Gina Rossi, 67 anni, aveva perso il marito più di dieci anni prima. Da allora, la sua vita scorreva tra la solita spesa al mercato, le passeggiate al parco e le telefonate dei figli, che ormai vivevano lontano. Non si aspettava sorprese; alla sua età, pensava, le emozioni forti erano roba per giovani.
Ma tutto cambiò un pomeriggio alla stazione Termini di Roma.
Gina era seduta su una panchina, immersa in un vecchio libro di Calvino, quando sentì una voce accanto a lei:
“Scusi, ma quello non è *Se una notte dinverno un viaggiatore*?”
Alzò lo sguardo. Un uomo alto, capelli bianchi e un sorriso timido la osservava.
“Sì,” rispose, chiudendo il libro con delicatezza. “Lo conosce?”
“Lho letto quarantanni fa. Non lho mai dimenticato. Mi chiamo Marco Bianchi.”
Gina non seppe spiegarselo, ma qualcosa in quella presentazione semplice le scosse il cuore. Cominciarono a parlare, prima del libro, poi dei treni, della musica, della vita. Il tempo volò così in fretta che quasi dimenticarono i treni che li aspettavano.
Per settimane, iniziarono a “incrociarsi per caso” alla stazione. A volte Gina prendeva un caffè al bar, e lì spuntava Marco con la scusa che il suo treno era in ritardo. Altre volte, lui diceva di passeggiare per la hall solo per vedere gente, ma entrambi sapevano che cercavano un preteso per incontrarsi.
Un pomeriggio di pioggia, Marco trovò il coraggio di dire ciò che era nellaria:
“Gina, ho viaggiato da anni da solo, e credimi, non cè niente di più triste che arrivare da qualche parte e non avere nessuno a cui raccontarlo. Mi piacerebbe se un giorno mi facessi compagnia.”
Lei esitò. Era così tanto tempo che non si lasciava invitare, così tanto che non apriva la porta allignoto. Ma lo sguardo sincero di quelluomo spazzò via le sue paure.
“Va bene, ma sceglo io la meta.”
Il sabato dopo, salirono insieme su un treno per Orvieto. Passeggiarono per stradine di pietra, divisero un pranzo semplice e, al tramonto, si sedettero su una terrazza con vista sulla valle. Marco prese la mano di Gina, e lei non la ritrasse.
“Sai?” disse lui con voce tremante. “Pensavo che lamore non avesse più posto nella mia vita.”
“Anchio,” rispose lei. “Ma sembra ci sbagliassimo.”
Quel giorno fu linizio di qualcosa di nuovo. Cominciarono a viaggiare insieme, a leggere nei parchi, a cucinare ricette improvvisate. Scoprirono che la vita non finisce con i capelli bianchi, che potevano ancora sentire farfalle nello stomaco come ragazzini.
Ma non tutto era semplice. Gina temeva cosa avrebbero detto i figli: “Un fidanzato alla tua età? Ma che ti serve?” E Marco, anche lui vedovo, portava con sé il ricordo di una moglie che aveva amato profondamente. Eppure, decisero di vivere il presente, senza chiedere permesso al passato né scuse al futuro.
Una sera, sullo stesso binario 14 dove si erano conosciuti, Gina gli sussurrò:
“Ti rendi conto? Se quel giorno non mi avessi parlato, saremmo ancora due sconosciuti di fretta.”
“Per questo non smetterò mai di ringraziarti per aver portato quel libro,” rispose lui sorridendo. “Perché grazie a Calvino, ho trovato la mia pace.”
Quellamore, nato tra treni e coincidenze, insegnò loro che non è mai troppo tardi per ricominciare a sentire. Che anche quando la vita sembra essersi fermata, un incontro inaspettato può riaccendere la magia di un nuovo inizio.






