— Capisci, mamma… Non è che l’ho scelto io questo gatto! Non solo si è attaccato a me, ma si è infilato nei miei pantaloni sotto il cappotto! Non avrei mai creduto a una cosa del genere se qualcuno me l’avesse raccontata! Mi chiedo da dove sia saltato fuori così tardi sul lungomare. Ha cominciato a nevicare e io non l’ho visto arrivare… Si è infilato da solo e basta. E così… l’ho portato a casa. Lasciamolo qui fino a domani, poi gli troveremo un padrone. Va bene, mamma? — disse Lidia con un tono colpevole parlando alla sua anziana madre, che da tempo era malata, e le mostrò il vivace gattino tigrato che aveva portato dalla strada.
La mamma non rispose. Da circa sei mesi, non reagiva quasi a nulla di ciò che accadeva intorno a lei. Non c’era una malattia specifica del cervello o del cuore… Era come se la sua vita stesse lentamente spegnendosi. Lidia lo capiva e cercava di rendere i suoi ultimi giorni il più confortevoli possibile, se tale cosa esiste davvero… Non aveva mai portato un animale in casa. Ma quel gattino, spudorato com’era, si era infilato sotto il suo cappotto, lasciandola incredula per tanta audacia. Tutti i suoi ragionamenti sulla cura della madre e la necessità di ordine e pulizia in casa svanirono davanti a quel gattino che le pendeva dai pantaloni.
Così tornò a casa con lui. Cercava di spiegare alla madre chi fosse e da dove provenisse. La madre non dormiva. Guardava il vuoto come al solito… Sembrava che la scintilla nei suoi occhi si fosse ormai spenta per sempre.
Un anno prima, la madre di Lidia era ancora una donna anziana ma energica e curata. Amava leggere, frequentava il parrucchiere e preparava deliziosi pranzi, godendosi i successi dei nipoti ormai adulti. Poi si ammalò di una banale influenza, ma la ripresa fu lenta e difficile. La febbre scomparve, ma la consuetudine di restare a letto rimase. Lidia non sapeva come superarla. La madre si stava spegnendo sotto i suoi occhi.
Il gattino trovò delle ciabatte calde e pelose sul pavimento e si accomodò in una di esse, come se fosse stata preparata apposta per lui. Lidia sorrise, poi lo prese in braccio, lo lavò, lo nutrì, lo avvolse in una coperta calda e si addormentò con lui accanto. La mattina dopo il gattino la svegliò un minuto prima della sveglia. Lidia sorrise di nuovo e pensò che doveva assolutamente trovare un padrone per quel trovatello. In seguito si alzò, nutrì il gattino, poi sua madre, fece colazione e corse al lavoro.
Per tutto il giorno chiese a conoscenti e sconosciuti se avessero bisogno di un gattino, ma nessuno rispose. Evidentemente, tutte le persone avevano già il loro gatto.
«Beh… — pensò Lidia. — Non posso certo lasciarlo fuori in inverno. Che rimanga qui per ora. Vedremo più avanti…»
La sera, il gattino corse a salutarla quando tornò dal lavoro. Lidia si chinò verso di lui e il gattino, felice, si alzò sulle zampe posteriori, come per farsi accarezzare senza che lei dovesse abbassarsi troppo.
— Sei proprio un miracolo! — gli disse Lidia.
Il gattino fece le fusa di approvazione:
— Mrrr-ì! Mrrr-ì! Mrrr-ì!
Quello che accadde dopo le fece sentire le gambe come se fossero di gomma. Dallo stupore, si sedette su una sedia nel corridoio. Il cuore le batteva più forte, ma sembrava temere di battere forte per non disturbare la scena che stava avvenendo.
Dalla cucina, subito dopo il gattino, uscì anche sua madre! Sua madre! Non indossava il pigiama, ma la sua veste da casa e il grembiule. I suoi capelli erano acconciati e i suoi occhi brillavano, proprio come una volta, prima della malattia!
— Lidia, ciao! La cena si raffredda! Lavati le mani e vieni a tavola! — disse la madre in fretta, come fosse stata la sua frase abituale ieri e l’altro ieri…
— Sì… Sì… Subito, mamma… — balbettò Lidia, appena credendo a quel che stava accadendo.
Il gattino faceva le fusa ai suoi piedi.
— A proposito, — disse la mamma indicando il gattino, — sono andata a comprare del latte. Scoprire che non ne avevamo! Un bimbo in casa e niente latte… Ho anche preso del cibo speciale e una lettiera per lui. Non può vivere per strada, è piccolo. E come farebbe senza lettiera in casa? Non pensi proprio a niente. Sei andata al lavoro e hai lasciato il bimbo qui senza lettiera e latte. Lidia! Ma che fai a sederti? La cena si fredda!
Lidia guardava sua madre, ascoltava e non si accorse di quando il suo viso diventò tutto bagnato. Non era per la neve, che continuava a cadere dolcemente dall’alto e aveva coperto il suo cappotto e il cappello all’ingresso. Ma era per le lacrime, che scorrevano da sole… Dopo la disperazione, dopo l’apatia della mamma, dopo l’impotenza a fare qualcosa…
E solo il gattino tigrato continuava con la sua canzone trionfante:
— Mrrr-ì! Mrrr-ì! Mrrr-ì!
E la mamma si riprese in modo totalmente inaspettato. E ora Lidia si rallegra quando la mamma la rimprovera per qualcosa. «Rimproverami, mamma, rimproverami! Solo non morire, ti prego, cara!» — pensa ogni volta accarezzando il grande gatto che ormai era cresciuto da quel piccolo essere apparso nella sua vita un freddo inverno. Sotto il cappotto.
— Chi l’avrebbe mai detto che mi avresti fatto risorgere la mamma! — dice Lidia al gatto. — Sei veramente il mio Angelo Custode!
— Mrrr-ì! Mrrr-ì! Mrrr-ì! — risponde il gatto sfacciato, di nome Angelo.