Mamma, e se la nonna si perdesse e non tornasse più? Sarebbe meglio per tutti,” sfidò Marzia.

“Mamma, forse sarebbe meglio se la nonna si perdesse e non tornasse più. Sarebbe meglio per tutti,” disse Martina con sfida.

“Mamma, ma quanto ancora dobbiamo sopportare? Mi devi ricordare questa cosa per sempre?” rispose ladolescente con tono offeso.

“Non per sempre, solo finché vive con noi. Se esce per strada, si perde e…”

“E muore sotto un portico, mentre noi ci sentiremmo in colpa… Mamma, e se la lasciassimo andare?” chiese di nuovo Martina, sfidante.

“Cosa vuoi dire?” domandò la madre, confusa.

“Che se ne vada e si perda. Lo dici sempre anche tu che sei stanca di litigare con lei.”

“Come puoi pensarla così? È mia suocera, non è mia madre, ma per te è tua nonna!”

“Nonna?” Martina strizzò gli occhi, come faceva sempre quando si arrabbiava. “E dovera quando suo figlio ci ha abbandonate? Quando si rifiutava di badare a me? A sua nipote? Non aveva pietà di te quando prendevi qualsiasi lavoro per guadagnare due soldi in più… E ti accusava pure di aver fatto scappare tuo marito!”

“Basta, subito!” sbottò la madre. “Ho sbagliato a raccontarti queste cose. Ti ho cresciuta male, se non hai pietà per chi ti è vicino, per la tua famiglia. Ho paura. Quando sarò vecchia, mi tratterai così? Cosa ti succede? Sei sempre stata una ragazza buona. Non potevi passare accanto a un gattino abbandonato senza portartelo a casa. Ma la nonna non è un cucciolo…” La madre scosse la testa, stanca. “È già punita abbastanza. Tuo padre ha lasciato lei come ha lasciato noi.”

“Mamma, vai a lavoro, farai tardi. Prometto che chiuderò la porta.” Martina guardò la madre con espressione colpevole.

“Va bene, prima che ci diciamo cose che rimpiangeremo…” Ma la madre non si mosse.

“Mamma, scusa, ma è doloroso guardarti. Pelle e ossa. Hai solo quarantanni, ma cammini curva come unanziana, a stento muovi i piedi. Sei sempre stanca. Perché mi guardi così? Chi te lo dirà mai, se non tua figlia?” Martina non si accorse di aver alzato di nuovo la voce.

“Grazie. Assicurati che non accenda il gas o lasci lacqua del bagno aperta.”

“Vedi? È questo che dico, siamo legate a lei, non abbiamo una vita. Mamma, portiamola in una casa di riposo. Lì sarà seguita meglio. Tanto non capisce nulla…”

“Ci risiamo?” la interruppe la madre.

“Sarebbe meglio per tutti, soprattutto per lei,” continuò Martina, ignorando lirritazione crescente.

“Non voglio sentirti più. Non la porterò da nessuna parte. Quanto le resta? Che stia a casa…”

“Ci sopravviverà. Vai a lavoro. Non esco, chiudo la porta, prometto,” ripeté Martina con rabbia.

“Scusa. Ti ho caricato di troppe responsabilità… Le tue amiche escono, e tu devi badare alla nonna.”

Parlavano senza notare la porta della camera della nonna socchiusa. Lei aveva sentito tutto, ma forse non capiva, e tra un minuto avrebbe dimenticato.

La madre uscì, e Martina entrò nella sua vecchia stanza, ora della nonna.

“Nonna, vuoi qualcosa?” chiese.

Lo sguardo della vecchia era vuoto.

“Andiamo, ti do una caramella.” Martina la aiutò ad alzarsi e la portò in cucina.

“Tu chi sei?” la nonna la fissò senza riconoscerla.

“Bevi il tè,” sospirò Martina, mettendole una caramella davanti.

La nonna adorava i dolci. Lei e la madre le nascondevano le caramelle, dandogliene solo una alla volta. Martina la osservò mentre scartava la carta colorata. Attraverso i capelli radi si intravedeva il cuoio capelluto pallido. Martina distolse lo sguardo.

Una volta, la nonna si tingeva i capelli, li acconciava con cura, si truccava le labbra di rosso e disegnava gli archi delle sopracciglia. Martina ricordava il suo profumo dolce. Gli uomini la notavano sempre, prima che la mente cominciasse a svanire.

Non riusciva a capire cosa provasse per lei: pena, compassione, fastidio? Un suono alla porta la distrasse.

“Forse la mamma ha dimenticato qualcosa,” pensò, andando ad aprire.

Ma sulla soglia cera il suo amico, il diciassettenne Luca. La madre disapprovava la loro amicizia, quindi lui veniva quando lei non cera.

“Ciao. Così presto? La mamma è appena uscita,” sussurrò Martina.

“Lo so. Non mi ha visto.”

“Lina!” chiamò la nonna dalla cucina.

“Chi è Lina?” chiese Luca.

“Così chiama la mamma, crede che sia sua figlia. Ora la riaccompagno in camera. Tu vai in bagno e stai zitto. Oggi ha un momento di lucidità.” Martina lo spinse verso il bagno.

“Non cè nessuno.” Martina rientrò in cucina e trovò la tazza vuota e la carta della caramella sul tavolo.

“Voglio il tè,” disse la nonna.

“Ma…” Martina capì che era inutile spiegare.

La nonna dimenticava tutto, specialmente le cose appena accadute. Ma ricordava bene il passato lontano. Spesso confondeva tutto, non le riconosceva. A volte aveva brevi momenti di lucidità.

Martina non capiva se la nonna fingesse per unaltra caramella o se avesse davvero dimenticato. Chi poteva dirlo? Sospirò, le versò altro tè e le mise unaltra caramella.

La nonna impiegò uneternità a scartarla con le dita tremanti. Quando finì il tè, Martina la riportò in camera e la fece sdraiare.

“Ora dormi,” disse, chiudendo la porta.

Luca sbucò dal bagno.

“Posso uscire?”

“Sì. Vieni in cucina.” Martina controllò che la porta fosse chiusa e lo seguì.

Seduti in cucina, condivisero le cuffie ascoltando musica. Martina chiuse gli occhi, cullandosi a ritmo. Non si accorse che la nonna era scivolata in corridoio…

Quando uscì per salutare Luca, vide la porta aperta. Corse in camera, ma la nonna non cera.

“La porta… Non lho chiusa. Se nè andata. La mamma penserà che lho fatto apposta,” si lamentò Martina, quasi in lacrime.

“Perché dovrebbe pensarlo?” chiese Luca.

“Non capisci. Proprio oggi ho detto che sarebbe meglio se se ne andasse. Crederà che lho lasciata uscire per dispetto.”

“Vestiti, la cerchiamo. Non sarà andata lontano,” propose Luca.

Martina guardò lattaccapanni: il cappotto trapuntato della nonna era al suo posto. Anche le scarpe.

“È uscita in pantofole e vestaglia?” Martina lo guardò sconcertata.

“Forse è dai vicini? È uscita e non ha riconosciuto casa… Io controllo il cortile, tu bussa alle porte,” disse Luca, scendendo le scale.

Ma nessuno rispose ai piani. Martina non insistette e corse fuori. Luca cercava tra i cespugli, sotto lo scivolo del parco giochi…

“Non cè. Proviamo nei cortili vicini. Tu a destra, io a sinistra. Chi la trova per primo chiama laltro. Ci vediamo qui,” ordinò Luca, sparando via.

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Mamma, e se la nonna si perdesse e non tornasse più? Sarebbe meglio per tutti,” sfidò Marzia.