Marinai avvistano un cane che nuota in mare aperto. Avvicinandosi, il loro mondo si è CAPOVOLTO per quello che hanno visto…

I marinai avvistarono un cane che nuotava in mezzo al mare. Quando si avvicinarono, il loro mondo si CAPOVOLSE davanti a ciò che videro
Le sue dita tremavano, ma non per il freddo. Stringeva una coperta contro il dorso del cane, come se stesse coprendo un bambino. Lodore del pelo bagnato si mescolava al metallo, allo iodio e al vecchio gasolioil vero profumo del ponte e di una vita che cercavano disperatamente di salvare.
Andrea si alzò, fissando lorizzonte. Il vento gli sferzava il viso, i capelli appiccicati alla fronte. Sotto i suoi piedi, sentiva la vibrazione della nave, il ruggito sordo del motore nelle profondità, il freddo del corrimano di ferro tra le dita.
Tutto in lui urlava: «Non tuffarti, non rischiare!» Ma quel cane lo guardava in un modo che persino le tempeste più furiose sembravano silenziose al confronto. Michele si asciugò il viso e annuì verso il collare.
Sopra, con lettere sbiadite, cera un solo nome: «Pallino». Non era lì per caso, disse lui, ingoiando a fatica. Non erano solo le onde a portarla lì. Ma Niccolò annuì, accarezzando il muso bagnato.
Quel cane non stava nuotando senza meta. Qualcuno lo aspettava. Stava andando da qualche parte, lo capirono. Dario sospirò, accovacciandosi per guardare il cane negli occhi.
«Che vuoi dirci, piccola? Cosa cè là, in fondo?» chiese, ma il cane sollevò solo la testa e fissò di nuovo lorizzonte. Il vento gelido sollevava schiuma, rubando il fiato. Le onde battevano contro lo scafo con un tonfo sordo.
Le gocce dacqua cadevano sul metallo come rintocchi di campanelli. Tutto si fuse in una melodia sorda, carica di una domanda senza risposta. Andrea fece un passo indietro, guardando lequipaggio.
«Labbiamo salvata» disse, con voce rotta. «Basta così. Dobbiamo mantenere la rotta.»
Ma Dario scosse la testa. Michele distolse lo sguardo. E Niccolò, abbracciando il cane, sussurrò: «Ma non sappiamo ancora chi ci sta guidando.»
Quelle parole rimasero sospese nellaria, come un presagio di qualcosa di più grande. Nessuno di loro immaginava che quel cane li avrebbe spinti al confine tra vita e morte.
Il cane si svegliò di colpo, come se qualcuno avesse premuto un interruttore. Balzò in piedi, Niccolò riuscì a malapena ad afferrarlo per il collare. Il pelo bagnato si appiccicava ai fianchi, il respiro era affannoso, gli occhi brillavano di una luce strana. Si allungò verso la fiancata, strattonando con tale forza che Niccolò quasi cadde sul ponte.
«Piano, piano» Lo strinse a sé, sentendo il corpo tremare, il cuore battere sotto il pelo come se volesse scappare. Dario si avvicinò con una tazza di minestra calda.
Il vapore si alzava nellaria gelida, mescolandosi allodore acre dellacqua salata. «Su, mangia un po!» avvicinò la tazza al muso, ma il cane neanche la guardò. Si divincolò di nuovo verso la fiancata, graffiando il metallo con gli artigli.
Il suono squarciava le orecchie come un coltello su stoffa grezza. Andrea si avvicinò, socchiudendo gli occhi. Il vento lo colpiva in faccia, quasi lo sfidasse a tornare al ponte di comando e dimenticare tutto.
«Perché vuole andare là?» chiese, la voce incrinata ma poi dura. Aveva perso la testa? Michele stava più indietro, le mani nelle tasche. Le labbra serrate, lo sguardo fissava lorizzonte.
Taceva, ma dentro ribolliva una tempesta che nemmeno lui osava ammettere. Niccolò accarezzò il cane sulla testa, sentendo il pelo ancora freddo e pungente dacqua salata. «Non si butta a caso, vedete? Fissa sempre quella direzione.» Indicò la linea sfocata dellorizzonte. «Sa qualcosa. Forse qualcuno laspetta.»
Dario si accovacciò accanto, posando la tazza sul ponte. Il vapore della minestra svaniva nellaria umida. Accarezzò il fianco bagnato del cane, sussurrandogli: «Piccola, chi ti aspetta là? Il tuo padrone? O qualcun altro? Non sei venuta qui per caso, vero?»
Il cane ululò, piano e lungo, come se stesse raccontando qualcosa che non poteva dire a parole. Quel suono si diffuse sul ponte, perdendosi tra le onde e la nebbia.
Finalmente Michele parlò, i denti serrati: «Non possiamo ignorarlo. Se è disposta a tornare nella tempesta, là cè qualcosa più importante della sua vita.» Andrea si voltò, guardando le onde che si alzavano.
Il sale bruciava la pelle, lasciando un sapore amaro sulle labbra. Si passò una mano sul viso, come per cancellare la scena. «Dobbiamo mantenere la rotta» borbottò, ma la voce non era più così ferma.
Dario bevve un sorso dalla tazza. Il liquido bollente gli bruciò la gola, ma non batté ciglio. «Ricordo una storia» disse, fissando il cane. «Da ragazzo, nel mio paese, un pastore tedesco si gettò nel fiume per il suo padrone. Luomo annegò, ma il cane nuotò per tre giorni prima di crollare. Nessuno riuscì a fermarlo. Credeva ancora.» Guardò Andrea. «Anche lei crede. Così tanto da voler saltare di nuovo verso la morte.»
Il cane ululò ancora, più forte, come un grido dellanima. Niccolò lo strinse, sentendo le zampe tremare, il respiro caldo sul collo.
Michele si avvicinò, posando una mano sulla spalla di Andrea. «Hai sempre detto che il mare non perdona i deboli. Forse lei è la forza di cui parlavi.» Andrea si voltò di scatto, incrociando gli occhi del cane.
Quello sguardo lo trapassò. Non cera paura, solo una muta richiesta e una ferrea determinazione. Inspirò, sentendo il vento gelido bruciargli i polmoni, lodore del pelo bagnato mischiarsi al pesante odore del carburante.
«E allora cosa proponi?» chiese, anche se già sapeva la risposta. Niccolò annuì verso lorizzonte. «Andare a vedere»

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