L’ombra del tradimento in casa
Maria Rossi era ai fornelli, mescolando con cura un risotto alla milanese nel suo pesante tegame di ghisa – perfetto per quel piatto. Suo figlio Marco, il suo orgoglio e unica speranza, sarebbe tornato a casa a breve. Immaginava la sua gioia nel trovare un pasto caldo, preparato con amore dalla mamma. Avvolse il tegame in un canovaccio per mantenerlo caldo, lo mise in una borsa e si diresse verso l’appartamento del figlio, che si trovava nel palazzo accanto. Aveva una copia delle chiavi, per ogni evenienza.
Qualche giorno prima aveva parlato con Marco al telefono. Lui, come al solito, aveva chiamato dal cellulare, ma Maria, abituata alle vecchie abitudini, aveva richiamato dal telefono fisso. A rispondere era stata sua moglie, Silvia, che le aveva detto che Marco era al lavoro. Ma lui le aveva appena detto che lavorava da casa! Qualcuno mentiva. E Maria era certa di una cosa: non era suo figlio.
Silvia era comparsa nella loro vita come un tornado. Una ragazza di un paesino sperduto, senza istruzione, senza lavoro, senza un tetto suo. Come aveva fatto Marco, un ragazzo intelligente e con un futuro, a lasciarsi accecare dall’amore? Aveva insistito per sposarsi, nonostante i genitori lo avessero pregato di aspettare. Si erano sposati, e Silvia si era trasferita nel luminoso bilocale che Marco aveva ricevuto in regalo di nozze. Fortunatamente, l’appartamento era intestato a lui.
Silvia non lavorava, dedicando il suo tempo alla “ricerca di sé stessa”. Marco, invece, sgobbava dalla mattina alla sera per mantenerla. Recentemente aveva affittato un altro appartamento – a quanto diceva, per lavorare, visto che i parenti di Silvia arrivavano in continuazione dal suo paese. Soprattutto il “cugino” Luca, con cui, a suo dire, era cresciuta. Maria non si era intromessa, ma il suo cuore di madre sentiva che qualcosa non andava.
Quel giorno aveva deciso di fare una sorpresa a Marco con il suo piatto preferito. Entrata nell’appartamento, non accese la luce nell’ingresso per non farsi notare. Dalla camera arrivava una musica allegra, ma piuttosto volgare. Maria sbirciò dentro e rimase gelida. La borsa con il tegano le scivolò di mano e cadde rumorosamente a terra. Nella stanza, stretti in un abbraccio, ballavano due persone. Silvia e un uomo – decisamente non suo cugino.
La musica si fermò. Silvia, pallida, corse nell’ingresso. «Maria! – esclamò, forzando un sorriso. – Non mi aspettavo di vederti!»
«Si vede», rispose fredda la suocera, cercando di trattenere la rabbia.
«Vuoi entrare? Abbiamo della torta», propose Silvia, sperando in un rifiuto.
Maria fece un sorriso tirato. «Ho portato la cena per Marco, la sua preferita. Spero non si sia raffreddata», disse, consegnando la borsa. Silvia, sollevata che la tempesta fosse passata, promise di avvolgere il tegame nel canovaccio.
Maria uscì e si sedette su una panchina nel cortile. A quell’ora non c’era nessuno, i bambini dormivano. Dondolandosi leggermente, cercava di riordinare i pensieri. Aveva fatto bene a non fare scenate. Silvia si sarebbe inventata una scusa. Ma la caduta del tegame era stato un errore. Maria, medico d’urgenza, era abituata a restare calma nelle situazioni critiche. Salvava vite, prendeva decisioni in pochi secondi, e non lasciava cadere nulla. Eppure, quel giorno aveva fallito. Ma come restare impassibile quando si tratta del proprio figlio?
Decise che non era finita lì. Silvia non sarebbe cambiata. Una settimana dopo, Maria riprovò, questa volta con delle sfogliatelle. Entrò in silenzio, come un’ombra, e tirò fuori il telefono per riprendere la scena. La musica era la stessa, ma non stavano ballando – la situazione era molto più esplicita. Terminata la registrazione, bussò alla porta. Silvia, arrossata, socchiuse la porta. «Sfogliatelle per Marco», disse la suocera, porgendo il sacchetto e andandosene.
A casa valutò le opzioni. Poteva andare senza Marco, mostrarle le prove e cacciarla. Ma Silvia avrebbe potuto dire che la suocera l’aveva calunniata. Oppure poteva dirlo subito a suo figlio. Ma Marco, educato e ingenuo, avrebbe potuto credere a un “malinteso” o a un “semplice bacio”. No, doveva agire con certezza.
Sabato, Maria e suo marito si fecero invitare a casa del figlio. Portò altre sfogliatelle. Dopo la prima tazza di caffè, guardò Silvia e chiese: «Allora, ti sei trovata?»
Marco la guardò stupito – non era il suo solito tono. Silvia, intuendo il pericolo, borbottò: «Non ancora».
«Posso aiutarti io», disse Maria, poggiando il telefono con il video sul tavolo.
Marco – Che cos’è? – fissò lo schermo, dove sua moglie e il “cugino” dimostravano sentimenti tutt’altro che fraterni, poi guardò Silvia e di nuovo il video. Lei taceva, gli occhi bassi.
«Bel film, vero figliolo?», chiese la suocera, trattenendo la rabbia.
«Mi tradisci? E lui non è tuo cugino?», la voce di Marco tremava. «Silvia, dimmi qualcosa!»
«E cosa vuoi che dica?», intervenne Maria. «Come fai a essere così ingenuo?»
Silvia si alzò, il viso in fiamme. «Sì, non è mio cugino – esplose. – Siamo venuti qui insieme, senza soldi, senza documenti. E poi sei arrivato tu, ragazzino viziato con l’appartamento e la mamma che ti porta le sfogliatelle. Abbiamo pensato di approfittarne, tanto per vedere come andava.»
«Hai detto che mi amavi», sussurrò Marco.
«E chissà quante altre cose ho detto», rise sarcastica Silvia. «Non si può essere così creduloni.»
Entrò in camera, probabilmente per fare le valigie. Marco rimase immobile, come pietrificato. Il padre taceva, fidandosi della moglie. Maria pregò in silenzio: «Dio, non permettere che le corra dietro!»
Quando la porta si chiuse alle spalle di Silvia, Marco guardò la madre. Nei suoi occhi c’era una domanda: «E ora?» Il suo mondo era crollato – famiglia, amore, speranze. Il primo grande tradimento gli spezzava il cuore.
«Prendiamo un caffè», propose Maria, da medico sapendo che nel caos serve un attimo di pace.
Marco prese due sfogliatelle. Sua madre, intelligente e forte, aveva sempre trovato una soluzione. E ora sapeva che il tempo e il suo amore avrebbero aiutato il figlio a ricominciare.