L’alba è gelida. La neve acceca, il vento tagliente sferza il viso e le strade sono ricoperte da una lastra di ghiaccio. Marco, autista dello scuolabus in un piccolo paese della Lombardia chiamato Montagnana, apre la porta facendo salire a bordo una folla di bambini avvolti in sciarpe, cappelli e piumini.
«Sbrigatevi, o le mie orecchie cadranno!» scherza, sorridendo.
«Marco, sei divertente!» ride una bambina di prima elementare, Sofia. «Perché non hai la sciarpa? Le mamme la comprano sempre!»
«Se la mia mamma fosse ancora qui, mi avrebbe regalato la più bella e calda!» risponde con dolce malinconia. «Per ora ti invidio, Sofia.»
«Lo dico alla mia mamma, così ne compra una anche per te!»
«D’accordo. Ora, però, sedetevi: il ghiaccio sulle strade non perdona.»
Marco non era solo un autista. Era colui che accoglieva i bambini ogni mattina con calore e simpatia. Li conosceva per nome, sapeva chi compiva gli anni e chi aveva un compito in classe. I bambini lo adoravano. A casa, però, le cose erano meno rosee.
«Marco, hai idea di quanto dovremo ancora tirare avanti con questo mutuo per la tua “passione per i bambini”?» gli dice la moglie, Elena, con voce disperata.
«Amo il mio lavoro… Troverò un modo. Te lo prometto.» Risponde con fermezza, anche se il cuore gli si stringe per il senso di colpa e impotenza.
Quella mattina, arrivato davanti alla scuola, Marco ricorda ai bambini di fare attenzione al ghiaccio.
«Giulia, niente pattinaggio sui gradini, eh!»
Quando tutti sono scesi, Marco sta per entrare nel bar più vicino per scaldarsi con un caffè e sciogliere le dita intirizzite.
Ma all’improvviso, dal fondo del bus, sente un singhiozzo soffocato.
«Ehi, piccolo, cosa c’è?» chiede, avvicinandosi.
Sull’ultimo sedile, raggomitolato, c’è un bambino. Gli occhi gli brillano di lacrime e le mani sono viola per il freddo.
«Perché non vai a scuola?»
«Fa freddo…» sussurra il bambino. «I miei guanti sono rotti, e mamma e papà hanno detto che non ci sono soldi per comprarne di nuovi.»
Marco stringe i denti. Si toglie i suoi guanti caldi e li infila sulle piccole mani ghiacciate.
«Così va meglio? Ascolta, ho un amico che fa guanti così pesanti che potrebbero scaldare un orso. Te ne porto un paio dopo scuola.»
«Davvero?» Gli occhi del bambino si illuminano. «Grazie!»
Ma Marco sa che quell’amico non esiste. È solo un’invenzione. Non va più a prendere il caffè. L’ultimo euro che ha lo spende in un negozietto vicino, comprando guanti e una sciarpa economica. La sera, quando i bambini risalgono sull’autobus, li regala al bambino.
«Tieni, piccolo. Che ti riscaldino. Non pensare ai soldi. Gli adulti penseranno a quello.»
Il bambino gli si butta al collo. Marco trattiene le lacrime, ma dentro si sente spezzare.
Due giorni dopo, viene chiamato dal preside.
«Per cosa?» pensa, bussando alla porta con ansia.
«Entri, Marco» sorride il preside. «Abbiamo saputo che ha aiutato un bambino di nome Luca. Suo padre è un ex vigile del fuomo, ferito sul lavoro, e ora la famiglia vive con una pensione misera. Il suo gesto non è passato inosservato.»
Marco tace, senza sapere cosa dire.
«E c’è dell’altro. Abbiamo scoperto la scatola davanti alla scuola…»
A quanto pare, Marco aveva posizionato un contenitore con scritto: «Hai freddo? Prendi. Rimani al caldo. Dall’autista dello scuolabus», dentro il quale aveva messo guanti e una sciarpa, comprati con il suo modesto stipendio.
Quella scatola ha cambiato tutto.
Insegnanti, genitori, dipendenti della scuola hanno iniziato a portarci vestiti. Qualcuno ha aggiunto cappelli, altri calzini pesanti. Dopo una settimana, accanto alla scatola è stato messo un cartello: «Punto della Solidarietà».
Marco viene chiamato a un’assembletta scolastica. Riceve un riconoscimento, un aumento di stipendio e la proposta di dirigere un programma di supporto per le famiglie in difficoltà.
Ma per lui, la cosa più importante era un’altra.
Vede i bambini che ora non si limitano a salutarlo, ma gli corrono incontro per abbracciarlo. I genitori che gli stringono la mano e sussurrano «grazie». La scatola sempre piena, non per obbligo, ma perché tutti vogliono donare.
«Vedi, Elena…» dice una sera alla moglie, indicando la scatola dalla finestra. «Alla fine ho trovato il modo di dare un senso a tutto questo.»
Lei lo abbraccia in silenzio.
Cosa possiamo imparare da questa storia? A volte, anche un solo gesto gentile innesca una catena di eventi che cambia vite. Marco ha donato il suo calore, e in cambio ha ricevuto molto di più. Non erano i soldi a contare. Era il fatto che la bontà ritorna. Tutto torna. Sempre.