Marco, ma sei fuori di testa? Credi che ti inviti a vivere da me per i soldi? Mi dispiace per te, ecco tutto.

Cosimo, ma sei sano di mente? Credi che ti abbia invitato a vivere da me per i soldi? Mi fai pena, ecco tutto.

Cosimo sedeva sulla sedia a rotelle e fissava la strada attraverso i vetri impolverati. Non era stato fortunato: la finestra della stanza dospedale dava sul cortile interno, dove cera un giardino con negozietti e aiuole, ma quasi nessuno lo frequentava.

Per di più, era inverno, e i pazienti raramente uscivano a fare una passeggiata. Cosimo era solo in stanza. Una settimana prima, il suo compagno di camera, Luca De Santis, era stato dimesso, e da allora la solitudine era diventata ancora più pesante.

Luca era un ragazzo socievole, allegro, e conosceva un milione di storie che raccontava interpretando i personaggi, come un vero attore. E infatti era un attorestudiava al terzo anno di accademia teatrale.

Insomma, con Luca era impossibile annoiarsi. Inoltre, sua madre veniva ogni giorno, portando dolci fatti in casa, frutta e caramelle, che Luca condivideva generosamente con Cosimo.

Con la partenza di Luca, la stanza aveva perso ogni traccia di calore, e ora Cosimo si sentiva più solo e inutile che mai.

I suoi pensieri malinconici furono interrotti dallarrivo dellinfermiera. Guardandola, si rattristò ancora di più: invece della giovane e simpatica Sara, era arrivata la solita infermiera Luisa Arnaldi, perennemente imbronciata e scontenta.

In due mesi di degenza, Cosimo non laveva mai vista ridere o anche solo sorridere. E la sua voce era perfettamente in linea con lespressione del viso: tagliente, brusca, sgradevole, insomma.

Che fai lì impalato? A letto, subito! sbottò Luisa Arnaldi, tenendo in mano una siringa carica di medicinale.

Cosimo sospirò rassegnato, girò la sedia a rotelle e si avvicinò al letto. Con movimenti rapidi, Luisa lo aiutò a sdraiarsi e lo girò a pancia in giù.

Togliti i pantaloni, ordinò. Cosimo obbedì e non sentì nulla. Luisa era abile con le iniezioni, e per questo Cosimo ogni volta la ringraziava mentalmente.

*Chissà quanti anni ha?* pensò, osservandola mentre cercava con attenzione una vena sul suo braccio magro. *Devessere già in pensione. Con la pensione misera che danno, è costretta a lavorare ancora. Ecco perché è così arrabbiata.*

Intanto, Luisa infilò lago sottile in una vena pallida e appena visibile, facendolo sobbalzare appena.

Fatto. Il dottore è passato oggi? chiese allimprovviso, già pronta ad andarsene.

No, non ancora, rispose Cosimo scuotendo la testa. Forse più tardi

Aspetta. E non stare vicino alla finestrati prende laria, sei già secco come unacciuga, disse Luisa, uscendo dalla stanza.

Cosimo avrebbe voluto offendersi, ma non ci riusciva: nelle parole dellinfermiera, oltre alla solita rudezza, sembrava nascondersi una forma di preoccupazione. Per quanto strana, era pur sempre affetto, e lui non ne aveva mai ricevuto.

Cosimo era un orfano. I genitori erano morti quando aveva quattro anni. Nella loro casa di campagna era scoppiato un incendio, e Cosimo era lunico sopravvissuto.

Quellevento gli aveva lasciato una cicatrice sulla spalla e sul polso, che erano rimasti deformi: sua madre, nel tentativo disperato di salvarlo, lo aveva spinto fuori dalla finestra in una pila di neve.

Era riuscita a farlo un attimo prima che il tetto in fiamme crollasse, seppellendo tutta la famiglia. Così, Cosimo era finito in un orfanotrofio. Aveva dei parenti, ma nessuno si era fatto avanti per accoglierlo.

Dalla madre aveva ereditato un carattere dolce, sognatore, e occhi verdi luminosi; dal padre, laltezza, il passo deciso e un talento per la matematica.

Ricordava poco dei suoi genitori, e solo qualche frammento della sua vita precedente emergeva nella memoria: sua madre a una festa di paese, lui che rideva e sventolava una bandierina; suo padre che lo portava sulle spalle mentre il vento caldo destate gli accarezzava le guance.

Ricordava anche un grosso gatto rosso che si chiamava Micio o forse Romeo Ma oltre ai ricordi, non gli era rimasto nulla: nemmeno lalbum di foto di famiglia, distrutto nellincendio.

In ospedale nessuno lo veniva a trovarenon cera nessuno. A diciotto anni, lo Stato gli aveva assegnato una stanza luminosa in un dormitorio, al quarto piano.

Vivere da solo gli piaceva, ma a volte lo assaliva una tristezza così profonda da fargli venir voglia di piangere. Con il tempo si era abituato alla solitudine, e anzi, aveva scoperto che aveva i suoi vantaggi.

Ma il passato nellorfanotrofio a volte si faceva sentire: vedendo i bambini con i genitori nei parchi, nei supermercati, per strada, Cosimo era sopraffatto da pensieri amari e malinconici

Dopo le superiori, aveva provato a entrare alluniversità, ma non aveva ottenuto il punteggio necessario. Aveva dovuto iscriversi a un istituto tecnico. Là si era trovato bene, e la specializzazione gli piaceva.

Ma con i compagni di classe non aveva legato: timido e riservato, Cosimo non li interessava. E poi, non aveva molto da direpreferiva libri e riviste scientifiche alle chiacchiere e ai videogiochi.

A volte parlavano, ma solo di studi. Stessa storia con le ragazze: la sua timidezza non era un tratto attraente, quando cerano altri ragazzi più sicuri di sé e loquaci in cerca della loro attenzione.

Inoltre, a diciotto anni e mezzo, Cosimo sembrava ancora un sedicenne. Presto era diventato lo “strano” del gruppo, ma a lui, in fondo, non importava.

Due mesi prima, correndo su un marciapiede ghiacciato per non arrivare tardi a lezione, Cosimo era scivolato in una galleria e si era rotto entrambe le gambe. Le fratture erano complicate, la guarigione dolorosa, ma nelle ultime settimane stava migliorando.

Sperava di essere dimesso presto, ma con quella speranza era arrivata anche lansia: nel dormitorio dove viveva non cera ascensore né strutture per disabili. E visto il suo stato, sarebbe rimasto sulla sedia a rotelle ancora a lungo

Dopo pranzo arrivò il dottor Romano Abate, lortopedico.

Dopo aver esaminato le gambe e le radiografie, annunciò:

Bene, Costantino, buone notizie: le fratture stanno finalmente guarendo come dovrebbero. Tra qualche settimana potrai usare le stampelle. Non ha più senso tenerla qui, continuerà la terapia in ambulatorio. Tra unora le porteranno i documenti e sarà libero. Qualcuno verrà a prenderla?

Cosimo annuì in silenzio.

Perfetto. Chiamo Luisa, la aiuterà con le cose. Stia bene, Costantino, e cerchi di non tornare qui.

Ci proverò.

Il medico gli fece unocchiata complic

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