Caterina non voleva aiutare la figlia, dopotutto una volta l’aveva lasciata senza un tetto.
Tutto il paesino la giudicava, ovviamente. Lei in una bella casa, mentre sua figlia Francesca con i bambini si accontentava di una casetta angusta. E Francesca, poi, non faceva che peggiorare le cose, sparlando della madre. – Io vado a prendere l’acqua alla fontana, mentre lei ha l’acquedotto. Compro la legna con i pochi spiccioli che ho, e lei il gas – si lamentava con chi amava questi pettegolezzi. Caterina cercava di ignorare le chiacchiere, camminando a testa alta. Mica poteva spiegare a tutti perché agiva così.
Tanti anni prima, aveva avuto una famiglia perfetta: lei, il marito e l’adorata Franceschina. Un trilocale, una vita comoda. Caterina stava a casa, si occupava della figlia. Miglior scuola, corsi pomeridiani. Tutto liscio come l’olio.
Ma quando Francesca compì quindici anni, il marito si ammalò. Caterina, da moglie amorevole, si lanciò nella battaglia contro la malattia. Servivano tanti soldi. Vendettero tutto, tranne l’appartamento. Ma niente da fare: dopo tre anni, lui se ne andò.
Per Caterina e Francesca iniziò il periodo difficile. Non avevano quasi nulla. Francesca, abituata a un certo tenore di vita, si ribellò. Caterina trovò lavoro in un negozio. Faceva la cassiera, a volte puliva. Ma erano briciole. Francesca intanto finì il liceo, ma non volle iscriversi all’università. – I soldi non ci sono, e all’istituto tecnico non ci vado, non insistere – diceva alle suppliche della madre.
Ma per uscire la sera, quello sì che era brava. E furba, poi. Quando servivano soldi, era tutta “mammina cara”. Altrimenti – “perché mi hai messa al mondo se non sai aiutarmi?”. Così sempre, finché non arrivò Luca.
All’inizio Caterina fu contenta: finalmente la figlia si era ravveduta. Luca sembrava un ragazzo perbene. Ben vestito, mica roba da discount. Sapeva mettere Francesca al suo posto con uno sguardo. E non era tirchio: comprava cibo di qualità. Con Caterina poi era gentilissimo. “Mamma” già dal primo giorno. Insomma, non un uomo, ma un angelo.
Vivevano tutti e tre felici. Caterina tornava dal lavoro e trovava casa pulita, cena pronta. Solo che i giovani sparivano fino all’alba. Ma lei non si intrometteva – giovani sono giovani.
Dopo sei mesi, però, iniziarono i guai. Francesca sempre in lacrime, Luca sempre più nervoso. E Caterina, invece di indagare, lasciò correre. Fino a una sera in cui la convocarono per un discorso. – Mamma, io e Luca vogliamo vivere da soli. Ci serve l’appartamento – esordì Francesca. Caterina si stupì: – Ma io non vi rompo le scatole, e i soldi non li ho. – Francesca la interruppe: – Ma no, non è quello. Vendiamo la casa e ci dividiamo i soldi.
Caterina esitò a lungo, ma la figlia insistette. Ora suppliche, ora minacce di vendere la sua parte. Alla fine cedette. A firmare dall’acquirente andarono i giovani, e sparirono. Con i soldi. Caterina rimase senza niente. Una donna non più giovane, e senza casa.
Affittare con il suo stipendio era impossibile. Cercò allora un lavoro con vitto incluso. Trovò un posto da badante per una vecchietta. Suo figlio era benestante, certo, ma Irma Felicita rifiutava di lasciare la sua casa. Così lui cercò aiuto, e arrivò Caterina.
Irma Felicita era esigente. Camminava a fatica, ma pretendesse che tutto fosse in ordine, come ai suoi tempi. Caterina imparò molto: cuocere il pane nel forno a legna, inamidare tovaglie e tende. Ma era capace, e ci riuscì.
Vissero insieme due anni. Non amiche, ma neppure nemiche. Poi, improvvisa, la morte di Irma Felicita. La mattina rideva, a pranzo cadde a terra. Il figlio organizzò tutto, e poi fece a Caterina un’offerta: – So la vostra storia – dovetti informarmi. Potete comprarmi la casa per una cifra simbolica, anche a rate. – Così Caterina ebbe una casa.
Appena sistemata, finalmente in pace, arrivò Francesca. Con due bambini piccoli. Senza preamboli: – Bella casa. Dov’è la mia stanza?
Caterina, senza giri di parole: – La tua stanza era nel trilocale che vendeste con Luca. A proposito, dov’è la mia parte? E come mi hai trovata? Ah, capisco. Luca ti ha mollato, i soldi sono finiti?
Francesca, offesa: – Subito così! Luca era un giocatore, mi ha fregata come te. Poi mi sono sposata due volte, ma male. Quando l’ultimo mi ha cacciata, ho pensato: ho una madre, non mi abbandonerà.
Caterina fu dura: – Errore. Sei grande, e madre pure tu. Perché dovrei aiutarti? Tutto quello che potevo, te l’ho dato. Come vivrai senza di me, affari tuoi. Stanotte restate, domani vai dove vuoi.
Francesca rimase due settimane. Poi trovò una casupola con un sussidio, e se ne andò. Certo, per Caterina non fu facile. Amava la figlia, e i nipoti le mancavano. Ma Francesca non le permetteva di vederli. Così vivevano: vicine, eppure lontane.
La pace arrivò quando a Francesca capitò un guaio: il compagno le bruciò la casa per sbaglio. Fortuna che quella notte erano ospiti da amici. Quando bussarono alla porta di Caterina, li fece entrare. Dopotutto, non aveva altro che loro. Era ora di perdonare. Il resto, solo Dio lo sa.