I marinai avvistarono un cane che nuotava in mezzo al mare. Avvicinandosi, il loro mondo si CAPOVOLSE davanti a ciò che videro…
Le sue dita tremavano, non per il freddo. Stringeva una coperta sulla schiena del cane, come se stesse coprendo un bambino. Lodore del pelo bagnato si mescolava al metallo, allo iodio e al vecchio gasolio, il profumo autentico del ponte e della vita che cercavano di salvare.
Luca si alzò, fissando lorizzonte. Il vento gli sferzava il viso, i capelli incollati alla fronte. Sotto i piedi sentiva le vibrazioni della nave, il rombo sordo del vecchio motore nelle profondità, il gelido metallo del corrimano sotto le dita.
Tutto in lui urlava: «Non rischiare, non pensarci!». Ma quel cane lo guardava con tale intensità che persino le tempeste più furiose sembravano silenziose al confronto. Marco si asciugò il viso e annuì verso il collare.
Sopra, con lettere sbiadite, cera un solo nome: «Briciola». Non era lì per caso, disse, ingoiando a fatica. Non era stata solo la corrente a portarla lì. Ma Giovanni annuì, accarezzando il muso bagnato.
Non stava solo nuotando, qualcuno laspettava. Aveva una destinazione, capirono. Davide sospirò, accovacciandosi per guardare il cane negli occhi.
«Cosa vuoi dirci, piccola? Cosa cè là fuori?» chiese, ma il cane sollevò solo la testa e tornò a fissare lorizzonte. Il vento gelido sollevava la schiuma, togliendo il fiato. Le onde battevano contro lo scafo con un rombo profondo.
Le gocce dacqua cadevano sul metallo come rintocchi di campane. Un suono che si fondeva in una melodia sorda, carica di una domanda senza risposta. Luca fece un passo indietro, guardando lequipaggio.
«Labbiamo salvata», disse con voce rotta. «Basta così. Dobbiamo mantenere la rotta.»
Ma Davide scosse la testa. Marco distolse lo sguardo. E Giovanni, abbracciando il cane, sussurrò: «Ma non sappiamo ancora chi sta cercando.»
Quelle parole rimasero sospese, come un presagio di qualcosa di più grande. Nessuno di loro immaginava che quel cane li avrebbe condotti al confine tra vita e morte. Briciola si svegliò di colpo, come se qualcuno avesse acceso un interruttore.
Balzò in piedi, quasi facendo cadere Giovanni, che la trattenne per il collare. Il pelo fradicio le si appiccicava ai fianchi, il respiro affannoso, gli occhi ardenti di una luce strana. Si protese verso la fiancata, tirando con tale forza che Giovanni barcollò sul ponte.
«Piano, piano», la trattenne, sentendola dibattersi tra le sue braccia, il cuore sotto il pelo bagnato che batteva furioso. Davide si avvicinò con una tazza di brodo caldo.
Il vapore si alzava nellaria fredda, mescolandosi allodore pungente dellacqua salata. «Ecco, mangia qualcosa!» Le avvicinò la tazza, ma Briciola ignorò il cibo. Si divincolò di nuovo verso la fiancata, graffiando il metallo con gli artigli.
Il rumore squarciò laria come un coltello su un tessuto. Luca si avvicinò, strizzando gli occhi. Il vento lo schiaffeggiava, come per spingerlo a tornare al ponte di comando e dimenticare tutto.
«Perché vuole tornare là?» chiese, la voce incerta ma poi ferma. «È impazzita?» Marco stava in disparte, le mani in tasca, le labbra serrate, lo sguardo fisso allorizzonte.
Taceva, ma dentro di lui ribolliva una tempesta che non osava confessare. Giovanni accarezzò la testa del cane, sentendo il pelo ancora freddo e ruvido di sale. «Non si agita per nulla, vedete? Fissa sempre quella direzione.» Indicò la linea confusa dellorizzonte.
«Sa qualcosa. Forse qualcuno laspetta.» Davide si sedette accanto a lei, posando la tazza sul ponte.
Il vapore del brodo svaniva nellaria umida. Le toccò il fianco bagnato, sussurrando: «Piccola, chi ti aspetta là? Il tuo padrone? O qualcun altro? Non sei qui per caso, vero?» Briciola emise un ululato lungo e triste, come se raccontasse qualcosa che non poteva dire a parole. Quel suono si perse nella nebbia, tra i gemiti delle onde.
Finalmente Marco parlò, stringendo i denti. «Non possiamo ignorarlo. Se è pronta a tornare nella tempesta, significa che là fuori cè qualcosa più importante della sua vita.» Luca si voltò, osservando le onde che si alzavano.
Il sale gli bruciava la pelle, lasciando un sapore amaro sulle labbra. Si passò una mano sul viso, come per cancellare tutto. «Dobbiamo mantenere la rotta», borbottò, ma la voce ormai non era più sicura.
Davide bevve un sorso di brodo, ignorando il bruciore in gola. «Ricordo una storia», disse fissando il cane.
«Da ragazzo, nel mio paese, un pastore tedesco si gettò in un fiume per salvare il suo padrone. Luomo morì, ma il cane continuò a nuotare per tre giorni, finché non crollò. Nessuno riuscì a fermarlo. Credeva.» Guardò Luca. «Anche lei crede. Così tanto da voler affrontare la morte.»
Briciola ululò di nuovo, più forte, come un grido dellanima. Giovanni la strinse, sentendo le zampe tremare, il respiro caldo sul collo. Marco posò una mano sulla spalla di Luca. «Hai sempre detto che il mare non perdona i deboli. E se fosse lei la forza di cui parli?»
Luca si voltò di scatto, incrociando lo sguardo del cane. Quegli occhi lo trafiggevano. Non cera paura, solo una richiesta muta e una volontà di ferro. Inspirò, sentendo il vento freddo bruciargli i polmoni, lodore del pelo bagnato mischiarsi al gasolio.
«E allora cosa proponi?» chiese, anche se già lo sapeva. Giovanni annuì verso lorizzonte. «Andiamo a vedere…»
A volte, la vera forza non sta nel resistere, ma nel seguire ciò che il cuore sa, anche quando la ragione urla di voltare le spalle.