a guidare la moto dellex marito.

Un mese dopo Luca torna, si siede accanto a lei e pazientemente le mostra dove cliccare.

Ecco, dice, è la chat. Qui arriveranno i vostri messaggi. Prima aggiungo me stesso, facciamo pratica.

Digita due frasi. Il telefono emette un suono debole, lo schermo si illumina. Loredana sobbalza.

Non temere. È solo una notifica. Premi qui.

Premendo, vede le parole: «Ciao nonna! È un test». Sotto cè una riga vuota.

Scrivi qui la risposta, dice Luca. Premi su queste lettere.

Le dita di Loredana tremano. Scrive lentamente: «Ciao. Vedo». Per errore appare «Vihu». Luca ride, ma subito corregge.

Nessun problema, sistemiamo. Cancella le lettere e mostra come correggere.

Di sera già apre la chat da sola, scrive una frase corta, invia. I messaggi vocali la spaventano, ma Luca le assicura che verranno più tardi.

Allinizio dellautunno Fiorenza appare nel messaggero: un nuovo messaggio da un numero sconosciuto: «Loredana, sono io. Fiorenza. Giulia ha sistemato. Ciao da questo nostro stagno».

Loredana fissa quelle parole, sembra che Fiorenza sia molto più vicina, non più a mille chilometri ma dietro il muro.

Scrive: «Fiorenza! Ti vedo, o meglio, ti leggo. Come stai?» e invia, trattenendo il respiro.

La risposta arriva in un minuto. È strano, non una settimana, non due, ma un minuto.

«Sono viva. La pressione fa i capricci, ma non mi spaventa. Tu come stai? Luca ti tormenta con i suoi progressi?»

Ridere, racconta di Luca, del suo policlinico, della vicina che litiga ancora con la ditta di gestione, del nipote diventato informatico che non spiega nulla.

Ama il rituale: prendere un foglio, allinearlo, segnare giorno e settimana, decidere cosa raccontare a Fiorenza e cosa tenere per sé. La lettera diventa un piccolo bilancio serale. Scrive con calma, leggendo ogni parola come se sentisse Fiorenza leggerla.

Un giorno il nipote, Luca, arriva con una scatola in mano.

Nonna, dice togliendo dalla scatola un telefono nuovo, è ora di smettere di girare con il telefonino a pulsanti. È il ventunesimo secolo.

E io che vivo nel diciannovesimo? risponde Loredana, ma prende il telefono. È sottile, pesante, di vetro. La spaventa solo a tenerlo. Ha paura di farlo cadere e perdere la borsa di Luca.

È semplice. Guarda. Luca sfiora lo schermo, che si accende con quadratini luminosi. Questo è un messaggero. Si può scrivere, parlare, mandare foto, subito.

Ma la posta? Loredana sorride, ma nei suoi occhi cè curiosità.

La posta è bella quando arriva una cartolina da Capri. Qui puoi parlare con Fiorenza tutti i giorni.

Luca conosce già Fiorenza. Loredana gli leggeva a voce alta qualche frase delle sue lettere. Luca sbuffa: «Che amica hai, nonna». E decide spontaneamente che anche Fiorenza merita di essere felice.

Però Fiorenza Loredana si ferma, cercando le parole, non usa il cellulare. Ha ancora un modello a pulsanti, dice.

Ha una nipote? chiede Luca.

Sì, una nipotina. Giulia, studente universitaria.

Perfetto, risponde Luca, allora organizziamoci. Scrivile una lettera chiedendo a Giulia di aiutarla, e io sistemerò il telefono per te.

Mette il telefono sul tavolo, lo collega alla presa, inserisce dei dati. Loredana osserva lo schermo illuminarsi, le barre di caricamento scorrere, si sente stupida e al contempo eccitata.

La sera si siede al tavolo come al solito, ma accanto al foglio cè il nuovo telefono, che mostra silenzioso lorario e il meteo. Prende la busta, scrive con cura lindirizzo di Fiorenza, e alla fine aggiunge: «Fiorenza, Luca mi ha comprato questo telefono, dice che ora possiamo inviare lettere anche qui. Se Giulia è disponibile, faccia un salto. Magari anche noi impariamo qualcosa. Io già sono una gatta vecchia».

Sorride, ricontrolla, chiude la busta e il giorno dopo la deposita nel grande sportello della posta allingresso non il suo verde con il numero, ma quello comune.

