**Ultimo Sacrificio**
“Mamma, devo parlarti.” Che inizio sospettoso, pensò Irene, guardando il figlio con apprensione.
Simpatico, intelligente. Era sempre stato un ragazzo ubbidiente, senza darle problemi. Poi, all’ultimo anno del liceo, si era innamorato per la prima volta. Aveva cominciato a saltare le lezioni, a prendere voti bassi. Lei aveva provato a parlargli. Scoprì che la ragazza non lo ricambiava. Le piaceva un altro, figlio di genitori benestanti.
Per quanto Irene cercasse di convincerlo che il primo amore è il più sincero, che i soldi non c’entravano, che semplicemente lei non lo amava, lui non l’ascoltava. Si era fissato: se avessero avuto più soldi, una macchina bella, allora l’avrebbe amato.
Era così sconvolto da quell’ingiustizia che Irene aveva temuto per la sua vita. Trovò uno psicologo che potesse parlargli da uomo. E alla fine Matteo si riprese. Superò la maturità, si iscrisse all’università. E, naturalmente, si innamorò di nuovo.
Alla fine del primo anno, annunciò che molti studenti vivevano da soli e che anche lui voleva affittare un appartamento, diventare indipendente.
“E con cosa pagherai l’affitto? È caro. Io non posso aiutarti, sai quanto guadagno. Hai diciotto anni, tuo padre non paga più gli alimenti. Oppure vuoi lasciare l’università, passare a una telematica?” chiese Irene.
“Ho parlato con papà, mi aiuterà all’inizio,” rispose il figlio.
“L’hai visto? Perché non me l’hai detto?” si indignò Irene.
“Tu mi avresti dissuaso. Sei tu che hai divorziato da lui, non io,” ribatté Matteo con tono aggressivo.
“Sai che dopo il divorzio ha cambiato subito lavoro? Si è fatto pagare meno in busta paga per ridurre gli alimenti. Quindi ha mollato me, ma anche te. Sei sicuro che non ti inganni? Dubito che ti aiuti senza secondi fini. Ti darà qualche mese di affitto, poi troverà una scusa e smetterà. E allora? Inoltre ha un’altra figlia. O sarà la famiglia di Alice ad aiutarti?” Con il cuore di madre, Irene capì che il figlio nascondeva qualcosa.
Lo pressò a lungo, finché Matteo cedette.
“Ho detto ad Alice che l’appartamento è mio, ereditato da nonna paterna. Che non dobbiamo pagare l’affitto,” confessò.
“Quindi le hai mentito? E i suoi genitori non vi aiuteranno? Come vivrete?”
“Alice non ha detto nulla ai suoi. Sono severi. Le mandano soldi ogni mese, dovrebbero bastare.”
“Quindi anche lei mente ai suoi genitori. Ha paura di dirgli la verità, ma non di vivere a spese altrui? Fammi indovinare: le hai detto che tuo padre è ricco, così non sceglierà un altro, vero? Ma prima o poi la verità verrà fuori. E allora?”
“Sì, le ho detto che mio padre ha i soldi e che ho un appartamento. E che dovrei fare, mamma? Purtroppo contano solo i soldi. E noi non li abbiamo. Le ragazze sceglieranno sempre altri. Quando avrò i soldi, sarò vecchio.” Matteo era arrabbiato perché lei non capiva.
“Non è giusto iniziare così. Sii sincero con lei. Se ti ama, capirà…”
“Basta, mamma. Ho deciso. Prenderò l’appartamento. Non dovevo dirtelo. Non ci sposiamo, se non funziona ci lasciamo. Stai esagerando.”
Irene non dormì tutta la notte. Al mattino, provò ancora a dissuaderlo, ma lui fu sgarbato e scappò senza fare colazione. Quando tornò dal lavoro, parte delle sue cose era sparita. Non riusciva a crederci. Non si aspettava che il suo Matteo, il suo ragazzo dolce e sensibile, se ne andasse così, di nascosto, senza nemmeno salutarla.
Quella sera lo chiamò. Ma non riuscirono a parlare bene, c’era musica alta. Forse festeggiavano l’inizio della nuova vita. Capì solo che aveva paura delle sue lacrime, le chiese scusa. Si sentì un po’ sollevata.
Camminò per casa sconvolta. Chiamò le amiche, cercando conforto. Una le disse che era egoismo materno, che doveva lasciarlo andare. L’altra non aveva avuto problemi perché il marito non aveva permesso alla figlia di fare come voleva.
Sua madre la biasimò: era colpa sua, l’aveva viziato, dandogli tutto e privandosi. Avrebbe potuto risposarsi, se avesse pensato anche a sé.
Tutti avevano ragione. Non si assolveva. Ma come fare? Era una madre, avrebbe dato la vita per lui. Lo amava, la sua felicità veniva prima di tutto. Era l’uomo più importante della sua vita.
Si sentiva a un bivio. Qualsiasi strada scegliesse, avrebbe perso qualcosa.
Smise di tormentarsi. Matteo era suo figlio, lo amava comunque. Sperò solo che andasse tutto bene.
All’inizio lo chiamava spesso, chiedendogli come stava. Lui si irritava, diceva che era tutto ok, che non voleva controlli. Poi attaccava in fretta.
Veniva quando lei era al lavoro. Se ne accorgeva dal cibo in frigo o dai vestiti nell’armadio. Dopo due mesi, arrivò di domenica. Lei fu felice, ma capì subito che non andava bene. Era magro, sciatto. Gli offrì da mangiare. Lui finì tutto.
Gli diede quel che c’era in frigo. Non osò chiedere, ma era ovvio. Lui parlò: suo padre aveva smesso di pagare l’affitto. Chi l’avrebbe mai detto?
“Mamma, tu e nonna vivete separate. Lei è anziana, stareste meglio insieme. Potreste trasferirvi e darci uno dei vostri appartamenti?”
“Non dirle che è anziana, si offenderebbe. Ha solo sessantacinque anni. Non è solo per i soldi, vero?”
“No. Aspettiamo un bambino.”
“Non vi siete protetti?” si stupì Irene.
“Alice dice che la pillola fa male. Ho parlato con nonna, è d’accordo.”
“Davvero? Ancora una volta mi metti davanti al fatto compiuto. Perché prima parli con tuo padre, con nonna, e poi me lo dici? Io non ti ho mai negato nulla. E quale appartamento avete scelto?”
La travolsero ansia e amarezza. Era ciò che temeva: i problemi di lui ricadevano su di lei.
“Perché parli così? Alice dice che quello di nonna è vecchio e piccolo, non adatto a un bambino. Mamma, davvero, stareste meglio insieme.”
Trattenne a fatica la rabbia. Avrebbe voluto urlare, persino prenderlo a schiaffi. Promise di pensarci. Lui se ne andò, e lei si guardò intorno. Tutto le sembrava familiare, prezioso. Come poteva lasciarlo? Trasferirsi dalla madre significava rinunciare alla sua vita. Ma era mai stata padrona di sé?
Aveva ragione, l’aveva viziato. Era colpa sua. Il suo amore incondizionato non aveva portato felicità né a lui né a lei.
Sua madre la chiamò, dicendo che non era entusiasta, ma bisognava aiutarlo. Le aveva preparato spazio. Ma ci teneva alla stanza grande, con la TV. A Irene toccava quella piccola, dove aveva vissuto prima del matrimonio.
Irene non replicò. Tanto decidevano tutti per lei. PiansIrene chiuse gli occhi, prese un respiro profondo e decise che era finalmente ora di pensare a se stessa.