LUI ERA MIGLIORE DEGLI ANIMATI

Ricordo ancora quei tempi, quando il destino mi mise sulla via di un uomo che, a prima vista, sembrava un mistero avvolto nel buio.

Signorina, è daccordo? udii una voce maschile implorante al telefono.
Va bene, proviamo, risposi con un sorriso di circostanza.

Avevo ventanni, studiavo allUniversità di Bologna e cercavo un lavoro parttime. Un giorno, un annuncio sul Corriere della Sera attirò la mia attenzione: Professore cieco cerca assistente. Unondata di compassione mi travolse e, senza esitare, lo chiamai.

Il giorno seguente bussai timidamente alla sua porta. Aprì un uomo dal volto sereno, avvolto in unaura di quiete.

Prego, entra. Come posso chiamarla? chiese, la voce delicata.
Ginevra, balbettai leggermente, arrossendo.
Sono Domenico Bianchi, rispose, i suoi occhi invisibili che sembravano scrutare lanima.

Ho davvero bisogno del suo aiuto, Ginevra. Che profumo delizioso indossa! Mi fa perdere la testa. Insegno storia alluniversità e avrei bisogno che, la sera, mi leggessi gli appunti. Io li memorizzerò. Le lezioni sono tre volte a settimana. Ci sta, Ginevra? mi chiamò Ginevra con dolcezza.

Il suo appartamento, situato in un piccolo palazzo di Via del Corso a Roma, era ordinato, privo di superflui. Domenico, non superava i quarantanni, era affascinante, curato, con una presenza quasi divina.

Iniziamo, Domenico, dissi, desiderosa di entrare subito in azione.

Passarono settembre, febbraio, maggio. Le vacanze universitarie arrivarono; Domenico mi concesse una pausa fino al prossimo settembre. Partii verso la costa amalfitana, dove il mare mi accarezzò per settimane, e ben presto dimenticai il mio padrone cieco. Conobbi un giovane di nome Marco, mi innamorai e decisi di sposarlo; la data del matrimonio fu fissata.

Verso la fine di agosto, Domenico mi telefonò:

Ginevra, domani vieni.

Oh, non posso, mi sposo, sto preparando il matrimonio risposi gioiosa.

Sposarsi così presto? Mi sembra un po fretta udii una lieve delusione nella sua voce. Ti prego, Ginevra, vieni! implorò.

Va bene, passerò, acconsentii a malincuore.

Il giorno successivo, quel caldo agosto di fine estate, Domenico mi accolse nella hall.

Ti riconosco per il tuo profumo inebriante, Ginevra. Entra pure, mi invitò.

Sai, anche il mio futuro sposo adora quel profumo, commentai, forse per scherzo.

Ginevra, lavoriamo ancora per questanno accademico? Senza di te non riesco a gestire le lezioni. Accetta, ti prego. mi chiese con tono quasi implorante.

Allora cominciamo, risposi, professionale.

Più trascorrevo del tempo con il professore, meno mi sentivo attratta dal futuro sposo. Alla fine ritirai la domanda di matrimonio dal registro; il giovane fu licenziato, perché una sposa non è una moglie e può anche tornare a essere non sposa

Col tempo, Domenico e io passammo al tu. Mentre gli leggevo gli appunti, lui mi teneva la mano con tenerezza. Chiudeva gli occhi, invisibili, e respirava profondamente il profumo dei miei profumi pungenti. Con lui mi sentivo al sicuro, avvolta da un caldo abbraccio.

Una sera, tornai gelata dal mare e chiesi una tazza di tè caldo. Domenico mi fece sedere nella sua poltrona, mi avvolse i piedi con una coperta.

Siediti, Ginevra, adesso vado disse, dirigendosi in cucina.

Tornò con un vassoio: fette darancia e un bicchierino di grappa.

Bevi, Ginevra. Ti riscalderà subito.

Lo sorseggiavo lentamente, incrociando lo sguardo di Domenico. Un desiderio mi pervase: stringerlo, accarezzarlo, proteggerlo. Quando la grappa finì, si avvicinò, mi baciò appassionatamente, mi abbracciò:

Rimani con me, Ginevra. Ti darò un mondo intero. Non ridere.

Non rido, Domenico. Sei così delicato! La testa mi gira, risposi, sentendo un caldo conforto.

Domenico, con il tocco delle sue dita, sussurrò:

Il cieco sente tutto, il sordo vede tutto.

Il mattino seguente, la madre di Domenico, Maria, comparve come ogni mattina, pronta a preparare la colazione. Non sembrava sorpreso nel vedermi a letto.

Buongiorno, mamma. Stiamo ancora riposando, annunciò Domenico allegro.

Non preoccupatevi, preparo subito la colazione, sorrise la signora, accorrendo in cucina.

Domenico, ieri sera ho guardato il cielo. È possibile? chiesi, stupita.

Ginevra, temo di abituarmi a te. Eppure, so che non sono tuo. Che tristezza, amore mio, rifletté.

Colazione pronta, bambini! gridò Maria dalla cucina.

Bevve caffè, mangiammo panini, ridemmo.

Grazie, mamma. Oggi ho lezione, vado a prepararmi. Ginevra, ti aspetto, disse Domenico, dirigendosi verso la sua stanza.

Maria, chiudendo la porta, mi confidò sottovoce:

Ginevra, il mio Domenico si è innamorato davvero di te. Hai portato luce nella vita di mio figlio, non voglio che poi conosca linferno. Come si dice, non si mette il cieco al timone. Ti prego, non spezzare il suo cuore. Hai la tua vita, luminosa. A ogni cieco sembra di poter vedere. Il mio Domenico è ormai sventurato. Non aumentare i miei dolori. Non tornare più, Ginevra. Troverò io qualcosa per consolare Domenico.

Rimasi perplessa, confusa. Capivo che lavventura con Domenico era temporanea; non avremmo potuto costruire una vita insieme, né mi avrebbe chiesto di sposarmi. Ma non ero pronta a tradirlo, a lasciarlo allimprovviso. Mi ero innamorata, lanima mia era legata a lui.

Così cominciai a visitare Domenico solo quando sua madre era assente. Non volevo incontrarla, né guardarla negli occhi.

Passò un anno. Il nostro legame divenne ancora più forte, indissolubile. Il cieco mi donava luce. Annunciavo a tutti che avrei sposato un cieco. Un giorno, entrando da Domenico, lui mi disse:

Ginevra, non dobbiamo più vederci. Ti libero. Vai via.

Il mio cuore si spezzò in mille frammenti. Lacrime, crisi, sconcerto. Pensai di non sopportare la separazione. Domenico non vide, né sentì quel nostro dramma.

Mi sposai due volte. Con passione, amore, emozioni. Nessuno fu mai come Domenico.

E così, guardando indietro, con il tempo che scivola via come sabbia, conservo ancora il profumo di quel ricordo, la dolcezza di un amore che, seppur cieco, mi ha mostrato la luce più pura.

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