**Ma almeno lui è vero**
“Ginevra, ma come fai a crescere una bambina così?” chiedeva continuamente Marina alla sorella. “È una ragazzina, non un maschiaccio!”
Ginevra e Marina erano due sorelle, entrambe sposate da tempo e con figli. Ginevra aveva una figlia, Alice, e un maschietto, mentre Marina aveva solo la sua adorata Carlotta.
Le sorelle si vedevano spesso, soprattutto perché Marina e Carlotta andavano a trovare Ginevra, che viveva in una bella casa con giardino ben curato, un gazebo dove rilassarsi e tanto spazio per i bambini. Marina, invece, abitava in un appartamento in città.
Era convinta che la sua Carlotta fosse più intelligente, più bella e più talentuosa di Alice, nonostante la differenza d’età fosse solo di un anno, con Alice più grande.
“Ginevra, guarda, la tua Alice è di nuovo salita sull’albero! Ma come si fa?” cercava di influenzare la sorella sul modo di educare la figlia.
“E che c’è di male?” rispondeva Ginevra, sorpresa. “È una bambina, deve crescere libera.”
“Ma non saltando sugli alberi! Queste sono cose da maschi, non da femmine!” insisteva Marina, ma la sorella si limitava a sorridere.
Le due cugine andavano d’accordo, e forse anche Carlotta avrebbe voluto giocare con la stessa libertà, magari arrampicarsi su un albero, ma la madre la teneva sotto controllo. Niente di tutto quello le era permesso.
Alice non aveva mai invidiato la cugina, anche se Marina era convinta che dovesse farlo. Durante l’infanzia e gli anni di scuola, ad Alice non importava nulla. Viveva la sua vita, era vivace e riusciva a fare tutto.
Era conosciuta come una piccola ribelle, non indietreggiava davanti a niente: si arrampicava sugli alberi come i maschietti, li affrontava a pugni se la prendevano con lei o con il fratellino, e a volte scappava oltre il recinto per rubare mele nei giardini degli altri. Non giocava quasi mai con le bambole, non le interessavano acconciature, fiocchi o vestitini. Preferiva passare il tempo con il padre nel garage, a sistemare chiavi inglesi, bulloni e dadi, anche se il padre spesso protestava:
“Piccola, non mettere ordine qui! Poi non trovo più niente! Piuttosto, passami la chiave da sedici.” E lei gliela porgeva al volo, dimostrando di saperci fare. Il padre la lodava, e lei ne era orgogliosa.
Carlotta era l’esatto opposto. Vestita come una bambola, sempre con abiti eleganti, calzini bianchi con fiocchetti e enormi fiocchi tra i capelli. Ad Alice quei vestiti non piacevano, pieni di volant e fronzoli.
Marina non faceva che sgridarla:
“Carlotta, non entrare nella sabbiera, sporchi i calzini! Allontanati dalla porta, c’è corrente! Non toccare i giocattoli degli altri, sono sporchi! Perché hai preso quella mela? È piena di germi!”
Ad Alice non piaceva proprio questo lato della zia. Troppi divieti per Carlotta, con cui non era nemmeno divertente giocare in cortile. E fuori dal cancello, la madre non la lasciava mai uscire.
“Ma dove vai, Carlotta? Ci sono cani e gatti sporchi, i ragazzini potrebbero farti del male! Vada Alice, tu resta qui con noi.” Ad Alice, sinceramente, dispiaceva per la cugina.
“Zia Marina, lascia che Carlotta venga con me, nessuno la toccherà,” cercava di intervenire.
Ma Marina la guardava con severità.
“No, Carlotta non esce dal cortile.”
A scuola, Alice si dedicava all’atletica, giocava a pallavolo nella squadra scolastica e poi si appassionò anche alle arti marziali. A Marina venivano i capelli dritti quando scopriva cosa faceva la nipote.
“Ma le ragazze dovrebbero essere educate così?” chiedeva sempre a Ginevra.
“Lascia che faccia quello che vuole e si costruisca il suo futuro,” ribatteva la sorella, difendendo la figlia.
La figlia di Marina, invece, frequentava il conservatorio, studiava pianoforte e la madre l’aveva iscritta a un corso di ballo da sala. Aveva anche provato a farle frequentare un laboratorio d’arte, ma a Carlotta non interessava, non sapeva disegnare e non aveva alcuna voglia di imparare. Lasciò perdere.
Al primo anno di università, Alice conobbe Luca nella palestra di arti marziali. Anche lui si allenava lì. Non era un Adone, ma era simpatico.
“Ciao,” le si avvicinò per primo. “Ti osservo da un po’, sei bravissima. Io sono Luca, e tu sei Alice, vero? Mi sono già informato su di te,” rise, sincero e spensierato.
Il suo sorriso e gli occhi vivaci la conquistarono. Anche lei sorrise, sentendosi a suo agio come se si conoscessero da sempre.
“Ciao, ma non ti ho mai visto all’università.”
“Io non studio lì, lavoro come meccanico e faccio l’università telematica di ingegneria meccanica,” spiegò.
Da allora iniziarono a frequentarsi. Entrambi si sentivano attratti, andavano insieme in palestra, passeggiavano al parco, guardavano film. Avevano interessi in comune che li univano.
“Mamma, papà, domani vengo con Luca. Lui mi ha già presentato a sua madre, ora voglio presentarvi lui,” annunciò Alice.
“Va bene, venite pure,” acconsentirono.
Luca trovò subito un’intesa con i genitori, soprattutto con il padre. Parlarono di motori, macchine e officine. Al padre piacque molto che Luca fosse un meccanico e studiasse ingegneria. Erano sulla stessa lunghezza d’onda.
Passò il tempo. Alice e Luca continuarono a frequentarsi e, verso la fine del secondo anno, la ragazza comunicò ai genitori:
“Mamma, papà, io e Luca abbiamo deciso di affittare un appartamento e vivere insieme.”
Ginevra non era d’accordo:
“Figlia mia, è troppo presto! Dovresti pensare solo agli studi, e invece…” brontolava.
Ma, sorprendentemente, il padre la sostenne. A lui Luca piaceva. Quando venivano a trovarlo, passavano ore nel garage a riparare la vecchia Fiat, e poi guardavano la partita insieme, tifando per la stessa squadra.
Quando Marina lo venne a sapere, lo scandalo fu enorme.
“Santo cielo, Ginevra! Come avete permesso ad Alice di vivere con un ragazzo così, senza impegno? È inconcepibile!” sospirava, alzando gli occhi al cielo.
“E che c’è di male?” rispondeva Ginevra, impassibile.
Ma un anno dopo, seppero che anche Carlotta aveva fatto lo stesso. Si era messa a vivere con Massimo, più grande di lei, già alla sua seconda laurea. Bello, intelligente. Marina non faceva che vantarsi del futuro genero e non si scandalizzava affatto che vivessero insieme senza sposarsi.
“La mia Carlotta ha trovato un ragazzo meraviglioso! Bello, intelligente, educato, colto, raffinato e sempre pieno di complimenti. Ricco, di buona famiglia.”
Presto arrivò il compleanno di Carlotta, e Alice e Luca furono invitati. Alice non aveva molta voglia di andare, di sentire la zia Marina elogiare il genero, ma temeva che si offendessero.
Massimo era proprio come lo descriveva la madre di Carlotta. Bello, loquace, spiritoso, un conversatore affascinante.
“Davvero un bel ragazzo,” pensò Alice, e forse, per la prima volta, provò un pizz