*Vinti dalla libertà: storia di un flaconcino*
Con Enrico ci conosciamo da anni, ma siamo diventati davvero amici solo un paio d’anni fa. Eravamo entrambi appena usciti da matrimoni falliti – i nostri secondi. Niente sbronze, anzi: sport, biciclette, corse al mattino presto. Non è l’alcol ad avvicinare due uomini, ma la libertà. E la paura di perderla di nuovo.
Enrico era uscito dal matrimonio a pezzi, come se non fosse stato un divorzio ma un rullo compressore a passarci sopra. La sua ex aveva scatenato una battaglia per ogni bene, ogni emozione, persino per i cucchiaini del servizio. Io me la cavai meglio, ma senza applausi. Ci liberammo quasi nello stesso momento, come se ci fossimo tolti di dosso sacchi di cemento.
Ricordo bene quella sera in cui pedalavamo tra i viali di Villa Borghese, e lui all’improvviso mollò il manubrio, allargò le braccia e urlò a squarciagola:
— Li-ber-tà-à-à!
I cani dei vicini abbaiarono, le nonne si fecero il segno della croce, e noi ridevamo come due fuggiti dal manicomio. Ma era felicità. Pura, rumorosa, sincera.
Per un anno vivemmo come due lupi sciolti: niente obblighi, niente lamentele, niente routine domestica. Dimagrimmo, ringiovanimmo, ci alzavamo all’alba. Scoprimmo che la vita coniugale non solo invecchia l’anima – ingrassa anche il corpo. Mentre la libertà guarisce.
Una sera andai da Enrico, aveva comprato una bici nuova e voleva mostrarmela. Armeggiavamo nell’ingresso, la catena era tutta unta, e andai in bagno a lavarmi. E lì – eccola. Una piccola vaschetta rosa sullo scaffale. Cosmetici. Femminili.
— Enri’! — gridai sospettoso. — Che stregoneria è questa?!
— Ah, è di Letizia — rispose lui, come se niente fosse.
— Chi sarebbe ‘sta Letizia?
— Non te l’ho detto? Insomma, ho conosciuto una ragazza… Letizia, avvocato, lavora tanto. A volte dorme qui. Beh, ha lasciato la sua rosa. Per non doverla portare avanti e indietro.
Serrai le labbra:
— È cominciata…
— Cosa?
— L’invasione. È il primo sintomo. Come in *Alien*: prima una goccia, poi la melma, poi la creatura che ti squarcia il torace.
Enrico rise. Io no. Perché sapevo: le donne non assaltano, si infiltrano. Non hanno bisogno di urlare o sfondare – strisciano nella vita di un uomo come il fumo sotto la porta. Prima il flaconcino. Poi lo spazzolino. Poi le pantofole. Poi lei.
Una settimana dopo mi invitò a cena a casa per presentarmela. Letizia – bella, tranquilla, orecchini eleganti e un maglione di cachemire costoso. Ci offrì pasta e pizza all’ananas. Mentre mi lavavo le mani, vidi in bagno già due spazzolini – e un’altra boccetta. Sbuffai: «Il virus si diffonde».
Poi arrivò la sera in cui Enrico non venne a pedalare con me.
— Oggi non posso — disse.
Andai da solo, arrabbiato, determinato a tirarlo fuori da quella trappola.
Mi aprì in accappatoio. L’accappatoio! Un uomo che un mese prima portava solo shorts e scarpe da ginnastica scalzo!
— Ale, potevi almeno chiamare…
Dalla camera si sentì:
— Enrico, chi è?
— È… Ale. Ha chiesto la pompa…
Andai a lavarmi le mani. E capii: il bagno non era più suo. La schiuma da barba e il dentifricio erano ormai relegati in un angolo. Intorno, un mondo rosa in vasetti. E orecchini sullo scaffale. La vittoria era totale.
Poi tornai per aiutarlo con i mobili. Montaggi, viti, mensole, armadi. Letizia dava ordini:
— Questo va in terrazza. Questo da buttare. E anche questo, toglietelo.
Enrico tentò di discutere. Inutile. A un certo punto lei si girò verso di me e disse:
— A te serve una bici? Qui occupa solo spazio.
Ecco. La libertà non si arrende con un urlo. Muore in silenzio – tra il fruscio di un vestito e l’odore di una lozione. Una donna arriva e riconquista ogni centimetro: una mensola, un gancio, il davanzale, l’armadio. Poi l’anima.
Passò un anno. Con Enrico ci scrivevamo di rado. La bici si coprì di polvere. Lui rispondeva sempre meno. Io pedalavo da solo. Triste. Ma libero.
Poi anche a me arrivò Lei. E dopo un mese, la timida domanda:
— Posso lasciare da te la crema?
Non dissi di no. Sorrisi. Come un idiota. Perché ero già innamorato.
Ora è fatta. Il flaconcino è già lì. La modalità d’invasione è identica.
Sono perduto. Tutto qui.
Addio, libertà.