— Ti ammazzo, stronza!
Giorgio batteva i pugni contro la porta di casa, mentre i vicini cercavano di calmarlo:
— Dai, Giorgio, che fai? Domani ti ritroverai a chiedere scusa come al solito! Non ti vergogni? Avete due bambini, tua moglie Laura non ti ha mai dato un motivo, e tu la fai passare per quella che non è!
Giorgio si girò verso il cancello:
— Che fate qui, spettacolo? Andatevene!
Nessuno si mosse. La vicina, zia Rosa, gli disse:
— Giorgio, ma che ti prende? Ci sarà pur un motivo, no?
— Il motivo? Laura è il motivo! Io… io le do tutta l’anima, e lei? Sorride a tutti, si è chiusa in casa, e con chi sarà?
Giorgio scese dal portico, si sedette sulla panchina. Parlava con una voce stanca, piagnucolosa, una tonalità strana e sgradevole per un uomo robusto come lui.
Zia Rosa gli parlò con dolcezza:
— Non è giusto parlare male di tua moglie… È una brava donna. Onesta.
Giorgio, ormai a fatica, rispose:
— Non mi ama, zia Rosa… Io sono di campagna, lei di città, e mi tradisce sotto il naso.
— Sciocchino… Dove si trova un cretino come te…
Ma Giorgio non la sentì più. Si era addormentato, col capo chino sul petto. Zia Rosa gli diede una spintarella gentile, qualcuno gli mise il cappello sotto la testa, e lui si stese sulla panchina.
— Ecco, ora fino a quando non si sveglia, resterà qui.
***
Quindici anni prima, Giorgio era partito per la città per prendere il patentino da escavatorista. Il paese cresceva, si costruivano case. Dicevano che tra poco si sarebbe potuto chiamare città. Tante famiglie, tante abitazioni. E poco importava che non ci fossero palazzi, che i servizi fossero comuni: l’importante era la gente.
Nella comunità c’era una squadra edile. Costruivano case per i tecnici, e ora volevano fare un circolo. Non uno qualunque, perché quello che avevano era in una semplice casetta di legno. Volevano un edificio in muratura, a due piani, con attività per tutti.
Avevano anche un escavatore e altri macchinari, ma mancavano gli operatori. C’erano autisti e trattoristi, ma gente specializzata no. Così scelsero Giorgio e Luca, dall’altra parte del paese, e li mandarono in città a formarsi.
Giorgio e Luca non erano mai stati amici. Anzi, non si sopportavano. Colpa delle ragazze, che gli piacevano sempre le stesse. Si erano pure menati un paio di volte.
In città li sistemarono nella stessa stanza, e dovettero per forza parlarsi. Luca gli disse subito:
— Io qui troverò una ragazza del posto, e resterò in città.
Giorgio era sbalordito:
— Come? La comunità paga per te, e tu vuoi restare?
Luca rise:
— Ma sei scemo? Tutti lo fanno. Che ci fai in campagna?
Giorgio sbuffò:
— Eh, certo, con quella faccia…
Tre giorni dopo, Giorgio vide Luca con una ragazza. La vide, e perse la testa. Si innamorò all’istante di Laura.
Quella sera chiese a Luca:
— Chi era quella ragazza con te?
— Ah, Laura. È di qui, vive con la nonna. Presto la casa sarà sua.
— Ti sei innamorato?
— Scherzi? Piatta come una tavola, a me piacciono quelle curve…
Giorgio gli mollò un pugno. Poi un altro. Luca si asciugò il naso e disse:
— Ah, quindi ti è piaciuta… Beh, guarda, piangerai quando la sposo io e poi la tradisco a destra e a manca! E lei mi aspetterà a casa, perdonandomi sempre.
Il giorno dopo, appena Luca uscì, Giorgio lo seguì di nascosto. Vide che Luca incontrò Laura, le mise un braccio attorno alla vita con aria possessiva, e allora gli saltò addosso.
