“Mamma, e se la nonna uscisse e si perdesse? Sarebbe meglio per tutti,” disse Grazia con tono sfidante.
“Grazia, non dimenticare di chiudere la porta,” sospirò la mamma, alzandosi dal tavolo.
“Mamma, ma quante volte? Devi ricordarmelo per tutta la vita?” Grazia, quindicenne, rispose offesa.
“Non per tutta la vita, ma finché la nonna vive con noi. Se esce, si perderà e…”
“E morirà sotto un portico, e noi vivremo con i sensi di colpa… Mamma, e se lo facessimo davvero?” sfidò Grazia.
“Cosa?” la mamma non capì.
“Che esca e si perda. Hai detto anche tu che sei stanca di occupartene.”
“Come puoi parlare così? È mia suocera, non è sangue del mio sangue, ma per te è comunque tua nonna.”
“Nonna?” Grazia strizzò gli occhi, come faceva sempre quando si arrabbiava. “Dov’era quando suo figlio ci ha abbandonato? Quando si rifiutava di badare a me, sua nipote? Non ha mai avuto pietà di te, mentre ti scannavi per racimolare due soldi… E ti accusava pure, diceva che era colpa tua se tuo marito se n’era andato…”
“Basta così!” strillò la mamma. “Ho sbagliato a raccontarti certe cose. Ti ho cresciuta male, se non hai compassione per chi ti è vicino, per chi ti è famiglia. Ho paura. Quando sarò vecchia, mi tratterai così? Cosa ti prende? Eri sempre una ragazza dolce. Non potevi vedere un gattino abbandonato senza portartelo a casa. Ma la nonna non è un gattino…” Scosse la testa, stanca. “È già punita. Tuo padre non ha rinunciato solo a noi, ma anche a lei.”
“Mamma, vai a lavoro, sennò fai tardi. Prometto che chiuderò la porta.” Grazia guardò la mamma con aria colpevole.
“Va bene, se no ci diciamo cose che non pensiamo…” Ma la mamma non si muoveva.
“Mamma, scusa, ma è doloroso guardarti. Sei pelle e ossa. Hai solo quarant’anni e cammini curva come un’anziana, trascinando i piedi. Sei sempre stanca. Perché mi guardi così? Chi te lo dirà, se non tua figlia?” Grazia non si accorse che aveva alzato di nuovo la voce.
“Grazie. Controlla che non lasci il gas acceso o l’acqua della vasca.”
“Ecco, appunto, siamo prigionieri per colpa sua. Nessuna vita. Mamma, portiamola in una casa di riposo. Lì avrà assistenza. Non capisce nemmeno più…”
“Di nuovo?” la interruppe la mamma.
“Sarebbe meglio per tutti, soprattutto per lei,” continuò Grazia, ignorando l’irritazione crescente della madre.
“Non voglio più sentirti. Non la porterò da nessuna parte. Quanto le resta? Che resti a casa…”
“Ci sopravviverà entrambe. Vai a lavoro. Non mi muovo, chiuderò la porta, promesso,” ripeté Grazia con rabbia.
“Scusa. Ti ho caricato di responsabilità… Tutti escono, e tu devi badare alla nonna.”
Parlavano senza badare alla porta della stanza della nonna, aperta. Lei aveva sentito tutto, ma probabilmente non aveva capito, e tra un minuto se ne sarebbe dimenticata.
La mamma uscì, e Grazia entrò nella sua vecchia camera, ora occupata dalla nonna.
“Nonna, vuoi qualcosa?” chiese.
Lo sguardo della nonna era vuoto.
“Vieni, ti do una caramella.” Grazia la aiutò ad alzarsi e la accompagnò in cucina.
“Tu chi sei?” la nonna la fissò senza riconoscerla.
“Bevi il tè.” Grazia sospirò e le mise una caramella davanti.
