Semplicemente Semenzio Lombardi non aveva mai fatto un regalo a sua moglie, con la quale aveva vissuto felicemente per ben vent’anni. Non era mai capitato. Con Valeria si erano sposati in fretta, un mese dopo essersi conosciuti.
E anche i loro appuntamenti erano stati rapidi, senza regali. Arrivava al paesino dove Valeria viveva, le fischiava sotto la finestra. Lei usciva di corsa di casa e insieme si sedevano sulla panchina davanti al cancello, rimanendo fino a mezzanotte, scambiandosi qualche parola di tanto in tanto.
E la baciò per la prima volta solo dopo averla chiesta in moglie. Celebrarono il matrimonio e iniziò la vita con le sue frenesie e preoccupazioni. Semenzio si rivelò un ottimo marito. Allevò un sacco di bestiame. Anche Valeria era una gran lavoratrice. L’orto era l’invidia delle vicine. Poi arrivarono i figli: pannolini, tutine, malattie infantili. Con tutto quello, i regali passavano in secondo piano. Bastava avere un posto dove riposare. Le feste passavano in modo semplice, celebrate con banchetti comuni. E così scorreva la loro vita, forse modesta, piena di fatiche quotidiane, ma tranquilla e serena.
Una volta, Semenzio andò con il vicino a vendere patate e lardo al mercato del paese, proprio prima dell’8 marzo. Di recente aveva aperto la cantina, selezionato le patate e deciso di venderne una parte. E il lardo… perché lasciarlo lì? Presto avrebbero macellato il maiale e ne avrebbero avuto di fresco. Ecco Semenzio al mercato. Un freddo piacevole, non troppo intenso, con un’aria già primaverile. Vendette tutto in un batter d’occhio. Il lardo andò via in un attimo. Le patate furono prese come fossero una rarità. “Ho fatto buoni soldi,” pensò soddisfatto Semenzio. “Valerina sarà contenta.”
Mise i sacchi nella macchina del vicino e si avviò per i negozi. La moglie gli aveva chiesto di comprare qualche cosa di utile.
Per prima cosa, seguendo un’abitudine di anni, entrò in un’osteria per festeggiare il successo della vendita. No, non era un ubriacone. Ma credeva fermamente che, se non avesse brindato con un bicchiere al buon affare, la prossima volta non avrebbe avuto fortuna. Bevuto il doveroso cicchetto, Semenzio si incamminò per la strada affollata, in ottimo umore. Guardò le vetrine, i passanti. Poi, quasi inciampò con lo sguardo su una scena. Davanti a una grande vetrina c’era una giovane coppia. La ragazza, fresca e giovane come il suo compagno, un ragazzo altrettanto giovane.
La ragazza fissava incantata un vestito appeso a un manichino nella vetrina.
“Lucia, andiamo, cosa ti fermi a guardare quel vestito?”
“Guarda che meraviglia, mi starebbe perfetto.”
“Ma che sciocchezza!”
“Sei un cretino, Roberto, è l’ultimo grido. Stile retrò. Regalamelo per l’8 marzo, dai!”
“Lucia, sai benissimo che siamo a corto di soldi. Se lo compro ora, poi come facciamo a tirare avanti questo mese?”
“Ce la caveremo, su, Roberto? Lo voglio tanto. Siamo sposati da un anno e non mi hai mai fatto un regalo, neanche a Natale.”
“Lucia, ma cosa mi combini? Dovremo mangiare solo patate e cavolo?”
“Roberto, tesoro, ti amo,” e Lucia, senza vergogna, gli diede un bacio sulle labbra e lo trascinò nel negozio.
Il ragazzo alzò le spalle, notando lo sguardo di Semenzio, come a dire: “Che ci posso fare, amico… le donne sono così.” Poco dopo la coppia uscì dal negozio. Lucia rideva felice, stringendosi riconoscente al marito. Presto scomparvero nella folla. Semenzio rimase pensieroso. Si fermò a guardare il vestito in vetrina. Era davvero una bella cosa. Semplice, con dei fiori, simile al vestito che Valeria indossava quando uscivano insieme.
Qualcosa si mosse nel suo cuore. Forse un ricordo della gioventù, o forse si era riconosciuto in quella coppia. Un’emozione da tempo dimenticata gli scorrò nelle vene. E improvvisamente pensò: “Non ho mai fatto regali alla mia Valeria. Non c’è mai stato tempo. E poi li consideravo una frivolezza. Ma guarda quel Roberto, pronto a vivere di stenti pur di far felice la moglie. Vuol dire che davvero l’ama. E io? Amo Valeria? Prima del matrimonio credevo di sì. Poi tutto si è appannato. Abbiamo vissuto così, semplicemente. Niente di che ricordare. Solo routine. Eh, la vita è una scatola di latta!”
Quella felicità rubata di nascosto lo scosse così tanto che, con un dolore al cuore, sentì il bisogno di provarla lui stesso.
Deciso, entrò nel negozio. Una giovane commessa gli si avvicinò:
“Posso aiutarla?”
“Sì, ragazza. Vorrei quel vestito lì, quello esposto in vetrina.”
“Oh, è l’ultimo grido, stile retrò, pura seta. Sua figlia ne sarà felice.”
“Non è per mia figlia, è per la padrona di casa,” rispose burbero Semenzio.
“Oh, che gioia per lei!” cinguettò la ragazza, impacchettando l’acquisto.
“Quanto costa?”
La commessa disse il prezzo e Semenzio si bloccò. Una cifra enorme, per lui.
“Perché così caro?” chiese brusco. La ragazza spiegò con pazienza:
“È un modello di un famoso stilista.”
Semenzio esitò. I soldi gli facevano pena. Ma poi gli tornò davanti agli occhi il viso felice di Lucia. E si decise.
“Lo prendo,” contò le banconote e uscì dal negozio col pacchetto, soddisfatto della sua scelta. Arrivò anche il vicino. Tornarono a casa di buon umore. Il vicino si vantava: era stata una giornata redditizia, portava a casa ogni centesimo.
“E tu?”
“Cosa io?”
“Quanto hai guadagnato?”
“Ma che t’importa dei miei soldi?” si irritò improvvisamente Semenzio.
“Dai, dai, perché ti arrabbi?” si stupì il vicino del suo umore cupo.
Arrivati a casa, Valeria non era ancora tornata dalla fattoria. Semenzio diede da mangiare agli animali, pulì il letame, diede da bere ai maiali. Lavorava, ma il cuore gli pesava. Aveva fatto una buona azione, comprato un regalo, perché quel senso di colpa? Sputò per terra ed entrò in casa. Si versò un bicchierino e lo bevve, poi un altro. Così si calmò un po’.
La porta si aprì. Valeria arrivò, cupa come sempre. Vide il marito seduto a tavola:
“Cosa fai lì? Com’è andata?”
“Bene. Ecco i soldi.” Valeria li contò.
“Sono pochi, hai avuto perdite?”
“No, è che… c’è una cosa. I soldi rimasti sono in quel pacchetto.” Valeria, sempre imbronciata, tirò fuori il vestito.
“Questo l’hai comprato per Marianna? Ma è troppo grande per lei, hai speso i soldi per niente.”
“È per te,” disse improvvisamente timido Semenzio, “un regalo per l’8 marzo.”
“Per me?” chiese incredula Valeria, poi ancora dubbiosa, “Davvero per me?”
“Sì, sì,” si rinfrancò Semenzio, sentendo che non avPoi Valeria sorrise, e per la prima volta in vent’anni, Semenzio si sentì veramente felice.