Giorgio le rivelò tutto. Laura li guardò sbalordita, prima lui, poi Luca, poi disse:
— Andatevene, — e se ne andò.
Loro due si picchiarono di nuovo. Lo stesso giorno, Luca si accordò con l’amministratore e si trasferì in un’altra stanza. E Giorgio iniziò a pedinare Laura giorno e notte.
La ragazza lo ignorava, faceva finta di non vederlo. Dopo due settimane si fermò:
— Quanto ancora mi segui? E se invece mi invitassi al cinema?
Portò con sé in paese non solo Laura, ma anche la nonna anziana. La nonna morì dieci anni dopo, quando loro avevano già due figli.
Giorgio avrebbe scavato la terra a mani nude per la famiglia. Costruì una casa, una recinzione come nessun altro ne aveva. I bambini avevano le bici più costose. Laura faceva l’infermiera. Giorgio la trattava come una regina.
Un anno fa, accadde l’impensabile. Luca tornò al paese. Chissà, forse la moglie cittadina non lo voleva più, gli aveva preparato in fretta la valigia e lo aveva rimandato a casa sua.
Quando Giorgio seppe del suo ritorno, arrivò a casa nero in volto. Laura lo guardò sorpresa:
— Giorgio, che succede?
Lui prese una bottiglia dallo scaffale, si versò da bere, tracannò. Laura si sedette spaventata. Non lo aveva mai visto così. E lui beveva solo una volta all’anno, per le grandi occasioni.
Giorgio la fissò cupo:
— Luca è tornato.
Laura aggrottò la fronte.
— Luca? Quale Luca?
— Quello con cui tu…
Laura rise:
— Ah, capisco. Non è riuscito a sistemarsi in città?
Poi si fece seria:
— E allora? Che c’entra con noi?
— Laura, ti dico una cosa… Se scopro qualcosa, ti ammazzo!
Laura alzò le sopracciglia:
— Giorgio, cosa dovresti scoprire? Non ti capisco oggi!
— Lo capirai dopo!
Da quel giorno, la pace in famiglia finì. Sobrio, Giorgio ascoltava Laura, annuiva:
— Sono un idiota, Laura… Perdonami…
Laura perdonava. Ma non passava un mese che lui ricominciava a bere e tutto si ripeteva. Ogni volta le scenate peggioravano. Ma, per quanto la insultasse, non le alzò mai un dito.
***
La mattina dopo, Giorgio si svegliò nella legnaia. Probabilmente si era rifugiato lì per sfuggire alle zanzare. Cercò di ricordare la sera prima, e si prese la testa tra le mani.
— Dio… Ancora…
Guardò con cautela: in cortile non c’era nessuno. Dovevano essere le sette del mattino. Con qualche passo veloce, si diresse verso casa.
Laura era seduta al tavolo. I bambini, spaventati e tristi, sul divano. E in mezzo alla stanza c’era una grossa valigia e due sacchi.
— Laura, cos’è tutta questa roba?
— Le nostre cose, Giorgio. Io e i bambini non possiamo più vivere così. Ce ne andiamo. Andiamo in città. Sistemeremo la casa e vivremo in pace, senza vergogna e senza scenate.
Giorgio sentì i postumi della sbornia svanire all’istante.
— Laura, ma cosa dici? Non esagerare… Ho bevuto, ho detto stupidaggini, sono un imbecille…
— Ultimamente fai sempre l’imbecille. Hai pensato a me? Ai bambini? Non sono solo gli adulti a vedere i tuoi spettacoli, ma anche i ragazzini, e poi gli altri deridono i nostri figli.
— Laura, ti giuro che non…
— Me l’hai già detto. Tante volte quE mentre la musica del paese riempiva l’aria e tutti ridevano, Giorgio strinse la mano di Luca, sorrise a Laura accanto a lui, e capì che finalmente aveva trovato la pace.