**Lezioni di Guida**
Ginevra parcheggiò l’auto davanti all’ufficio e si affrettò verso l’entrata. Davanti a lei, due ragazze camminavano lentamente, chiacchierando. Raggiunta davanti la porta, si fermarono all’improvviso, bloccandole il passaggio. Senza pensarci due volte, Ginevra si infilò tra loro, le spinse via con un gesto brusco e tirò la porta verso sé.
“Ehi, dove vai…” Le insultarono alle spalle.
In un altro momento avrebbe risposto per le rime, ma quel giorno era disperatamente in ritardo. Decise di ignorarle e corse verso l’ascensore, dove già la gente entrava. All’ultimo istante, si lanciò dentro, urtando un uomo e facendolo indietreare.
“Scusa,” borbottò, girandosi verso le porte che si chiudevano. Per un attimo, tra gli stipiti, intravide le facce arrabbiate delle due ragazze. Poi le porte si chiusero e l’ascensore salì. *Avrei dovuto fare una linguaccia*, pensò Ginevra, troppo tardi.
Il viso le bruciava per la corsa, i capelli erano scomposti. Sulla parete posteriore c’era uno specchio, ma l’ascensore era affollato e non poteva raggiungerlo. Si sistemò i capelli con una mano.
Qualcuno sbuffò alle sue spalle. Ginevra era sicura che fosse proprio l’uomo contro cui era andata a sbattere. Si voltò di scatto per verificare. Lui la fissava con il sùbito sollevato, forse per via della differenza d’altezza. Sentì il profumo della sua colonia, elegante e raffinato. Per un attimo si guardarono. Poi Ginevra si girò di nuovo, facendo svolazzare i capelli.
L’ascensore si fermò con un lieve sobbalzo, le porte si aprirono e Ginevra uscì, sentendo lo sguardo dell’uomo su di sé.
“Ti è piaciuta?” chiese Niccolò a Valerio una volta che l’ascensore riprese a salire. “Credo tu le sia piaciuto. Sembrava pronta a insultarti, hai visto?”
“Lascia stare. Non mi faccio impressionare da ciglia lunghe e gambe slanciate. Sono un uomo navigato. Adesso è tutta spavalda, ma quando si sposerà mostrerà il suo vero carattere. ‘Caro, Beatrice e suo marito sono andati alle Maldive, e noi dobbiamo tornare in Turchia? Sono stufa. Matilde ha tre pellicce e io solo una. Mi sento povera…’” Valerio fece il broncio, imitando la voce lamentosa di sua moglie. Qualcuno nell’ascensore ridacchiò.
“Semplicemente con Elena non hai avuto fortuna,” osservò Niccolò.
In quel momento, l’ascensore si fermò e i due amici uscirono.
“A destra,” suggerì Niccolò.
“Concordo. Dopo di lei, le donne non mi interessano più. Basta parlarne,” disse Valerio. “Qui?” Si fermò davanti a una porta di vetro.
Intanto, Ginevra veniva rimproverata dal capo.
“Dove diavolo ti cacci? Il cliente ha riattaccato, stai rovinando l’affare!” urlava, la saliva che gli schizzava dalla rabbia.
“Leonardo, giuro, è l’ultima volta. C’era traffico…”
“Risparmiami i dettagli. Dormi meno e parti prima, così eviti il traffico. Se ritardi ancora, te lo giuro, Farneti, non mi importerà che tua madre sia malata, ti licenzio. Ora sparisci. Prendi i campioni e corri dal cliente.”
Ginevra indietreggiò verso la porta.
“Grazie, Leonardo. Sono già in movimento. Prometto, no, giuro, non succederà più…” Con la schiena aprì la porta ed uscì nel corridoio, tirando un sospiro di sollievo.
“Rossi ti cercava. Era fuori di sNonostante l’inizio burrascoso, quella sera, seduti al tavolo del ristorante, Ginevra e Valerio scoprirono di avere molto più in comune di quanto avrebbero mai immaginato.