L’ultimo estate in campagna

L’ultimo estate alla villetta
Una nebbiolina leggera, simile a un lenzuolo sottile, si stendeva sulla superficie del fiume. Antonina, avvolta in un grembiule, sedeva sul portico di una piccola villetta di campagna a Verona e ammirava l’alba. Per lei, l’estate iniziava sempre da lì: quiete, fresco e raggi dorati, mescolati all’aroma del fuoco acceso da un vicino. Non contava quante albe aveva visto prima—ogni stagione era unica, ma questa, l’ultima, le sembrava diversa.
— Nonna, perche non dormi? — si svegliò Chiara, sua nipote, con un sospiro e gli occhi appannati di sonno.
— Sto guardando. Vieni qua, guarda questo spettacolo. — Antonina strinse teneramente la ragazza al suo fianco. Chiara aveva tredici anni e, come molti adolescenti, odiava svegliarsi presto soprattutto durante le vacanze. Ma da quando aveva scoperto che la villetta sarebbe stata venduta, aveva iniziato a valutare ogni dettaglio con affetto.
— Non puoi cambiar idea? — sussurrò Chiara, poggiando la testa sulla spalla della nonna.
— Dolce, vorrei tanto, ma non ho più la forza né i soldi per mantenerla. Gli anni vanno, e la schiena non scherza più. Gli alberi crescono, e il tetto ha bisogno di riparazioni costose. I vostri genitori non possono aiutare, hanno un lavoro troppo impegnativo.
— Ma potrebbero… sono rientrati lo scorso anno a dipingere la recinzione! — protestò la ragazza.
— Lo ricordo. Poi tuo padre ha passato tre giorni a massaggiarsi la schiena e ha giurato di non toccare mai una pala. Tua madre riesce a vedere il prato solo nei weekend, e torna con le braccia doloranti.
— E allora… —
— No, non abbiamo alternative — disse Antonina con dolcezza. — Questa è l’ultima estate qui. Uso il tempo a mia disposizione per renderelo speciale. Non piangiamo; ricorderemo i bei momenti.
Antonina accarezzò i capelli di Chiara e si alzò.
— Vado a mettere la teiera. Oggi abbiamo visite. Arriva zio Rocco con sua moglie Giulia.
Chiara sorrise. Quando andavano a trovare la nonna, era sempre una festa piena di storie e cibo. Giulia, nonostante i suoi cinquant’anni, capiva le ragazze più di tanti coetanei.

Entro mezzogiorno, la villetta si riempì di rumore.
— Toni, ho portato le piantine! Tre varietà di pomodori, così mi avevi chiesto — tuonò Rocco, sollevando scatole con cura.
— E perché mai ci servirebbero? Non vendiamo? — replicò Giulia, stringendosi nelle spalle.
— Perché si mangeranno bei pomodorini d’autunno! — Antonina abbracciò i due, felice dei loro gesti.
— Peccato che la proverai? — disse Rocco, scrollando la testa. — Trent’anni che vieni qui. Tanti compleanni, tanti grigliati…
— Basta, non iniziare — lo ammonì Giulia. — Dov’è lo spazio per le cassette?

Mentre gli adulti sistemavano le verdure, Chiara si perdeva tra i ricordi. Ogni arbusto, ogni albero le ricordava storie: l’antico melo dove era caduta e si era rotta un braccio; il cespuglio di ribes dove si nascondeva con il cugino Davide; la serra inclinata, vietata ma sempre visitata.
— Ehi, la sognatrice — Giulia si avvicinò. — Vieni a sbucciare le patate!

Il pranzo fu il solito caos allegra. Rocco raccontò aneddoti del suo bar, Giulia parlò di cucina, e Antonina ricordò la volta in cui avevano comprato la villetta.
— Allora qua c’era solo erba alta — disse, tagliando cetrioli. — Georgio, che Dio lo hai benedetto, disse: “Toni, questo è il posto giusto. Là metteremo casa, là orto, là presso il fiume un gazebo per gli incontri serali”.
— Ma il gazebo non l’hai mai costruito — commentò Rocco, versando tè.
— Il tempo passa, e non si vedono i minuti. — Antonina tacque un momento. — Ora il verde sparirà.
Risero tutti, tranne Chiara, che si domandava a chi sarebbe toccato il posto.
— Chi compra? — chiese Giulia.
— Una giovane coppia con un bambino. Mi piacciono molto. Vogliono trasferirsi qui da Verona e vivere in campagna. Lui lavora da remoto.
— Quando chiudete l’affare? — domandò Chiara con un filo di speranza.
— Fine agosto. Hanno visto il posto, hanno pagato un acconto.
— Forse si ripensano… —
— No, dolce — Antonina sorrise tristemente. — Hanno già progetti; vorranno riattare la casa. Una nuova vita inizierà.

