LUI VIVRÀ CON NOI…

Il campanello suonò con un suono fastidioso, annunciando che qualcuno era arrivato. Lucia si tolse il grembiule, si asciugò le mani e andò ad aprire la porta. Sulla soglia c’era sua figlia insieme a un ragazzo. La donna li fece entrare nell’appartamento.

“Ciao, mamma,” la baciò sulla guancia la figlia, “Ti presento Vito, vivrà con noi.”

“Buongiorno,” salutò il giovane.
“E questa è mia mamma, zia Lucia.”
“Lucia Maria,” la corresse lei.
“Mamma, cosa c’è per cena?”
“Purè di piselli e würstel.”

“Io non mangio il purè di piselli,” rispose il ragazzo, si tolse le scarpe e si diresse verso la stanza.
“Dai, mamma, Vito non mangia i piselli,” fece occhi grandi la ragazza.
Lui si sistemò sul divano, gettando a terra lo zaino.
“Questa, in realtà, è la mia stanza,” disse Lucia.
“Vito, vieni, ti mostro dove vivremo,” chiamò Antonella.
“Qui mi piace,” borbottò il ragazzo, alzandosi dal divano.
“Mamma, intanto pensa a cosa dar da mangiare a Vito.”
“Non lo so, abbiamo ancora mezzo pacchetto di würstel,” scrollò le spalle Lucia.
“Va bene, con senape e ketchup, e un po’ di pane,” replicò lui.
“Perfetto,” riuscì solo a dire Lucia, dirigendosi in cucina. “Prima portava a casa gattini e cagnolini, e ora questo… e pure da sfamare.”

Si servì del purè, mise due würstel abbrustoliti nel piatto, aggiunse un po’ d’insalata e iniziò a cenare con gusto.
“Mamma, ma perché mangi da sola?” entrò in cucina la figlia.
“Perché sono tornata dal lavoro e ho fame,” rispose Lucia, masticando un würstel. “Chi vuole mangiare, si serve da solo o si cucina. E ho una domanda per te. Perché Vito vivrà con noi?”
“Come perché? È mio marito.”

Lucia quasi si strozzò.
“Come marito?”
“Be’, sì. Tua figlia è grande e decide da sola se sposarsi o no. Tra l’altro ho già diciannove anni.”
“Non mi avete neanche invitata al matrimonio.”
“Non c’è stato nessun matrimonio, solo il municipio. Siccome siamo marito e moglie, vivremo insieme,” rispose Antonella, guardando la madre che mangiava.
“Be’, vi faccio le congratulazioni. E perché niente matrimonio?”
“Se hai soldi da spendere per un matrimonio, puoi darli a noi, troveremo come usarli.”
“Capisco,” Lucia continuò a mangiare, “E perché proprio qui?”
“Perché loro hanno un monolocale e vivono in quattro.”

“Quindi affittare non era un’opzione?”
“Perché dovremmo affittare se c’è la mia stanza?” si stupì la figlia.
“Chiaro.”
“Allora, ci dai qualcosa da mangiare?”
“Anto’, la pentola con il purè è sul fornello, i würstel nella padella. Se non basta, c’è ancora mezzo pacchetto in frigo. Servitevi.”
“Mamma, non capisci, hai un GENERO,” enfatizzò Antonella.
“E allora? Devo fare la tarantella per festeggiare? Anto’, sono stanca, basta rituali. Avete braccia e gambe, arrangiatevi.”
“Ecco perché non sei sposata!”

Antonella guardò la madre con rabbia e uscì sbattendo la porta. Lucia finì di mangiare, lavò i piatti, pulì il tavolo e andò in camera. Lì si cambiò, prese la borsa con gli abiti da ginnastica e andò in palestra. Era una donna libera, e qualche sera alla settimana la passava tra pesi e piscina.