La nonna adorava i dolci. Lei e la mamma glieli nascondevano, dandole una caramella alla volta. Grazia la osservò mentre scartava la carta colorata. Tra i capelli radi e grigi si intravedeva il cuoio capelluto pallido. Grazia distolse lo sguardo.
Una volta la nonna tingeva e pettinava i capelli, li acconciava in un’elegante piega. Si truccava le labbra di rosso e le sopracciglia ad arco. Grazia ricordava il suo profumo dolciastro. Gli uomini la notavano sempre, prima che la mente cominciasse a svanire.
Grazia non sapeva cosa provasse per lei: pena, rimpianto, fastidio? Un breve squillo alla porta la distrasse.
“La mamma, avrà dimenticato qualcosa.” Andò ad aprire.
Ma sulla soglia c’era il suo amico Lorenzo, più grande di lei. La mamma non approvava la loro amicizia, perciò lui veniva quando non c’era.
“Ciao. Perché così presto? La mamma è appena uscita,” sussurrò Grazia.
“Lo so. Non mi ha visto.”
“Lia!” chiamò la nonna dalla cucina.
“Chi è Lia?” chiese Lorenzo.
“Così chiama la mamma, crede che sia sua figlia. Ora la riaccompagno in camera. Tu vai in bagno e stai zitto. Oggi ha un momento di lucidità.” Lo spinse verso il bagno.
“Non c’è nessuno.” Grazia rientrò in cucina e trovò la tazza vuota e il torrone scartato.
“Voglio il tè,” disse la nonna.
“Ma…” Grazia capì l’inutilità di spiegare.
La nonna dimenticava in fretta, soprattutto le cose appena accadute. Ricordava invece il passato lontano. Spesso confondeva tutto, non riconosceva né lei né la mamma. Ma ogni tanto aveva brevi momenti di chiarezza.
Grazia si chiese se la nonna fingesse per un’altra caramella o se avesse davvero dimenticato il tè appena bevuto. Chi potelo sapere? Sospirò, le riempì di nuovo la tazza e le mise un’altra caramella sul tavolo.
La nonna scartò la caramella con mani tremanti. Quando finì il tè, Grazia la riportò in camera e la mise a letto.
“Ora dormi,” disse, chiudendo la porta.
Lorenzo sbucò dal bagno.
“Posso uscire?”
“Sì. Vieni in cucina.” Grazia controllò che la porta fosse chiusa e lo seguì.
In cucina, seduti stretti, ascoltarono musica con un auricolare ciascuno. Grazia chiuse gli occhi, cullandosi a ritmo. Non si accorse che la nonna era sgusciata nell’ingresso…
Quando Grazia uscì per salutare Lorenzo, vide la porta aperta. Corse nella camera della nonna, ma non c’era.
“La porta… Non l’ho chiusa. È uscita. La mamma penserà che l’ho fatto apposta,” si disperò Grazia, quasi in lacrime.
“Perché dovrebbe pensarlo?” chiese Lorenzo.
“Non capisci. Oggi ho detto che sarebbe meglio se si perdesse. La mamma crederà che l’ho lasciata aperta di proposito, per dispetto.”
“Vestiti, andiamo a cercarla. Non sarà andata lontano.”
Grazia guardò l’attaccapanni: il cappotto trapuntato della nonna era ancora lì. Anche gli stivali.
“È uscita in pantofole e vestaglia?” Grazia lo guardò smarrita.
“Forse è dai vicini? È uscita e non ha riconosciuto la porta… Io vado in cortile, tu controlla gli appartamenti.” Lorenzo corse giù per le scale.
Ma nessuno rispose ai campanelli. Grazia smise di bussare e corse fuori. Lorenzo frugava tra i cespugli, sotto lo scivolo…
“NonMentre Grazia stringeva la mano della nonna sotto il cielo stellato, capì che il vero coraggio non era lasciarla andare, ma continuare a tenerla stretta nonostante tutto.