“Mangia tu questa schifezza”: come mia sorella mi ha umiliata davanti a tutti per una torta
Alessandra aveva pettinato con cura i suoi capelli, indossato il vestito più elegante e, dopo una spruzzata leggera di profumo, era partita per il compleanno della sorella maggiore, Beatrice. Tra le mani stringeva una scatola ben incartata contenente una torta, sperando che fosse una gradita sorpresa e che ammorbidisse un po’ i loro rapporti complicati. Arrivata al quinto piano, Alessandra suonò due volte. La porta si aprì, e Beatriceraggiante, con un nuovo accappatoio e i boccoli impeccabiliesclamò con entusiasmo:
È per me?! Immagino che tu non abbia dimenticato il mio compleanno?
Certo che è per te, rispose Alessandra con calma, porgendole la scatola.
Beatrice prese la torta con curiosità, sollevò il coperchio e vi gettò un’occhiata. Sul suo volto, l’ammirazione lasciò presto spazio al sospetto.
L’hai fatta tu?
Sì, rispose Alessandra con una lieve esitazione.
Sicura? Beatrice aggrottò le sopracciglia, girando la scatola tra le mani. E con cosa è fatta?
Dobbiamo davvero parlare della ricetta, o raggiungiamo gli ospiti? cercò di evitare Alessandra.
Ma era troppo tardi. Beatrice sentiva che qualcosa non tornavae a ragione. Tre giorni prima, aveva chiamato la sorella in lacrime:
Mi sono rotta l’unghia e ho litigato con Marco. Non ne ho più voglia! Cancella la torta, cancella tutto!
Alessandra aveva preso la notizia con filosofia e accettato un ordine urgente da una cliente abituale. Ma proprio a pranzo, Beatrice aveva richiamato:
Ci siamo riconciliati! Mi ha regalato un braccialetto d’oro! Ti aspetto alle settecon la torta!
Avevi annullato tutto balbettò Alessandra.
Smettila di cercare scuse! Sei una pasticcera, dimostra cosa sai fare!
Alessandra aveva provato a spiegare che una torta non si prepara in sei ore, ma Beatrice aveva insistito. Aveva persino chiamato la loro madre, sperando in un po’ di sostegno:
È così difficile fare un piacere a tua sorella? le aveva risposto.
Capendo di essere sola, Alessandra si era arrangiata: aveva comprato una torta invenduta da una pasticcera poco conosciuta, anche lei di nome Alessandra (no, non la stessa, un’altra). Esternamente, sembrava perfetta. L’intenzione contava, no? Ma Beatrice capì subito l’inganno.
Alessandra, vieni qui! gridò verso la cucina.
Una bruna dai capelli lunghi apparve, e Alessandra la riconobbe all’istante.
È la tua torta? chiese Beatrice con tono gelido.
La mia. Lei me l’ha comprata. Quindi questa è la tua famosa sorella pasticcera? rise l’altra Alessandra.
Alessandra si bloccò. Gli ospiti tacquero. Beatrice, con le labbra serrate, strappò il coperchio, immerse un dito nella cremae lo schiaffò violentemente sul viso della sorella.
Mangia tu questa schifezza! sibilò. Non hai nemmeno avuto la decenza di fare qualcosa di tuo. Per favore, vattene!
Spinse Alessandra fuori prima di fare lo stesso con l’altra pasticcera. Quest’ultima, uscendo, insultò tutta la casa e fece un gesto osceno.
Fuori, Alessandra si asciugò il viso con delle salviette e aprì il telefono. Dozzine di messaggi della madre l’aspettavano:
Disonori la famiglia! Ingannare tua sorella! Non hai vergogna?
Non rispose. Spense semplicemente lo schermo in silenzio. Ma non era finita.
Il giorno dopo, un post di Beatrice apparve sui social: «Non fidatevi nemmeno di vostra sorellami ha portato una torta comprata da un’altra, fingendo fosse sua. Che vergogna.»
Alessandra pianse tutta la mattina. Poi si riprese. No, per loro. Per sé. Quel giorno, fece un giuramento: mai più una torta per la famiglia. Mai più un gesto di buona volontà verso chi può schiacciarti in un attimo.
E per la prima volta da tanto tempo, si sentì più leggera. Perché da quel momento, la sua vita avrebbe contenuto solo ciò che era davvero dolce. Senza falsità. Senza ipocrisia. E senza chi si chiama famiglia.