«Mamma, voglio tornare a casa»: come sono stato cacciato dal mio appartamento

Ecco la storia per te, adattata alla cultura italiana con tutti i cambiamenti richiesti:

“Papà, voglio tornare a casa”: come mi hanno cacciato dal mio appartamento per una stanza

Una storia che ti strappa il cuore. Il tradimento di una figlia e la salvezza arrivata quando ormai non c’era più speranza.

Vittorio Romano stava sul balcone di un vecchio palazzo romano, fumando nervosamente. Le mani gli tremavano, il cuore batteva forte, come se volesse scappargli dal petto. Chi avrebbe mai pensato che, a 72 anni, si sarebbe ritrovato solo, come un peso per tutti? Eppure, non troppo tempo fa, aveva una casa, una famiglia, una moglie che amava…

“Babbo, ma che fai ancora qui?” irruppe nella stanza Lucia, la sua unica figlia. “Ti stiamo solo chiedendo di cederti la tua camera. Marco e Luca sono grandi ormai, e dormono su un divano letto. Non è giusto!”

“Lucia…” sussurrò Vittorio. “E perché io dovrei passare il resto della mia vita in una casa di riposo? Se non c’è spazio, affittate un altro posto o andate a vivere dalla suocera. Io non sono di troppo in questa casa…”

“Grazie, papà, hai detto tutto,” sbatté la porta Lucia, lasciando dietro di sé una scia di profumo e amarezza.

Vittorio si lasciò cadere sulla poltrona, accarezzò il suo vecchio cane Balù e sentì le lacrime salirgli agli occhi. Non piangeva da anni, ma stavolta non riuscì a trattenerle. Cinque anni che mancava Anna… Avevano vissuto quarant’anni insieme, mano nella mano, e mai avrebbe immaginato che sua figlia, la sua Lucia, avrebbe potuto comportarsi così…

L’avevano cresciuta con amore, con cura. Le avevano dato tutto il meglio. Eppure, era diventata fredda e calcolatrice.

“Nonno, non ci vuoi bene a me e a Luca?” entrò correndo Marco, di otto anni. “Mamma dice che sei egoista! Non ci vuoi dare la tua camera!”

“Nipote mio, chi ti ha detto queste cose…” la voce di Vittorio si incrinò.

Capì che sua figlia aveva messo i bambini contro di lui. L’uomo sospirò profondamente e alla fine cedette:

“D’accordo. La camera sarà vostra…”

Lucia rientrò con gli occhi scintillanti.

“Papà, davvero? Grazie! Ho già parlato con un posto meraviglioso, una casa di riposo tranquilla, con assistenza medica. E Balù non lo abbandoneremo, te lo giuro!”

Passarono solo due giorni. E così, Vittorio Romano si ritrovò in un istituto di bassa qualità alla periferia di Roma. Odore di muffa, pareti scrostate, sguardi di rassegnazione negli occhi degli altri ospiti. Nessuna traccia delle “cure” e del “comfort” promessi dalla figlia. Solo un posto dimenticato per gente dimenticata.

“Sei nuovo?” chiese una signora accanto a lui. “Io mi chiamo Emilia. Anche te ti hanno scaricato i parenti?”

“Sì,” annuì Vittorio. “Mia figlia. Voleva liberare la mia stanza.”

“A me, invece, non ho avuto figli. Ho lasciato tutto a mio nipote… e lui mi ha portata qui. Almeno non sono per strada, già è qualcosa.”

Passarono il tempo a parlare, a ricordare il passato, a rimpiangere chi avevano perso. Con il tempo, Emilia diventò l’unica luce nella vita di Vittorio. Passeggiavano nel cortile grigio, si sedevano al sole tenendosi per mano, come due ragazzi innamorati.

E la figlia non si fece mai vedere. Non rispondeva nemmeno al telefono. Vittorio voleva solo sapere una cosa: come stava Balù? Era ancora vivo?

Un giorno, mentre camminava nel giardino, incontrò un ex vicino, Pietro.

“Vittorio?! Pensavo fossi andato in campagna, così diceva Lucia! E Balù l’hai portato con te?”

“Che vuoi dire?” la voce di Vittorio tremò. “Che fine ha fatto il cane?”

“L’ha abbandonato per strada. L’ho preso io e l’ho dato a una buona famiglia. Quel cane è un tesoro. Ma lei… sembra che abbia affittato la casa. Lei e il marito vivono dalla suocera. Ma com’è possibile, Vittorio? Come ha potuto…”

Vittorio si coprì il viso con le mani e, con un filo di voce, sussurrò:

“Figliolo… voglio tornare a casa…”

“Non sei solo. Io sono un avvocato. Ti aiuto. Dimmi solo, hai firmato qualche rinuncia alla proprietà?”

“No. Ma lei ha delle conoscenze… potrebbe aver…”

“Allora preparati. Sistemeremo tutto!”

Prima di andarsene, Vittorio andò da Emilia:

“Emi, non piangere. Tornerò. E verrò a prendere anche te. Te lo prometto.”

“Ma che vuoi fare con una vecchia come me…” sussurrò lei.

“Non dire sciocchezze. Ho bisogno di te.”

Quando arrivarono all’appartamento con l’avvocato, trovarono un nuovo lucchetto. Pietro si mise subito al lavoro. Scoprirono che Lucia aveva affittato la casa a degli inquilini, sperando che il padre sparisse per sempre. Ma i documenti che aveva preparato non erano validi. Con una causa, riuscirono a riprendersi tutto. La legge era dalla parte di Vittorio.

“Grazie, figliolo… Ma ho paura. Cosa potrebbe inventarsi ancora?”

“Vendendo la casa, puoi darle una parte. Con il resto, prendi una casetta in campagna. Tranquillo, lontano da tutto. Nessuno vi disturberà più.”

Dopo qualche mese, Vittorio e Balù si trasferirono in una piccola casa di legno con un giardino. E poco dopo, anche Emilia si unì a loro. Piantarono alberi di melo, presero delle galline e ogni sera si sedevano insieme, tenendosi per mano.

Sì, la vita a volte è crudele. Ma la bontà trova sempre la sua strada. Anche nella notte più buia.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

three × two =

«Mamma, voglio tornare a casa»: come sono stato cacciato dal mio appartamento