Verso le dieci tornò a casa. In cerca di una tazza di tè caldo, trovò la cucina in disordine: qualcuno aveva tentato di cucinare. Il coperchio della pentola del purè era sparito, e il piatto si era seccato e screpolato. La confezione dei würstel era sul tavolo, insieme a del pane raffermo senza sacchetto. La padella era bruciata e qualcuno l’aveva graffiata con una forchetta. Nel lavello c’era una pila di piatti sporchi, e sul pavimento una pozza di qualcosa di dolce. Nell’aria, odore di sigarette.

“Wow, questa è nuova. Antonella non ha mai fatto una cosa del genere.”

Aprì la porta della camera della figlia. I due bevevano vino e fumavano.
“Antonella, vai a pulire la cucina. E domani compri una padella nuova,” disse la madre, tornando in camera sua senza chiudere la porta.
Antonella balzò in piedi e la seguì.
“Perché dobbiamo pulire noi? E dove prendo i soldi per una padella? Non lavoro, studio. Ti dispiace per due piatti?”
“Ascolta, Anto’, conosci le regole di casa: chi sporca, pulisce. Chi rompe, compra. Ognuno si arrangia. E sì, mi dispiace per quella padella, non costa due spicci, e ora è rovinata.”
“Non vuoi che stiamo qui,” sbottò la figlia.
“No,” rispose Lucia calma.
Non aveva voglia di litigare, e Antonella non si era mai comportata così prima.
“Ma qui c’è anche la mia parte.”

“No, l’appartamento è tutto mio. L’ho comprato con i miei soldi. Tu sei solo registrata qui. Non risolvere i problemi a mie spese. Se volete vivere qui, rispettate le regole,” disse Lucia con voce pacata.
“Ho già passato una vita con le tue regole. Sono sposata e ora non puoi decidere per me,” strillò Antonella. “E poi, hai già vissuto, dovresti cedercelo.”
“Vi cedo il corridoio del palazzo e la panchina sotto casa. Allora, gioia mia, ti sei sposata? Senza chiedermi. Tu dormi qui sola, o con tuo marito, ma altrove. Lui non vivrà qui,” rispose dura Lucia.
“Fottiti il tuo appartamento. Vito, andiamo via,” urlò Antonella, iniziando a fare le valigie.

Cinque minuti dopo, il nuovo genero entrò nella stanza di Lucia.
“Ehi, mamma, stai calma e tutto andrà liscio,” disse, traballando per l’alcol, “Io e Antonella non ce ne andiamo a quest’ora. Se ti comporti bene, magari stasera faremo l’amore piano.”

“Che mamma e papà,” si indignò Lucia, “I tuoi genitori stanno a casa loro, torna da loro e portati pure la tua sposina.”
“Ah sì? Adesso ti sistemo io,” il ragazzo alzò il pugno e glielo puntò davanti al naso.
“Ah sì? Aspetta.”
Lucia gli afferrò il polso con le unghie perfette, stringendo con tutta la sua forza.
“Ahi! Lasciami, pazza!”
“Mamma, che fai?” urlò Antonella, cercando di separarli.
Lucia la spinse via e colpì Vito con un ginocchio all’inguine, poi con un gomito alla gola.
“Ti denuncio per percosse,” gemette lui.
“Aspetta, chiamo i carabinieri, così è più facile,” rispose Lucia.

I due giovani se ne andarono, lasciando il confortevole bilocale.
“Non sei più mia madre,” gridò Antonella prima di uscire, “E non vedrai mai i tuoi nipoti.”
“Che tragedia,” commentò ironica Lucia. “Finalmente vivrò per me.”
Guardò le mani: qualche unghia era rotta.
“Solo danni con voi,” borbottò.

Dopo che se ne furono andati, pulDopo qualche mese, Lucia incontrò Antonella al mercato, e senza dire una parola le comprò una confezione di pandoro, poi tornò a casa con un sorriso leggero, sapendo che la vita, alla fine, aveva sempre un modo per aggiustarsi.

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