L’Ultima Estate nella Casa di Campagna

L’estate conclusiva della villetta
La nebbia, lieve e densa, scorreva come un lenzuolo morbido sull’acqua del fiume. Rosa Moretti sedeva sul poggiolo della sua villetta in Toscana, osservando il primo raggio di sole che tingeva il cielo di un’aurora color avorio. Era una tradizione per lei: l’estate cominciava sempre così, con il freddo pomeridiano, un aroma di legna accesa dal vicino, e la sera che si allungava come una strada senza fine. Ma quell’estate era diversa. Era l’ultima.

— Nonna, perché non dormi? — Chiara, la nipote, comparve sulla soglia, con gli occhi mezzo chiusi e i riccioli arruffati.
— Sto aspettando una magia, — rispose Rosa con dolcezza, spostandosi di lato senza smettere di guardare. — Vieni, guarda. Così presto, non hai mai visto un’alba così…

Chiara si sedette accanto alla nonna, poggiandole la testa sulla spalla. Aveva quattordici anni e, malgrado l’età, sapeva che questa estate era speciale. Da quando aveva saputo della vendita della casa, ogni foglia, ogni fiore, ogni albero sembravano parlare di addii celati da un sorriso.

— Nonna, magari ci ripensi? — chiese, come ogni mattina, con la voce incrinata dalla preghiera.
— Piccola, non posso più prendere cura di questo posto. Le mie forze sono finite, il tetto necessita di riparazioni, e i miei soldi… — Rosa fece un gesto vago con la mano, come per allontanare un pensiero doloroso.

— Papà e mamma ci aiutano, lo sai! — insistette Chiara.
— Tuo padre è sempre al computer, tuo madre al telefono per lavoro… — sorrise Rosa, con una traccia di tristezza. — Sapete entrambe quanti anni passiamo lì in mezzo al verde, ma non sempre riescono a scendere una domenica. Con questo caldo…

— Non è vero! Ricordati quando papà ha riparato il cancello l’anno scorso! — protestò la ragazza.
— Sì, — disse Rosa, — e l’ha pagato cara: due giorni sdraiato in poltrona con la pancia. E tua madre, quando si svegliava, si lamentava come se l’avessi torturata!

— Nonna… — mormorò Chiara, avvicinandosi di più.
— No, bimba. Questa estate è finita prima del tempo. Ma promettimi di apprezzarla fino all’ultimo respiro.

Rosa rientrò in casa, con le spalle curve, e mise a bollire l’acqua per il the. Oggi arrivavano gli zii: Antonio e sua moglie Mariella.

Quando il sole raggiunse il mezzo cielo, la villetta si riempì di sorrisi e di rumore.

— Rosina, guarda che ti ho portato! — urlò Antonio entrando con due fasci di pomodori.
— A cosa servono? Se la casa la vendi, no? — commentò Mariella con aria canzonatoria.
— Per fare un bel pranzo, ecco! — replicò Rosa, abbracciando tutti. — Prima che finisca, forse?

— Che peccato — sospirò Antonio, guardando i pini fuori. — Tanti anni che siamo qui, tanti racconti, tanti falò…
— Basta Antonio — disse Mariella, concludendo il discorso come sempre. — Mentre tu vai a controllare i pomodori, io vado a lavorare in giardino.

Chiara, nel frattempo, vagava tra i cespugli, toccando ogni ramo, ogni fiore, ogni albero, come se fossero la sua memoria. C’era l’ulivo vecchio, su cui una volta si era rotta l’altra caviglia; il pergolato abbandonato in cui lei e l’amica Giulia avevano costruito nidi finti con foglie di corolla; e l’angolo segreto dove nascondeva i regali di compleanno non ancora aperti.

— Ah, sognatrice! — gridò Mariella. — Vieni a pulire i tuberi!

Durante il pranzo, tutti raccontarono storie di lavoro, di referendum, di attualità, ma Rosa faceva un silenzio lungo. Però, ogni tanto, parlava del primo incontro con suo marito, quando avevano acquistato la villa.

