Marmellata di Tarassaco L’inverno di quest’anno è stato dolce e nevoso, senza il solito freddo pungente. Ma ora che la bella stagione è arrivata nel nostro piccolo comune, la voglia di togliersi il cappotto e passeggiare tra foglie verdi e colori vivaci si fa sentire più che mai. Taide aspetta ogni primavera con trepidazione: osservando dalla finestra del suo terzo piano, nota come la città si rianima appena l’aria si fa mite, il mercato si riempie di colori e le persone escono vestite di giacche leggere, svegliate al mattino dal cinguettio degli uccelli prima che suoni la sveglia. “Che meraviglia la primavera, ma d’estate sarà ancora più bello…”, pensa tra sé. Da tempo Taide abita in questa palazzina a cinque piani, e oggi vive insieme alla nipotina Vera, che frequenta la quarta elementare. Un anno fa, i genitori di Vera sono partiti per una lunga missione di lavoro in Senegal – sono entrambi medici – lasciando la bambina in affidamento alla nonna. “Mamma, ti lasciamo Vera, mica possiamo portarla laggiù. Sappiamo che con te sarà in ottime mani,” le aveva detto la figlia. “Ma certo, sarà più allegro con lei qui, ormai in pensione non ho altro da fare. Andate tranquilli, io e la mia Verina ci arrangiamo…” Vera era felice: “Evviva nonna! Andremo spesso al parco, tanto mamma e papà non hanno mai tempo per me!” Dopo aver preparato la colazione e accompagnato la nipote a scuola, Taide si dedica alle faccende domestiche finché, senza accorgersene, arriva l’ora di fare la spesa prima che Vera rientri. Uscendo dall’androne, trova già due vicine sedute sulla panchina, ognuna con il proprio cuscino per affrontare il fresco della mattina. La signora Semenzina, una donna sola di età indefinita, mantiene gelosamente segreto l’anno della sua nascita e vive al primo piano, mentre Valentina, esuberante lettrice settantacinquenne piena di storie e contraria per natura alla silenziosa Semenzina, abita anch’essa nel palazzo. Appena il sole scalda e la neve si scioglie, quella panchina non resta mai vuota, sempre occupata da chi sa tutto di tutti; Semenzina e Valentina, le decane del cortile, sono le vere dirigenti della vita di quartiere. Anche Taide si unisce talvolta alla loro compagnia, condividendo opinioni su gossip, riviste e programmi televisivi: Semenzina, per esempio, adora parlare della sua pressione alta. “Ciao belle, siete già in servizio stamattina?”, saluta Taide sorridendo. “Certo Taide, qui si presidia o ci danno l’assenza. Vai di corsa al supermarket, vero?”, domanda Semenzina, alla vista della sporta. “Giusto, devo comprare un dolcetto a Vera per la sua bravura – ma ora scappo!” E Taide si allontana. La giornata prosegue tra i soliti ritmi, il pranzo e i compiti di Vera, poi un po’ di televisione. Più tardi: “Nonna, vado a danza!” annuncia Vera, ormai impegnata da sei anni in ballo, con successo nelle gare e manifestazioni locali, fonte di grande orgoglio per Taide. “Certo Verina, corri pure,” la nonna la saluta contenta, attendendo il suo ritorno sulla panchina davanti al portone. “Che fai, ti annoi?” chiede il vicino Egidio dal secondo piano, sedendosi accanto. “Ma che noia! Guarda che giornata! È primavera: cielo azzurro, uccelli che cantano, ovunque tarassaco e fiori gialli come piccoli soli.” A quel punto arriva Vera e si lancia al collo della nonna gridando: “Bau, bau!” “Ma che birichina! Mi hai preso alla sprovvista, quasi mi fai morire di spavento!” ride Taide. “Ma non è ancora ora di discorsi seri,” scherza Egidio, battendo cordialmente la spalla della vicina. “Su, andiamo in casa, ti ho grattugiato la carota e preparato le polpette che ti piacciono tanto, devi aver fame dopo la danza!” invita amabilmente Taide la nipote. Anche Egidio si alza. “Parlavi di polpette e mi è venuta fame anche a me! Vado