**La Libertà Pesante**
— Elisabetta, hai visto la cartella blu con i documenti? L’avevo lasciata sul comodino in salotto! — la voce di Matteo tremava d’ansia. Aveva rivoltato la casa nel tranquillo quartiere di Bologna, ma la cartella pareva evaporata.
— Ah, sì, c’era una cartella — sbuffò Elisabetta con nonchalance. — Lercia e tutta sbeccata, l’ho buttata.
Matteo si bloccò, come se l’avessero colpito. In quella cartella c’era il rapporto su cui aveva lavorato due settimane. Domani era l’ultimo giorno per consegnarlo al capo. Rifarlo? Possibile. Ma le firme? Dove le avrebbe trovate alle dieci di sera?
— Come hai potuto?! — sibilò Matteo, trattenendo la rabbia. — Era importantissimo! Quasi nuova, solo due graffi! Capisci che potrei perdere il lavoro?!
— Non lasciare in giro le tue cose! — sbuffò la suocera, spostando la tazza di tè mezzo vuota. — Guarda un po’, l’uomo d’affari! Se ti stava tanto a cuore, la mettevi in camera tua invece di lasciarla dove capita!
— Era sul comodino, non per terra! — Matteo sentiva il sangue pulsargli alle tempie.
Non era la prima volta che Elisabetta buttava via le sue cose. Una maglietta “troppo vecchia”, un quaderno sgualcito… Ma oggi aveva superato ogni limite.
— Questa è casa mia, io comando qui! — dichiarò la suocera, alzando il mento con orgoglio. — Se non ti piace, nessuno ti trattiene!
Matteo serrò i pugni, contando mentalmente fino a dieci. La calma non arrivava. Casa sua… Sì, l’appartamento era di Elisabetta. Era stata lei a insistere perché lui e sua figlia, Beatrice, vivessero con lei. “Perché spendere in affitto quando ho spazio qui?” ripeteva sempre.
All’inizio sembrava comodo. Matteo stava facendo carriera, lasciando casa all’alba e tornando a notte fonda. Beatrice era incinta, e la gravidanza era difficile — stava a malapena in piedi. Pulizie e cucina? Fuori discussione. Elisabetta si offrì di aiutare, e loro accettarono con gratitudine.
Ma un anno dopo, quando nacque il piccolo Leonardo, Matteo parlò di trasferirsi. Affitto o no, ma una casa loro, con le loro regole. Beatrice si ribellò: “Perché? Mamma fa tutto, si occupa di Leo, io posso riposare!” Le piaceva quella vita comoda: shopping al mattino, beauty center al pomeriggio, un’oretta con il figlio la sera. Fare la padrona di casa? Non le interessava.
Matteo cedette, ma non aveva intenzione di sopportare per sempre. In segreto, investì i risparmi in una casa nuova alla periferia di Firenze. Beatrice non sapeva nulla — immaginava già le sue proteste, le scuse per restare sotto l’ala della madre. La sua vita era come una favola da principessa, e trasferirsi avrebbe significato pulizie, cucina e figlio da gestire.
Pensandoci, Matteo indossò la giacca e scese ai bidoni della spazzatura. La raccolta non era ancora passata, e sperava di trovare la cartella. Forse era ancora in cima.
Fortuna volle che la trovò, intatta. Tornato a casa, lanciò un’occhiata gelida alla suocera e andò da Beatrice. Era ora di una discussione seria.
— Domani, fai le valigie. Ci trasferiamo — disse stanco, lasciandosi cadere sulla poltrona. — Basta con gli sberleffi di tua madre! Perché un adulto come me dovrebbe subire i suoi capricci? Si sente padrona solo umiliandomi!
— Ci trasferiamo? Dove?! — si agitò Beatrice. — Cosa non va qui? Viviamo nell’agio! E non insultare mamma, fa tanto per noi!
— Ho accettato di stare qui solo finché avevi bisogno d’aiuto — tagliò corto Matteo. — Ora sei guarita, e sarà casa tua.
— Mamma mi aiuta con Leo! Sai che è irrequieto!
— Aiuta?! — alzò sarcastico un sopracciglio. — Lo sta crescendo lei! E lo mette contro di me. L’ho sentita dirgli che papà è cattivo!
— Leo ha un anno, cosa capisce?! — gli occhi al cielo di Beatrice. — Esageri.
— Sottovaluti! — esplose Matteo. — Un’oretta la sera non è maternità! Elisabetta non mi lascia neanche giocare con mio figlio: lo porta a cambiarsi, a mangiare, sempre qualcosa!
— Come se ti interessasse davvero! — ribatté Beatrice. — Esci quando dorme, rientri quando dorme.
— Dal prossimo mese cambierà tutto — disse deciso. — Ho un nuovo ruolo con orari fissi, niente straordinari. Ma l’ufficio è lontano, da qui non ha senso.
— È questo il problema? Hai la macchina! — sbottò Beatrice. — Dove andresti? In affitto?
— Casa nostra — rispose calmo.
— Quale casa?! — rimase senza fiato.
— Grande, spaziosa, in un quartiere verde. Finita due settimane fa, i mobili arrivano domani.
— Non voglio una casa fuori città! — strillò Beatrice. — Non mi muovo!
— O così, o divorzio — fu lapidario.
— Non divorzierai! Leo ha un anno, ho i miei diritti! — lanciò il telefono sul divano, gesto inaudito per lei.
— Fai come vuoi — annuì Matteo. — Ma io non resto qui con tua madre. Andrò in casa mia, sarò padrone. Mangio quel che voglio, guardo quel che voglio, lascio le mie cose dove voglio senza paura che finiscano nella spazzatura. Tu pensa a come vivrai. La pensione di tua madre è una miseria. Gli alimenti li pagherò, ma saranno meno di quanto spendi ora. Riflettici, cara.
Alla fine, Beatrice cedette. Si trasferirono. Ma la nuova vita per lei fu un incubo: pulizie, cucina, figlio h24. Addio shopping e amiche. Matteo aiutava, ma il tempo non bastava mai.
Dopo un mese, Beatrice scappò dalla madre, portando Leo. Per ripicca, chiese il divorzio e la divisione dei beni, sicura di ottenere metà casa. Sognava già di venderla a una famiglia numerica per pochissimo, sapendo che Matteo avrebbe dovuto comprare la sua parte. Ma lui non aveva i soldi — li aveva investiti tutti.
Il suo piano? Matteo non avrebbe sopportato di vivere con estranei e sarebbe tornato da lei. Ma i sogni crollarono. La casa era intestata ai genitori di Matteo. Beatrice non aveva diritto a nulla. Ottenne solo gli alimenti, modesti come previsto.
Anche Elisabetta era furiosa. La comoda rendita era sparita, e non aveva più nessuno da vessare. Beatrice piangeva per ogni rimprovero, e Leo era troppo piccolo per sopportare le sue irritazioni.
Dopo sei mesi, Matteo propose di riprovarci per il bene di Leo. Beatrice afferrò l’occasione. Diventò una moglie e madre esemplare, e con il tempo, le piacque persino. I giorni spensierati sotto l’ala materna finirono, ma la nuova vita, per quanto faticosa, le regalò una gioia inaspettata.