— Ludovica, sei impazzita alla tua età! I tuoi nipoti vanno già a scuola, che matrimonio è questo? — queste parole ho sentito da mia sorella quando le ho detto che mi sposo.

Ludovica, sei davvero fuori di testa a questetà! Hai già dei nipotini che vanno a scuola, e ora un matrimonio? queste parole mi ha lanciato la sorella non appena le ho detto che mi sto per sposare.

E ora, dove andare? Tra una settimana io e Alessandro firmeremo i registri, così dovevo avvisare la sorella, ho pensato. Ovviamente non arriverà alla cerimonia, viviamo ai due poli dItalia. E poi chi ha voglia di una sontuosa festa con i soliti Che peccato! a sessanta anni? Ci sposiamo in silenzio, solo noi due, e beviamo un bicchiere di prosecco.

Potrei anche non sposarmi, ma Alessandro insiste. È il cavaliere che non mi lascia nemmeno sbattere un battito: apre la porta del palazzo davanti a me, mi porge il braccio quando scendo dallauto, mi aiuta a infilare il cappotto. Non accetterà di vivere senza il timbro sul passaporto. Lha detto: Che cè, ragazzo o che? Io voglio una relazione seria. E per me lui è davvero un ragazzo, anche se con i capelli un po argentati.

Al lavoro lo chiamano solo per nome e cognome, con il rispetto di chi usa Signor Bianchi. Lì è un tipo serio, severo, ma quando mi vede sembra che gli si levino trentanni di fronte. Mi stringe e vuole girare in tondo per la strada. Io, però, mi sento imbarazzata: La gente guarda, ride. Lui mi risponde: Che gente? Non vedo nessuno, tranne te!. Quando siamo insieme, ho davvero la sensazione di essere lunica persona sul pianeta.

Devo però raccontare tutto alla sorella, la Fiorenza, perché ho bisogno del suo sostegno. Avevo paura che la Fiorenza, come tanti altri, mi giudicasse, ma alla fine ho preso coraggio e lho chiamata.

Ludovica ha iniziato con voce stridula non appena ha saputo del matrimonio È passato un anno da quando hanno seppellito il Vito, e tu hai già trovato un nuovo sposo!

Sapevo che la notizia le sarebbe piaciuta, ma non pensavo che il mio defunto marito fosse la causa del suo sgomento.

Fiorenza, ricordo ho interrotto Ma chi stabilisce questi tempi? Puoi darmi un numero? Dopo quanto posso essere di nuovo felice senza subire condanne?

Fiorenza ha riflettuto un attimo:

Beh, per buona educazione dovresti aspettare almeno cinque anni.

Quindi devo dire ad Alessandro: Scusa, torna fra cinque anni, nel frattempo indosserò il lutto?

Fiorenza è rimasta in silenzio.

E cosa otterremo? ho proseguito Credi che fra cinque anni nessuno ci giudichi? Troveranno sempre chi vuole spettegolare, ma a me sinceramente non interessano. La sua opinione conta, e se insistevo avrei annullato il matrimonio.

Sai, non voglio essere rigida, ma sposatevi già oggi! Però ricorda che non ti capisco e non ti sostengo. Sei sempre stata autonomamente, ma non avrei mai immaginato che sopravviveresti così a lungo. Così, per favore, aspetta almeno un anno.

Io non mi sono data per vinta.

Dici di aspettare un anno, ma se a noi rimaneva solo un anno di vita, che farebbe?

Fiorenza ha sbuffato.

Fai come credi. Capisco che tutti vogliono la felicità, ma hai vissuto così tanti anni felice

Mi sono risa.

Fiorenza, sul serio? Hai creduto che fossi felice tutti questi anni? Anchio lo pensavo. Solo ora ho capito chi ero davvero: unasina da lavoro. Non sapevo che potesse esserci un modo diverso di vivere, dove la vita è una gioia!

Vincenzo era un uomo buono. Con lui ho cresciuto due figlie, ora ho cinque nipotini. Lui mi ha sempre ricordato che la cosa più importante è la famiglia. Non ho mai discusso. Prima lavoravamo sodo per la famiglia, poi per le famiglie dei figli, poi per i nipoti. Oggi, ricordando la mia vita, mi sembra una gara per il benessere senza pausa pranzo. Quando la figlia maggiore si è sposata, avevamo già la casa di campagna, ma Vincenzo ha voluto espandersi, allevare carne per i nipoti.

Abbiamo affittato un ettaro di terra, e per anni abbiamo portato il giogo sulle spalle. Ha comprato bestiame, che dovevamo nutrire continuamente. Allalba, già alle cinque, eravamo in piedi. Lanno intero vivevamo in campagna, uscivamo in città solo per commissioni. A volte trovavo il tempo per telefonare alle amiche, che si vantavano: La nipote è appena tornata dal mare, Siamo a teatro con il marito. Io non andavo neanche al cinema, né al supermercato!

Ci capitava di stare senza pane per giorni, perché il bestiame ci legava mani e piedi. Lunica cosa che ci dava forza erano i figli e i nipoti ben nutriti. La figlia più grande, grazie alla nostra fattoria, ha cambiato macchina, la più piccola ha ristrutturato lappartamento non è stato vano lo sforzo.