a cenare, ma dopo se vi va ci rivediamo sulla panchina o magari facciamo due passi.” “Non prometto, ho mille cose da fare… Vedremo.” Nonostante le tante occupazioni, quella sera Taide esce sulla panchina: Egidio già l’aspetta, stranamente senza le due vicine storiche. “Sono andate a mangiare da poco, Taide,” dice Egidio contento. Da quel giorno Taide e Egidio si incontrano spesso, passeggiano nel parco, leggono il giornale, discutono di ricette e attori, si confrontano sulle vicende del quartiere. La vita non è stata facile per Egidio: rimasto presto vedovo, ha cresciuto da solo la figlia Vera, lavorando anche su due fronti per non farle mancare nulla. Purtroppo, il tempo con lei era poco: la vedeva solo di sfuggita prima e dopo il lavoro. Vera, cresciuta, si è trasferita in città, ha avuto un figlio, ma dopo alcuni incontri saltuari, il rapporto si è spento. Dopo il divorzio, Vera è rimasta sola col figlio. “Taide, mia figlia arriva tra due giorni. Stamattina mi ha chiamato… Chissà come mai? Facciamo che stiamo in contatto dopo tanto tempo?” “Forse le manca la famiglia, a una certa età si è più sensibili…” azzarda Taide. “Mah… non so.” Vera arriva: sempre un po’ dura, sulle sue. Egidio teme una discussione, e infatti la figlia affronta subito il tema caldo. “Papà, dobbiamo vendere questa casa: tu vieni a vivere da me e con mio figlio, ci divertiamo di più tutti insieme,” ordina Vera, già decisa. Egidio si sente spaesato: non vuole lasciare la sua casa e non accetta di farsi trasferire come un ospite sotto lo sguardo burbero della figlia. Declina, dicendo di preferire la vita da solo. Ma Vera insiste. Scoperto che Egidio ha una particolare amicizia con Taide, decide di andare a trovarla. Si presenta gentile, si accomoda in cucina dove Taide prepara tè, caramelle e marmellata. “Parlami pure, Vera,” esorta calma Taide. “Vedo che siete molto intimi con mio padre,” inizia Vera. “Non potrebbe aiutarlo a convincerlo a vendere questa casa? Davvero, da solo non se ne fa nulla!” Taide resta esterrefatta dall’arroganza della figlia e risponde negativamente. Vera perde le staffe, sbraita, urla accuse e insulti: “Certo! Vuoi accapparrarti la casa per tua nipote, eh? Vi vedo lì a ridacchiare sulle panchine, a parlare di tarassaco e salute… Due vecchi innamorati, magari vi sposate? Lo dico subito: tu non avrai nulla da me, vecchia megera!” E sbattendo la porta se ne va. Taide, in imbarazzo, teme che i vicini abbiano sentito tutto. Fortuna che Vera, poco dopo, smette di farsi vedere. Da allora Taide evita accuratamente Egidio, ma la vita segue sempre il proprio corso. Un pomeriggio, tornando dal panettiere, vede Egidio seduto davanti al portone: tiene dei tarassachi gialli tra le mani, sta intrecciando una coroncina. “Taide, aspettami, fermiamoci un momento. Scusami per mia figlia… So che è venuta da te e ti ha detto cose spiacevoli. Abbiamo parlato, continuerò ad aiutare mio nipote, ma lei non può comportarsi così. Se n’è andata dicendo che non è più sua figlia… E io…” Si interrompe e le porge la coroncina di tarassaco. “Tienila. Ho anche fatto la marmellata di tarassaco: è buonissima e fa benissimo, devi provarla assolutamente! Ottima anche nell’insalata!” sorride Egidio. Da quel giorno, insieme preparano l’insalata, e Taide prende l’abitudine di bere il tè con la sua nuova marmellata preferita, condividendo cene, chiacchiere e serate al parco. “Ho l’ultimo numero del nostro giornale preferito, ci leggiamo qualcosa sotto la nostra vecchia pianta di tiglio?” propone Egidio. Taide ride, si siede accanto a lui: il tempo vola, le parole scorrono leggere e il resto del mondo svanisce. Insieme, si sentono finalmente felici. Marmellata di Tarassaco: una storia di primavera, amicizia e rinascita in un piccolo comune italiano

