**Diario di Sofia**
Oggi è successo qualcosa che non dimenticherò mai. Quando mio marito è andato via, portandosi via tutto, mi sono sentita perduta. Con mia figlia, Giulia, di appena sei mesi tra le braccia e il portafoglio vuoto, pensavo fosse la fine. Non è semplicemente partito: è scappato, svuotando il nostro conto, per rifarsi una vita in un altro posto. Ci ha lasciate in affitto, senza una parola, senza spiegazioni. Ero devastata, senza sapere da dove ricominciare.
Non mi aspettavo aiuto da nessuno. Mia madre mi ha liquidata con un secco: «Non ho spazio». A casa sua già viveva mia sorella maggiore con i suoi figli, e la sua parola era legge. Mi sono sentita un peso, abbandonata, sola.
Poi, un giorno, il campanello ha suonato. Non credevo ai miei occhi quando ho visto sulla soglia… Carla, mia suocera. Una donna con cui avevo avuto rapporti tesi per anni. Mi aspettavo rimproveri, risentimento, invece ha detto solo:
«Prendi le tue cose. Verrai da me con la bambina.»
Sono rimasta senza parole.
«Carla, grazie, ma forse è meglio di no…» ho balbettato, ma lei mi ha interrotta:
«Basta. Sei la madre di mia nipote, non un’estranea. Andiamo.»
Ha preso Giulia tra le braccia, l’ha guardata negli occhi e con dolcezza le ha sussurrato:
«Andiamo, stellina. La nonna ti racconterà una favola. Faremo passeggiate, ti farò le treccine… e la mamma intanto sistema tutto.»
Ero sbalordita. La stessa donna che una volta diceva che avevo «intrappolato suo figlio con una bambina», ora accarezzava la guancia di mia figlia come fosse sua. Ho raccolto le nostre cose, ancora incredula.
Carla ci ha dato la camera più grande del suo appartamento, trasferendosi in quella più piccola. Quando ho provato a protestare, ha scosso la testa:
«Sei una madre. La bimba ha bisogno di spazio. Presto inizierà a gattonare sui pavimenti di Roma. Io mi arrangio in cucina, sono abituata.»
A cena, ha preparato verdure al vapore e carne bollita.
«Stai ancora allattando», ha detto. «Ti farebbe bene.»
Nel frigo, scatole di omogeneizzati già pronte.
«Dobbiamo iniziare lo svezzamento. Se questo non va bene, ne prendiamo un altro. Dimmi pure tutto.»
Non ho retto e sono scoppiata in lacrime. Nessuno mi aveva mai trattata con tanta cura. Mi sono stretta a lei come una bambina e ho sussurrato:
«Grazie… Senza di te, non so dove saremmo finite.»
Mi ha abbracciata forte.
«Shh, piccola. Gli uomini sono così: dove tira il vento, loro corrono. Ho cresciuto mio figlio da sola, suo padre se n’è andato quando aveva otto mesi. Non permetterò che mia nipote soffra come abbiamo sofferto noi. Andrà tutto bene. Sei forte. Affronteremo tutto insieme.»
Abbiamo cominciato a vivere tutte e tre. Un anno è volato via. Al compleanno di Giulia, abbiamo spento insieme le candeline sulla torta: io, la mia piccola e quella che una volta credevo essere la mia nemica. Bevendo il caffè, ridendo, in quel momento mi sono sentita non più una madre sola, ma parte di una famiglia.
Poi, un altro colpo di scena: il campanello.
«Mamma», ha detto la voce di mio ex marito. «Vorrei presentarti qualcuno. Questa è Valeria. Possiamo stare da te qualche mese? Non ho lavoro, non posso permettermi un affitto…»
Sono diventata pallida. Il cuore mi si è gelato. Avevo paura: e se li avesse fatti entrare? Dopotutto, era suo figlio.
Carla non ha battuto ciglio.
«Vattene. E portatela via con te. Hai abbandonato una moglie e una neonata senza un euro, e ora osi ancora chiedere? Tu non sei più mio figlio. E tu, ragazza, stai attenta: con certi uomini non si vive a lungo. Quando vogliono, vengono, quando vogliono, se ne vanno.»
Ero senza fiato. Quella donna non la riconoscevo più: era diventata non una seconda madre, ma la prima. Quella che nella tempesta non mi ha voltato le spalle, ma mi ha teso la mano.
Sei anni insieme. Carla è stata al mio fianco quando mi sono risposata, occupando il posto d’onore al mio matrimonio, stringendo con orgoglio la mia mano mentre camminavo verso l’altare. Un mese dopo, abbiamo scoperto che aspettavo un maschietto. Ha pianto di gioia. E ho capito: a volte la vita toglie, solo per donare qualcosa di più grande. E a volte, la famiglia non è quella del sangue.