Dopo pranzo, Rocco e Davide aggiustavano il portico mentre le donne preparavano i vasetti di marmellata.
— Ma dove metterai tutte queste bottiglie? — Giulia rideva.
— Le regalo. A te, ai bambini, ai vicini. Non le mangerò.
— Forse dobbiamo pagare un po’ il rinnovo con il gruppo famigliare…
— Giulia, già abbiamo discusso. Ho preso una decisione. È il momento di riaprire il cuore. Trent’anni con Georgio, quindici da sola… è il momento di andare avanti.

Sulla collina, la sera arrivò con morbidezza. Fuori, accanto alla vecchia pera, si accesero i fuochi. Chiara e i genitori portarono le sedie.
— Una villetta senza grigliata non è una villetta — disse il padre di Chiara, aprendo una bottiglia di vino.
— Brindiamo! — Rocco alzò il calice. — A Toni, che ha dato un’anima a questo luogo!
— Brinda nonna! — Chiara sollevò una bevanda gassata.
Le storie si confusero con risate, notizie, e progetti.

— Sapevate che c’era qualcosa prima di noi? — domandò di colpo Antonina.
— No — rispose Rocco. — Solo erba.
— Ho scoperto un fondamentale vecchio fondamentale quando abbiamo comprato il terreno. Stava là, dietro gli alberi. Una vecchina di novant’anni mi disse che fu costruito per un guardaboschi e sua famiglia. Durante la guerra perse il marito, e quando i figli andarono a vivere da soli, il posto fu abbandonato.
— Perché hai nascosto questa storia?
— Verso l’anima un luogo, e ho pensato che mistero lo rendesse più bello. Ora… posso parlare. Una nuova storia inizierà.

Una volta finito di parlare, Antonina rientrò. Dall’armadio sotterraneo, estrasse una coperta vintage.
— Cos’è? — chiese Rocco.
— Un dondolo. Lo comprai ma non l’attendemmo mai. È il momento perfetto.
I ragazzi lo posero tra due betulle. L’anziana e i suoi parenti vi appoggiarono i corpi, guardando le stelle.
— Quando vedo una stella cadente, farò un desiderio. — Chiara sorrise. — Che i nuovi padroni ameranno questo posto.
— Un loro cuore ha memoria — rispose Antonina.

Il giorno dopo, i parenti se ne andarono. Chiara rimase con la nonna, aiutando a impacchettare utensili e ricordi.
— Ho trovato l’album! — gridò, aprendo il soffitto.
— Portacelo.
Le pagine ingiallite rivelarono fotografia di ragazzi come i genitori di Chiara da piccoli.
— Sono così belli insieme…
— Così siamo cresciuti.
— Non avrò mai qualcosa del genere…
— Forse si rivivrà. — Antonina le accarezzò la testa.

Dopo settimane di preparativi, il caldo agosto trascorse. Chiara si svegliò al suono dell’acqua gocciolante dal fiume. Dalla fine del terreno portò un contenitore arrugginito.
— Che cos’è? — domandò.
— Non lo so. È vicino a quel fondamentale.
Dentro c’erano vecchi fogli e fotografie. Leggendo una busta, Antonina scoppiò a piangere.
— È un messaggio di un guardaboschi che non tornò mai. Scriveva alla moglie: “Amata Anna, se trovi questa lettera, non ho mai smesso di amarti…”
— Gliela rechiamo ai nuovi padroni. Loro la ameranno.
— Sì.

Il giorno del passaggio, la coppia arrivò con un bimbo. Dopo le firme, Antonina consegnò loro la scatola.
— Questo posto custodisce molte storie. Custoditele con cura.
— Verrete a trovarci? — domandò il marito.
— Vi porterò in Sicilia. È il mio prossimo viaggio.
— Non ti senti troppo vecchi?
— Chi lo sa? Forse è tempo per me. E anche per te, Chiara. Andremo insieme. L’ultimo estate alla villetta non è fine; è inizio.

Nel cuore di Antonina e Chiara, la nostalgia si mescolava all’euforia. Casa era dove si trova l’affetto, e loro lo sapevano bene.

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