Lo strappai da quel mondo, e lui trovò unaltra. Ma il mio regalo daddio li mandò in rovina.
Me ne vado, Anna.
Quelle parole, pronunciate con una voce piatta e straniera, squarciarono il silenzio accogliente della serata come un coltello.
La forchetta scivolò dalle dita indebolite di Anna e tintinnò sul piatto. La tavola imbandita, che aveva preparato per due ore, le candele tutto si trasformò allimprovviso in una grottesca scenografia di cattivo gusto.
Cosa? Cosa vuoi dire con «me ne vado»? Marco, di che stai parlando? la sua voce si spezzò. Abbiamo superato tutto io E oggi è il nostro anniversario di nozze
Aveva voluto che quella sera fosse speciale dieci anni dal matrimonio. Solo per loro due. Una serata che avrebbe dovuto simboleggiare la fine dei tempi difficili.
Dopo lincidente, suo marito Marco era cambiato diventato silenzioso, assorto. Anna attribuiva tutto a una lenta guarigione. Credeva che il suo amore e le sue cure avrebbero sciolto quel ghiaccio.
Ma ora lui non la guardava. Guardava sua madre, che era appena entrata senza invito nella loro casa.
Alba Rossi, la suocera, raggiante. Vestita come per una festa, con un rossetto sgargiante sulle labbra sottili, si avvicinò e posò una mano protettiva sulla spalla del figlio. Non era venuta in visita. Era venuta per lesecuzione.
Proprio oggi, lanniversario! la sua voce grondava veleno. È ora di finirla con questa farsa! Ho sempre saputo che mio figlio meritava una donna migliore, alla sua altezza, non uninfermiera-servetta!
Il cuore di Anna perse un battito. «Infermiera-servetta» Era lei?
E lho trovata! annunciò solennemente Alba Rossi, ignorando la nuora impietrita. La figlia della mia migliore amica, Carlotta! Intelligente, bellissima, ha un appartamento in centro! Non gli romperà le scatole con i tuoi brodini scipiti!
A quanto pare, tutto era già deciso. Mentre lei lottava per la sua vita, loro organizzavano appuntamenti di nascosto. Gli cercavano un rimpiazzo. Come fosse un oggetto usurato.
Marco annuiva, concordando con ogni parola della madre. Nei suoi occhi non cera né colpa né rimorso. Solo un distacco freddo e stanco.
Capisci, Anna. Quando ero là, in ospedale, impotente avevo bisogno di te. Ora sono di nuovo in piedi. E ho bisogno di una donna che mi ispiri, non che mi ricordi la mia debolezza.
Era la fine. Totale. Incontestabile. Una sentenza emessa da due persone care ed eseguita nel giorno del loro anniversario.
Come in una pellicola muta, davanti agli occhi di Anna sfilò lultimo, più difficile anno della sua vita. Non vita sopravvivenza.
Ricordava quella telefonata. Quella voce burocratica, indifferente, che aveva dato inizio al suo inferno personale: «Suo marito è stato coinvolto in un incidente, è in rianimazione».
Poi, lospedale. Corridoi bianchi infiniti, odore di disinfettante e disperazione. E il primo colloquio con il chirurgo, stanco e grigio, che si tolse la mascherina e si strofinò la fronte.
Le condizioni sono gravi ma stabili disse, guardando da qualche parte oltre lei. Abbiamo fatto tutto il possibile. Il resto dipende dalle cure. E dalla sua voglia di vivere.
«Dalle cure». Quella frase era diventata la sua condanna e, insieme, la sua missione.
I numeri sul conto bancario svanivano come neve a marzo. Seduta nellufficio del primario, che con gentile fermezza le spiegava che le cure gratuite erano finite e che per una vera riabilitazione servivano soldi. Tanti soldi.
Quel giorno stesso andò al banco dei pegni. Si tolse gli orecchini doro lultimo regalo della madre defunta. Luomo dietro il banco li pesò nel palmo.
Signorina, ne è sicura? Sono un ricordo disse, senza particolare empatia.
I ricordi non lo rimetteranno in piedi tagliò corto lei, prendendo le banconote stropicciate.
Poi andarono la collana, il bracciale e infine la sottile fede nuziale, che dovette togliersi quasi strappandola.
Quando non ebbe più nulla da vendere, trovò un secondo lavoro. Di giorno, commessa in un negozio soffocante; di notte, inserviente in una clinica. Dormiva tre o quattro ore al giorno, imparando a sonnecchiare sullautobus.
Alba Rossi veniva una volta a settimana. Non per aiutare per controllare.
Perché è così pallido? Non lo nutri abbastanza! sibilava, mentre Anna lavava il pavimento della stanza.
Il dottore ha detto solo brodo per ora rispondeva piano Anna.
Il dottore! Che ne sa quel dottore! Con la tua faccia da funerale lo finirai! Un uomo ha bisogno di tonicità, non dei tuoi sospiri!
E neanche un euro di aiuto. Mai.
Poi arrivò il fisioterapista. Un ragazzo giovane e robusto, di nome Luca.
Anna, è una maratona, non uno sprint diceva, mostrandole gli esercizi. Ogni giorno. Anche quando «non ce la faccio», anche quando «fa male». Limportante è non lasciarlo crogiolarsi nella pietà di sé. La pietà, ora, è veleno.
E lei non gliela concesse. Lo trascinava in bagno. Gli faceva massaggi, gli muoveva i muscoli intorpiditi, finché le sue stesse dita non formicolavano. Lo obbligava a fare esercizi, anche quando lui gemeva e imprecava. Gli leggeva ad alta voce, per non farlo impazzire dal silenzio, per distrarlo dal dolore.
Le sue forze si esaurivano, mentre le sue lentamente, goccia a goccia tornavano. Lei dimagriva, con occhiaie profonde. Lui ingrassava, con le guance rosate.
Gli aveva letteralmente soffiato dentro la sua stessa vita.
E ora lui era lì, di fronte a lei. Forte. Sano. Pieno della sua energia e la guardava come se fosse un vuoto.
Anna osservò lentamente i loro volti soddisfatti. Il sorriso della suocera predatore, trionfante, già immaginando il ruolo di madre del figlio «di successo». Lespressione di Marco era compiaciuta e serena si sentiva sollevato dal peso della gratitudine.
Si aspettavano lacrime. Scene isteriche. Accuse.
Ma le lacrime non vennero. Dentro di lei tutto era già bruciato, lasciando solo un vuoto gelido. E in quel vuoto non nacque la vendetta nacque il calcolo.
Anna non si alzò semplicemente. Raddrizzò le spalle, si tirò su e quel gesto la fece sentire allimprovviso più alta di loro due.
Beh, se è così la sua voce era calma, senza traccia di debolezza. Prima del divorzio, vorrei farvi un regalo daddio.
Marco sorrise scettico. Alba Rossi sbuffò sprezzante. Probabilmente pensavano che avrebbe tirato fuori un vecchio album di foto o qualche cianfrusaglia sentimentale.
Anna andò in camera da letto e tornò un minuto dopo con una cartelletta trasparente. Per un anno intero vi aveva raccolto ogni ricevuta prove documentali del suo amore e della sua salvezza.
La posò sul tavolo davanti a Marco. Il clic della plastica risuonò nel sil