**La Nonna Che Disse No**
Valeria Rossi posò la tazza con tale violenza che il caffè schizzò sulla tovaglia. La voce indignata della vicina, Concetta Esposito, risuonava ancora al telefono.
“Valeria, ma come puoi fare una cosa del genere? I tuoi nipotini non li vuoi più vedere? Sono piccoli, che male ti hanno fatto?”
“Concetta, non ti immischiare in ciò che non ti riguarda,” rispose fredda Valeria. “Ognuno ha le sue ragioni.”
“Quali ragioni possono esserci contro dei bambini? Sofia ha solo quattro anni, e Matteo nemmeno tre! Ti cercano, ti chiedono della nonna.”
Valeria sospirò e fissò la finestra. Nel cortile, i bambini dei vicini ridevano e correvano, e per un attimo le parve di vedere i suoi nipotini lì, tra le foglie d’autunno. Sofia che chiedeva l’altalena, Matteo che si divertiva a rincorrere i piccioni.
“Concetta, non ho tempo per parlare. Arrivederci.”
Appoggiò la cornetta ed entrò in cucina. Sul frigorifero, i disegni dei bambini erano ancora appesi con le calamite; quei pasticci che Sofia chiamava “ritratti della nonna”. Valeria li staccò con un gesto brusco e li infilò in un cassetto.
Il campanello la fece trasalire. Dall’occhiolò vide suo figlio, Luca, carico di buste della spesa.
“Mamma, apri, per favore,” disse, esausto.
Lei aprì la porta, ma non si spostò.
“Se sei venuto per chiedermi di tenere i bambini, puoi direttamente tornare da dove sei venuto.”
Luca posò i sacchetti e la guardò con occhi stanchi.
“Mamma, ma perché fai così? Claudia è a letto con la febbre alta. Devo andare a lavoro, ma non ho nessuno a cui lasciarli.”
“Assumi una babysitter. Con tutti i soldi che vi avanzano.”
“Una babysitter da un giorno all’altro? Mamma, sono i tuoi nipoti!”
“I miei nipoti?” Valeria rise amara. “E quando sei venuto a dirmi di sloggiare dall’appartamento sei mesi fa, anche allora erano i miei nipoti?”
Luca si passò una mano sulla fronte. Quel discorso lo conosceva già a memoria.
“Mamma, te l’ho spiegato. Avevamo bisogno di spazio! Vivere in tre stanze con quattro persone era impossibile.”
“Ah, spazio. E io, alla mia età, devo andare in affitto, invece. Tutto normale, no?”
“Ti diamo dei soldi…”
“Le tue elemosine non bastano neanche per il pane!” La voce di Valeria si fece più aspra. “Vent’anni ho vissuto per la tua famiglia. Ho cresciuto i tuoi bambini mentre voi lavoravate. Ho lavato, cucinato, pulito. E una volta che sono cresciuti e non servivo più? Fuori dalla porta!”
“Mamma, non avevamo scelta…”
“C’era una scelta. Comprare una casa più grande! Ma no, voi preferivate spendere in macchine e vacanze a Ibiza.”
Luca tacque. Sapeva che sua madre aveva ragione, ma ammetterlo era troppo doloroso.
“Ascolta,” disse poi, più piano. “So che abbiamo sbagliato. Ma i bambini cosa c’entrano? Ti vogliono bene.”
“E io bene a loro,” ammise Valeria. “Proprio per questo non voglio che vedano come i loro genitori mi trattano. Che ricordino la nonna felice, non la serva che usate quando vi fa comodo.”
“Non ti usiamo!”
“Davvero? E allora chi chiama ogni settimana per chiedermi di tenerli? Chi li porta qui malati perché all’asilo non li prendono? Chi li lascia il weekend per ‘riposarsi’?”
Luca cercò di parlare, ma lei non gli diede tempo.
“E quando il mese scorso mi sono sentita male, chi è venuto? Concetta, la vicina! Non mio figlio, non mia nuora. Una estranea.”