Due settimane più tardi arriva la risposta. Fiorenza scrive: «Sei in ritardo, ma io lo sono di più. Giulia ride, dice che tutto è possibile. È venuta a trovarmi nel weekend, mi ha mostrato sul suo telefono come funziona. Quindi vai, Loredana, stupiscimi. Giulia ha detto che quando verrò in città mi sistemerà tutto. Forse verrà anche lei. Immagina, ti scriverò messaggi come i giovani».

Loredana ride, percependo lo stesso entusiasmo di Fiorenza, quando imparava a guidare la moto dellex marito.

Un mese dopo Luca torna, si siede accanto a lei e pazientemente le mostra dove cliccare.

Ecco, dice, è la chat. Qui arriveranno i vostri messaggi. Prima aggiungo me stesso, facciamo pratica.

Digita due frasi. Il telefono emette un suono debole, lo schermo si illumina. Loredana sobbalza.

Non temere. È solo una notifica. Premi qui.

Premendo, vede le parole: «Ciao nonna! È un test». Sotto cè una riga vuota.

Scrivi qui la risposta, dice Luca. Premi su queste lettere.

Le dita di Loredana tremano. Scrive lentamente: «Ciao. Vedo». Per errore appare «Vihu». Luca ride, ma subito corregge.

Nessun problema, sistemiamo. Cancella le lettere e mostra come correggere.

Di sera già apre la chat da sola, scrive una frase corta, invia. I messaggi vocali la spaventano, ma Luca le assicura che verranno più tardi.

Allinizio dellautunno Fiorenza appare nel messaggero: un nuovo messaggio da un numero sconosciuto: «Loredana, sono io. Fiorenza. Giulia ha sistemato. Ciao da questo nostro stagno».

Loredana fissa quelle parole, sembra che Fiorenza sia molto più vicina, non più a mille chilometri ma dietro il muro.

Scrive: «Fiorenza! Ti vedo, o meglio, ti leggo. Come stai?» e invia, trattenendo il respiro.

La risposta arriva in un minuto. È strano, non una settimana, non due, ma un minuto.

«Sono viva. La pressione fa i capricci, ma non mi spaventa. Tu come stai? Luca ti tormenta con i suoi progressi?»

Ridere, racconta di Luca, del suo policlinico, della vicina che litiga ancora con la ditta di gestione, del nipote diventato informatico che non spiega nulla.

Ama il rituale: prendere un foglio, allinearlo, segnare giorno e settimana, decidere cosa raccontare a Fiorenza e cosa tenere per sé. La lettera diventa un piccolo bilancio serale. Scrive con calma, leggendo ogni parola come se sentisse Fiorenza leggerla.

Un giorno Fiorenza scrive: «Immagina, il vicino della mia casa di campagna mi fa visita. Un tipo un po anziano, ma gli occhi ancora brillano. È venuto ieri con delle mele e vuole fare due chiacchiere. Io gli dico che la pressione non mi permette di agitarmi».

Loredana aggrotta le sopracciglia. Ricorda come Fiorenza si lamentava della solitudine e dei vedovi che «cercano unassistente gratis».

Risponde: «Stai attenta a non farti prendere in giro. Dopo non riesci a staccarti. Sono tutti così». Invia, senza rileggere.

La risposta arriva quasi subito: «Grazie per pensare così bene a tutti gli uomini sopra i settanta. Io, tra laltro, mi sbatto da sola».

Loredana sente un pizzico dentro. Vuole scrivere: «Mi preoccupo», ma si ferma. Lo schermo mostra lultimo messaggio di Fiorenza, senza emoticon.

La sera arriva un altro messaggio: «Sembra che ti rallegri del fatto che non riesco a fare nulla. Che io ti scriva invecchiata, senza muovermi».

Loredana posa il telefono, va in cucina, si serve un tè. Il pensiero rimbomba. Si chiede se è felice, perché ogni volta che Fiorenza parla dei suoi dolori, non dorme più la notte immaginando il peggio.

Ritorna al tavolo, apre la chat. Le dita tremano. Scrive: «Non hai ragione. Ti temo. So come amano nutrirti e poi sparire. Lho visto al lavoro». Invia.

Il silenzio resta. Nessuna risposta subito, né dopo qualche minuto. Il telefono resta lì, vibra occasionalmente per altre notifiche, ma non da Fiorenza.

Di notte Loredana si sveglia piùAlla fine, il suono di una nuova lettera caduta nella buca della posta le ricordò che, nonostante i cambiamenti, il legame con Fiorenza era più forte di qualsiasi tecnologia.

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