— Allora era piena di rovi — ricordò, tagliando i cetrioli. — Giacomo disse: “Rosa, questo è il posto giusto. Qui metteremo un gazebo, lì un ruscello per le rose, e là… là una piscina!
— La piscina non l’hai mai messa — fece notare Antonio, versando il vino.
— Perché… perché non ce fu tempo… — disse Rosa, con una voce quasi mesta. — Adesso l’ospitalità finisce qui.

Chiara ascoltava in silenzio, mordendosi le labbra.

— E chi è l’acquirente? — chiese Mariella, per rompere il silenzio.

— Una famiglia con un bambino — rispose Rosa, rianimandosi. — Loro sì che ameranno questo posto. Lui è un fotografo viaggiatore, lei una parrucchiera. Vivono in centro, ma qui costruiranno una casa…

— Quando chiudete l’affare?
— Fina agosto. Hanno pagato un acconto.
— Forse ci penseranno due volte… — suggerì Chiara con voce incerta.
— No — disse Rosa con decisione. — Hanno già pensato al progetto. Qui, forse, si sentiranno a casa.

Dopo pranzo, gli uomini andarono a sistemare il tetto del gazebo, mentre le donne si dedicarono a quelle lucertole di conserve.

— E dove metterai tutte queste bottiglie? — chiese Mariella.
— Le darò — rispose Rosa con semplicità. — Una parte ai miei cari, una ai vicini…

— E perché non la vendi, se non sai farne uso? — disse Mariella a voce bassa, mentre mettevano le caramelle dentro.
— Ho preso una decisione. Non è solo per i soldi. È un momento. Ho vissuto con Giacomo tanti anni qui. Ora è il momento di lasciare andare il resto. Guardate, chi sa cos’ha in mente questa famiglia…

La sera, tutti si riunirono intorno al fuoco, accanto al vecchio faggio. Antonio aveva acceso il bracier, Mariella conosceva bene il macello, e Chiara distribuiva stoviglie con le mani tremanti.

— Una villa senza arrosticini? Non è una villa! — disse il padre con voce forte, aprendo una birra.

Tutti sorseggiarono, le risate coprirono il rumore delle foreste, e i ricordi si mescolarono con i piani per il futuro.

— Avete idea di chi viveva qui prima di noi? — chiese Rosa, improvvisamente.
— Roba di fantasmi! — rise Antonio. — Era un canto di uccelli e zanzare, niente più.
— No — disse Rosa. — Io ho trovato un vecchio muro, là vicino agli ulivi. Una signora anziana disse che lì c’era un maso. Un uomo partì, non tornò, e la moglie lo lasciò. Il muro crollò. Ora è solo un ricordo. Ma… forse anche il ricordo è parte del posto.

Chiara non dormì. Uscì fuori, seduta sulle scale, ascoltando il canto delle cicale e il vento.

— Non riesco a prendere sonno — disse Rosa, che l’aveva seguita.
— Sto cercando di ricordare tutto. Ogni rumore, ogni fiore.
— Anch’io — disse Rosa. — Stai aspettando qualcosa?
— No, stavo solo pensando a voi tutti…
— Ebbene, nonna Rosa.

Al mattino, arrivarono i nuovi proprietari. I documenti furono firmati, le chiacchiere concluse.

— Questa casa ha belle storie — disse la donna, abbracciando Rosa.
— Ce ne sono tante — disse Rosa, dandole la scatola con la lettera. — Una vecchia cartella. Che ne dite se la tenete voi?

Lungo il tragitto per casa, Rosa fece un sorriso strano.

— E dove andiamo ora? — chiese Chiara.
— A nord. Vorrei andare lassù, al Lago di Como. Un posto dove non sono mai stata.
— A che età?! — rise Chiara.
— A settantotto anni, che cosa importa? L’estate finisce qua, ma l’altro mondo non cessa mai.

L’auto si infilò lentamente nella strada, scomparendo oltre le colline. La villa, con il suo verde e il suono del fiume, rimase indietro. Ma il cuore di Rosa e Chiara era pieno. Una casa non è solo di mura, ma di ricordi, di famiglia. E per quanto si viaggi, si sarà sempre a casa.

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