“Mamma, abbiamo impegni, i bambini…”
“Tutti hanno impegni! Ma le persone normali non si dimenticano dei genitori.”
Valeria rimase sulla soglia, impedendogli di entrare. Luca capì che quella battaglia, oggi, l’aveva già persa.
“Va bene,” disse, raccogliendo le borse. “Ma non è giusto. I bambini chiedono perché la nonna non li ama più.”
Le parole lo ferirono come lame, ma Valeria non batté ciglio.
“Spiegagli che la nonna è stanca di essere comoda.”
Luca se ne andò. Lei chiuse la porta e vi si appoggiò, sentendo il peso della solitudine. Le lacrime bruciavano, ma non le permise di scendere. Si diresse verso la poltrona dove, un tempo, leggeva le favole a Sofia.
Quell’appartamento in affitto, un bilocale in periferia, lontano da tutto, non era casa. La padrona era gentile, ma i muri sapevano di estraneo.
Era iniziato tutto a cena, quella sera. Luca e Claudia, seduti di fronte, bisbigliavano mentre i bambini dormivano. Valeria aveva sentito tutto dalla sua stanza.
“Secondo me tua madre dovrebbe trovarsi un altro posto,” aveva detto Claudia. “I bambini crescono, avranno bisogno delle loro camere.”
“Non so,” aveva risposto Luca. “Ci dà una mano con loro.”
“Sì, ma a che prezzo? È sempre scontenta, vizia i bambini, critica tutto quello che faccio. Ieri ha lasciato Sofia davanti alla TV fino a mezzanotte, quando sa benissimo che non voglio!”
“Possiamo parlarle…”
“Per dirle cosa? Si sente in diritto di decidere. Ma questa è casa nostra, i bambini sono nostri. Siamo adulti, possiamo scegliere come crescerli.”
Valeria aveva passato la notte in bianco. La mattina, a colazione, Claudia aveva tirato fuori l’argomento.
“Valeria, io e Luca pensiamo sia meglio che tu trovi un’altra sistemazione.”
Lei aveva quasi sputato il caffè.
“Come?”
“Be’, sei una donna autonoma. E qui cominciamo a stare stretti.”
“Stretti? E per vent’anni non lo siete stati?”
“Allora serviva il tuo aiuto,” aveva aggiunto Luca. “Ora i bambini sono più grandi.”
“Ah, capisco. Finché vi servivo, andava bene. Ora, invece, fuori.”
“Mamma, ma che dici! Non ti stiamo cacciando. Ti stiamo solo chiedendo di vivere per conto tuo.”
“Con cosa? Con la pensione da mille euro?”
“Ti daremo una mano,” aveva assicurato Claudia. “All’inizio, almeno.”
*All’inizio*. Come se vent’anni di sacrifici fossero un favore temporaneo.
“Bene,” aveva risposto Valeria. “Troverò un posto. Ma ricordate: con questa casa, perderete anche la babysitter.”
“Cosa intendi dire?” aveva chiesto Luca.
“Esattamente quello che ho detto. Niente più nonna disponibile a qualsiasi ora. Volevate autonomia? Eccola.”
Claudia e Luca si erano scambiati un’occhiata. Evidentemente, non ci avevano pensato.
“Mamma, i bambini ti adorano,” aveva tentato Luca. “Non gli vuoi più bene?”
“Gli voglio bene. Ma li vedrò la domenica, per un’oretta. Come fanno tutte le nonne che vivono da sole.”
“E se avessimo bisogno di qualcuno che li tenga? O se ci ammalassimo?”
“Assumete una tata. O usate l’asilo.”
Claudia era impallidita.
“Ma costa troppo!”
“La mia assistenza, invece, era gratis,” aveva ricordato Valeria. “Per vent’anni. Credo di aver dato abbastanza.”
Avevano provato a farle cambiare idea, ma lei aveva resistito. Aveva capito: per loro, era solo uno strumento.
L’appartamento l’avevaE quella sera, mentre il sole calava su Roma, Valeria si rese conto che a volte l’amore più grande è proprio dire di no.