Una volta è venuta a trovarmi una vecchia collega e ha detto:

Ludovica, allinizio non ti ho riconosciuta. Pensavo fossi fuori a prendere aria, a ricaricarti. Ma sei quasi morta! Perché ti fai così?

Che altro posso fare? I figli hanno bisogno di aiuto ho risposto.

I figli si aiuteranno da soli, dovresti pensare a te stessa.

Allora non capii cosa significasse vivere per sé. Ora so che si può dormire quando si vuole, fare la spesa tranquilli, andare al cinema, in piscina, sugli sci. E nessuno ne risente! I figli non sono diventati poveri, i nipoti non hanno fame. Ma soprattutto ho imparato a guardare le cose comuni con occhi nuovi.

Se prima raccoglievo foglie secche in sacchi, piangendo per lo spreco, ora le foglie mi regalano allegria. Cammini per il parco, le spingi con i piedi e ti ridi come una bambina. Ho imparato ad amare la pioggia, perché ora non devo correre a rifugiare le capre sotto il tetto, ma posso guardare la pioggia da una finestra di un caffè accogliente. Solo ora ho notato quanto siano meravigliosi i nuvoloni e i tramonti, quanto sia piacevole camminare sulla neve croccante. Ho capito che la nostra città è splendida! E sono stati gli occhi di Alessandro a aprirmeli.

Dopo la morte di Vincenzo sono rimasta in uno stato di smarrimento. È stato improvviso: un infarto lo ha portato via prima che arrivasse lambulanza. I figli hanno subito venduto la fattoria, la casa di campagna e mi hanno rimandata in città. I primi giorni ero come una pazza, senza sapere che fare. Continuavo a svegliarmi alle cinque, a girovagare per lappartamento chiedendomi dove andare.

Quando nella mia vita è comparso Alessandro, ricordo la prima passeggiata. Si è scoperto essere il vicino e il cognato, ci ha aiutati a trasportare le cose dalla campagna. Poi ha ammesso di non avermi più guardato con occhi di disprezzo, ma di aver provato pena per la donna smarrita che era. Ha capito subito che ero viva e piena di energia, che dovevo solo tirarmi fuori dalla depressione. Mi ha portata al parco a prendere una boccata daria. Ci siamo seduti su una panchina, Alessandro ha comprato un gelato, poi mi ha invitata a passeggiare fino allo stagno a dare da mangiare alle anatre. Io alle anatre le nutrivo solo quando avevo un attimo libero, ma non avevo mai potuto semplicemente osservarle. E sono davvero buffe! Si scambiano il pane con una grazia incomprensibile.

Non ci credo, si può stare lì a guardare le anatre ho confessato. Non avevo tempo per godermeli, dovevo solo dar loro il cibo, pulire, ecc., e ora sto qui a guardare.

Alessandro ha sorriso, mi ha preso la mano e ha detto: Aspetta, ti mostrerò un sacco di cose! Rinascerebbe come una nuova.

E aveva ragione. Come una bambina, scoprivo ogni giorno qualcosa di nuovo, e il suo entusiasmo rendeva la vita precedente un sogno sbiadito. Non ricordo più il momento esatto in cui ho capito di aver bisogno di Alessandro, della sua voce, della sua risata, del suo tocco leggero. Ma una mattina mi sono svegliata pensando che tutto quello che succede ora è reale; senza di lui non potrei più vivere.

Le mie figlie hanno preso le distanze dai nostri rapporti, hanno detto che tradivo la memoria del padre. È stato doloroso, mi sono sentita colpevole davanti a loro. I figli di Alessandro, invece, erano contenti, hanno detto che ora il papà è tranquillo. Restava solo raccontare tutto a Fiorenza, e ho rimandato quel momento allultimo.

E quando vi sposate? ha chiesto Fiorenza dopo la lunga chiacchierata.

Venerdì prossimo.

Cosa posso dire? Felicità e amore in età avanzata ha risposto freddamente, salutandomi.

Entro venerdì, Alessandro e io abbiamo comprato le provviste per due, ci siamo vestiti elegantemente, abbiamo chiamato un taxi e siamo andati al municipio. Quando siamo usciti dallauto, sono rimasta senza parole: davanti allingresso dellUfficio di Stato Civile cerano le mie figlie con i mariti e i nipotini, i figli di Alessandro con le loro famiglie, e soprattutto la sorella Fiorenza, con un mazzo di rose bianche, che mi sorrideva tra le lacrime.

Fiorenza! Sei arrivata per caso? non potevo credere ai miei occhi.

Devo vedere a chi la sto dando! ha riso.

Pare che, nei giorni prima del matrimonio, tutti avessero prenotato un tavolo al caffè più vicino per festeggiare insieme.

Qualche settimana fa Alessandro e io abbiamo celebrato lanniversario del nostro matrimonio. Per tutti è diventato qualcuno di speciale. Io ancora non riesco a credere a quanto sono felice, quasi a volermi far male per la gioia.

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