Mamma, perché non mi hai invitato al tuo compleanno?

Mamma, perché non mi hai invitata al tuo compleanno? Stringeva il telefono così forte che le dita erano diventate bianche. Lo sai bene sospirò la madre. Da quando hai lasciato la famiglia tuo padre non riesce a perdonarti. E Dima beh, lui è sempre stato dalla parte di Svetlana, che neanche lei ti stima.

Caterina era davanti allo specchio, sistemando lombretto sulle palpebre. Una rara serata senza i bambinile amiche lavevano convinta a uscire, a svagarsi un po. Il divorzio non era ancora definitivo, ma vivere sotto lo stesso tetto con il marito non era più possibile.

Sei tu che stai distruggendo la famiglia, diceva il padre.

Complichi sempre tutto, faceva eco il fratello.

Aveva smesso da tempo di spiegarsi. A che serviva? La solidarietà maschile non avrebbe mai permesso loro di stare dalla sua parte.

Ma dalla mamma faceva male sentirsi dire che le persone perfette non esistono, che viveva con la testa tra le nuvole. Nessuno capiva perché non fosse felice. E quindi, doveva essere lei il problema.

Squillò il telefono. Dallaltra parte, la voce allegra di Lella:

Sei pronta? Il taxi è davanti al portone!

Sì, esco.

I bambini dormivano giàla suocera si era offerta di restare con loro. Non la madre, che la puniva severamente per aver voluto il divorzio, ma la suocera, lunica che sembrava non maledirla.

Sei sicura di farcela? chiese Caterina già sulla porta. Chiamami se serve. Non farti problemi!

Ma certo, vai! La donna fece un gesto con la mano. Non sono più neonati. Devi respirare almeno una volta allanno.

Annuì, ma dentro qualcosa si strinse. Una volta allanno. Eppure erano già tre anni che non usciva da nessuna parte, se non per recite scolastiche e riunioni di genitori.

Il locale era rumoroso, alla moda. Caterina si sentiva persino un po nervosada tempo non si concedeva una serata, non ballava, non si sentiva semplicemente una donna, non una madre, una moglie o una fallita che aveva abbandonato una famiglia normale.

La musica era assordante. Luci sfavillanti, risate, corpi estranei, lodore di birra e profumi costosi.

Oh, finalmente! Lella le afferrò la mano. Abbiamo già iniziato senza di te!

Caterina sorrise e svuotò il primo bicchiere dun fiato. Dio, quanto tempo era passato.

Balli?

Più tardi, io

E poi lo vide.

Al grande tavolo al centro della salasuo fratello Dario, sua moglie Luciana in un abito scintillante, il padre con un bicchiere di spumante, zia Lidia, zio Vittorio Tutta la sua famiglia.

Che la voce le morì in gola.

Lella seguì il suo sguardo:

Oh, guarda, sono i tuoi? Che coincidenza!

Coincidenza?

E poi, un clic nella mente. Mercoledì. Il compleanno della madre.

Mamma, il tuo compleanno è mercoledì? aveva chiesto quel weekend. Non ci siamo sempre visti di sabato? Questanno sarà come al solito?

La madre aveva evitato il suo sguardo, nascondendo gli occhi.

Oh, che sabato, dobbiamo festeggiare ogni anno? Questa volta non si può, Caterina, ci sono impegni

Impegni? Ah, sì. Gli impegni erano riunirsi tutti senza Caterina. Festeggiare. Lei era di troppo. Quella che rovinava tutto.

Stai bene? Lella si fece seria.

Lei indietreggiò lentamente.

Io? Sì devo andare a casa.

Cosa?! Sei appena arrivata!

Ma Caterina era già diretta alluscita, il cuore che batteva forte, le lacrime che bruciavano negli occhi. Nessuno dei suoi parenti laveva notata.

In taxi, si appoggiò al finestrino e finalmente si concesse di piangere. Silenziosamente. Non volevano vederla. E forse, non lavevano mai voluta.

Il taxi si fermò davanti al suo palazzo, ma non aveva voglia di scendere. Dentro di lei bruciava tuttoloffesa, la vergogna, quella domanda eterna: perché? Cosa cè che non va in me?

Non aveva ancora chiuso lo sportello che il telefono vibrò. Un messaggio del fratello: «Ciao. Oggi è il compleanno di mamma. Lhai salutata?»

Si sedette sulla panchina davanti al portone, digitò una risposta:

Ero lì. Non mi avete vista. Chiuse gli occhi. Respirò. Cancellò il messaggio.

Il telefono vibrò di nuovo. La madre.

Pronto? La voce le tremò.

Tutto bene? La madre sussurrava, come se avesse paura di essere sentita. Dario ha detto che non rispondi

Ero al locale.

Pausa.

A quale locale?

Quello dove siete voi ora.

Silenzio. Poi un rumore di fondo, come se la madre avesse coperto il microfono con la mano.

Tu ci hai visti?

Sì.

Unaltra pausa. Lunga.

Mamma perché? Stringeva il telefono così forte che le dita erano diventate bianche.

Lo sai bene sospirò la madre. Da quando hai lasciato la famiglia tuo padre non riesce a perdonarti. E Dario beh, lui è sempre stato dalla parte di Luciana, che neanche lei ti stima.

E tu?

Silenzio.

La risposta era chiara comunque.

A casa, i bambini dormivano. La suocera, vedendole il viso, non fece domandele versò solo una tazza di tè con il miele:

Bevi. Stai tremando tutta.

Caterina prese la tazza e allimprovviso scoppiò in lacrime, come una bambina:

Loro erano al locale. Hanno organizzato una grande festa. Senza di me. Apposta. Non mi vogliono vedere.

La suocera le strinse la mano:

Mi dispiace. Piangi, ti farà bene. E poi chiediti: vuoi davvero stare con persone così? Meritano le tue lacrime?

È difficile dirlo, forse sono sola da tanto tempo, solo che adesso è ufficiale, rispose Caterina. Dimmi, tu perché stai dalla mia parte? Volevo chiedertelo da tempo.

Conosco bene mio figlio, cara. E ho sempre visto che voi due eravate fatti di pasta diversa. Ma tu ci hai provato tanto, ragazza, e questo ti fa onore. E poi, mi hai regalato due nipoti meravigliosi.

Caterina sorrise. Era vero, aveva provato con tutte le forze a essere una brava moglie. Anche se, già dopo un anno e mezzo di matrimonio, aveva pensato di lasciarlo.

Perché era stanca di adattarsi, di piegarsi, di cercare sempre compromessi. Lui era un militaretornava a casa solo per riposare.

E lei aveva solo ventanni e voleva una vita leggera, non quella finzione di moglie felice e perfetta padrona di casa che faceva tutto senza lamentarsi.

Ma da tutte le parti le dicevano: cè qualcosa che non va in te, se vuoi lasciare un uomo così. Non era lui il problema, non era il loro rapportoera lei, Caterina, che si inventava cose e non sapeva vivere normalmente Ci aveva creduto

Si era zittita, aveva imparato le ricette della suocera, aveva messo al mondo due figli, uno dopo laltro. Ma non era servito a nienteCaterina stava male, non si era mai ab

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