**Diario di un uomo – La suocera che ha distrutto una famiglia**
Ogni donna ha un rapporto diverso con la suocera. C’è chi ha la fortuna di averne uno caloroso e rispettoso, chi invece si limita a sopportarla. Ma esistono storie così agghiaccianti che sembrano irreali, finché non ti ci ritrovi dentro. È successo a una mia amica, Giulia, la cui vita è diventata un inferno a causa di una donna che, giorno dopo giorno, avvelenava la sua esistenza.
Quando Giulia conobbe Roberto, aveva solo ventuno anni. Lui era più grande, aveva già un matrimonio fallito alle spalle e due figli dal primo matrimonio. Nonostante la differenza d’età e di esperienze, tra loro scoppiò un amore travolgente. Credevano di poter superare tutto: il passato, i giudizi della gente. Ma un ostacolo non riuscirono a vincerlo: la madre di lui, Maria Grazia.
Fin dal primo giorno, quella donna non nascose il suo disprezzo. La infastidiva tutto: l’età di Giulia, la sua semplicità, il modo di parlare, il suo desiderio d’amore. La suocera faceva piccole cattiverie, toglieva il sorriso dal volto della ragazza, come se cercasse solo il modo di ferirla. Giulia cercava di adattarsi, sperando di conquistare la sua simpatia. Si sbagliava.
Prima, Maria Grazia portò in casa un gattino, sapendo benissimo che Giulia era allergica e che già c’erano un gatto adulto e un cane. La casa si trasformò in un circo, tra animali gelosi e litigi continui. Poi cominciò a buttare via oggetti “inutili”: libri, la chitarra, perfino i regali personali di Giulia, sostenendo che con un bambino “non c’è tempo per musica e letture”. Ma il peggio arrivò con la gravidanza.
Quando Giulia dovette restare a letto per problemi di salute, Maria Grazia prese il controllo della casa. Tagliò la biancheria nuziale per farne stracci, buttò via vestiti. Giulia, incinta e fragile, si sentiva un’estranea nella propria casa. Ma la cosa più terribile doveva ancora accadere.
Verso la fine della gravidanza, decisero di finire i lavori in casa. Roberto chiese aiuto alla madre. Appena arrivata, Maria Grazia pretese che Giulia, all’ottavo mese, imbiancasse i soffitti. Al suo rifiuto, la suocera sogghignò:
“Una volta le donne partorivano nei campi e lavoravano con la zappa, e tu sei troppo delicata per fare qualcosa?”
Roberto tacque. E in quel silenzio c’era più dolore che in qualsiasi parola.
Dopo il parto, Giulia tornò a casa con il cuore cambiato. Si sentiva un’intrusa. Quando scoprì degli aghi nascosti nella copertina regalata dalla suocera, il terrore le strinse il petto. Lo mostrò al marito, ma lui rispose: “Ti sei sbagliata”. Allora Giulia non trattenne più la rabbia: gettò la coperta nel camino e la guardò bruciare, insieme alla sua paura, alla sua pazienza, alla sua fede in quella famiglia.
Passarono settimane. Giulia aveva dolori alla schiena e doveva portare il bambino dal dottore. Nessuno la aiutava. Roberto chiamò la madre. Maria Grazia arrivò con l’aria della martire. Per tutta la strada, non smise di criticare: “Sei debole, Giulia. Mio figlio avrebbe potuto trovare una donna più forte, più intelligente. Tu sai solo lamentarti e piangere”.
Giulia taceva, stringeva i pugni. Pensava solo alla visita del bambino.
Al ritorno, Maria Grazia attraversò la strada col semaforo rosso, tenendo in braccio il neonato. Auto che frenavano, clacson, insulti. Giulia rimase paralizzata dal terrore.
E in quel momento, qualcosa in lei si spezzò.
Senza trattenere le lacrime, gridò:
“Hai quasi ucciso mio figlio! Mi avveleni la vita dal primo giorno! Ricordati bene, Maria Grazia: non lo vedrai mai più. Non lo prenderai mai in braccio. Mai! Per me sei una straniera. E non mi importa se sei sua nonna!”
Poi aggiunse ciò che portava dentro da mesi:
“Forse volevi davvero che non tornassi dall’ospedale? Forse quegli aghi non erano un caso? Hai fatto malocchio? Volevi che sparissi, come è sparita la sua prima mogione?”
Maria Grazia tacque. Giulia si voltò e se ne andò.
Dopo qualche mese, il matrimonio finì. Roberto non scelse mai da che parte stare, continuando a difendere la madre e ignorando il dolore di chi aveva promesso di proteggere. Giulia prese il bambino e se ne andò, portando con sé la cosa più importante: la sua dignità e un figlio che merita di crescere nell’amore, non nell’ombra di una nonna tossica.
Ora vive da sola. Lavora, affitta un appartamento, cresce il suo bambino. E nonostante tutto, dice: “Ho scelto la libertà. Ho scelto la salute, mia e di mio figlio. Non vivrò più nella paura. Per nessuno dei due.”
E voi? Perdonereste una suocera così? O avreste fatto lo stesso?