Marmellata di Tarassaco

È appena finito linverno, questanno senza gelate pesanti, soffice di neve, quasi piacevole per quanto è stato mite. Ma ormai avevo voglia di togliere il cappotto e respirare aria nuova, con il verde che rispunta e i mille colori nei viali.

La primavera è arrivata in questa cittadina della provincia lombarda. Rosangela ama la primavera, la aspetta ogni anno come un premio per la pazienza del freddo, e finalmente era tornata. Dalla sua finestra al terzo piano guardava giù e pensava:

Con il primo sole caldo sembra che la città si desti finalmente dal letargo. Anche le macchine suonano diverse e il mercato si riempie di voci. La gente cammina allegra nei giacchetti colorati, le rondini ci svegliano prima della sveglia. Che bello la primavera ma lestate sarà ancora meglio!

Rosangela vive da molti anni in quel palazzo di cinque piani; adesso sta sola con sua nipote Aurelia, che frequenta la quarta elementare. Un anno fa i genitori di Aurelia, entrambi medici, sono partiti per una missione in Africa, affidando la figlia alla nonna.

Mamma, ti lasciamo in consegna la nostra Aurelia, non ce la sentiamo di portarla con noi laggiù. Sappiamo che ti prenderai cura della tua nipotina adorata, le aveva detto sua figlia.

Certo che la terrò docchio! In pensione che altro devo fare, sarà più divertente così, aveva risposto Rosangela.

Evviva nonna! Staremo bene qui insieme, andremo sempre al parco, i miei hanno sempre troppo lavoro per portarmici finalmente qualcuno che pensa un po a me! aveva esultato Aurelia.

Rosangela preparò la colazione a Aurelia e la mandò a scuola, poi si dedicò alle faccende di casa senza accorgersi del tempo che passava.

Vado a fare un salto al supermercato, così quando Aurelia torna da scuola trovo tutto pronto. Le ho promesso qualcosa di dolce per i suoi voti belli, pensava chiudendo la porta dietro di sé.

Appena uscita dal portone del condominio incontrò due vicine sedute sulla panchina allingresso, imbottita di cuscini per non sentire il freddo del legno. La signora Bazzani età indefinita, forse settanta, forse più, mai stato chiaro abita al piano terra, vedova e riservata, teneva sempre segreto tutto su di sé. Ed Enrica, settantacinque anni, piena di energia e senso dellumorismo, sempre pronta a raccontare storie, lopposta di Bazzani che invece si lamenta di continuo.

Appena spunta il sole la panchina si popola, cè sempre qualcuno; Bazzani ed Enrica sono le regine indiscusse, capaci di stare lì dal mattino a sera salvo le pause per il pranzo. Sanno tutto di tutti, neanche una mosca scappa ai loro occhi.

Rosangela spesso si ferma con loro, si commenta il giornale, le notizie dalla TV, si parla di medicine la signora Bazzani con il solito racconto sulla pressione alta.

Ciao donne, sorride Rosangela, sempre in servizio eh?

Certo, Rosy! Se no chi tiene docchio il quartiere? Ti vedo pronta per la spesa, hai promesso dolci a Aurelia, dice Bazzani, vedendo la sporta.

Esatto, mi muovo prima che Aurelia torni. Le ho promesso un po di cioccolato per un bel dieci, salutò Rosangela e si avviò.

La giornata passò come sempre; riprese la nipote a scuola, preparò il pranzo, Aurelia si mise sui compiti, e Rosangela si rilassò davanti alla TV.

Nonna, io vado alla danza! sentì dire da Aurelia.

Era già pronta con lo zainetto e il telefono. Ballava da sei anni e faceva spettacoli dappertutto, Rosangela ne era orgogliosa.

Vai Aurelia, divertiti, le sorrise la nonna, salutandola alla porta.

Poi Rosangela si sedette da sola sulla panchina fuori, aspettando la nipote.

Che nostalgia ti vedo, si sedette accanto il Signor Ernesto, un vicino del secondo piano.

Ma dai, Ernesto, impossibile annoiarsi con questa giornata! Primavera, il tempo è splendido, rispose Rosangela.

Sì, il sole comincia a scaldare, i merli cantano, dappertutto sbucano le margherite e tanti fiori gialli nei prati. Sembrano tanti piccoli soli, disse sorridendo Ernesto, e Rosangela annuiva.

A quel punto Aurelia saltò dietro alle spalle della nonna urlando:

Bau bau!

Sei proprio una monella! Ci mancava poco che mi prendevi dal colpo, rise Rosangela.

Dai non esagerare, aggiunse Ernesto, dandole una pacchetta sulla spalla.

Vieni Aurelia, ti ho grattugiato la carota con lo zucchero, avrai fame dopo la danza, e i tuoi polpettini preferiti sono pronti, invitò la nonna dolcemente.

Ernesto si alzò con loro.

Mi hai messo fame con la storia delle polpette, vado anchio che è ora, disse il vicino. Ma poi vieni ancora qui fuori, magari passeggiamo un po.

Non prometto ci sono tante cose da fare vedremo

Ma alla sera uscì di nuovo sulla panchina. Salutò Ernesto e entrò con Aurelia, mentre lui li seguiva.

Nonna, Ernesto si fa avanti con te, rise Aurelia una volta dentro.

Ma cosa dici? ribatté Rosangela.

È da tempo che lo noto come ti guarda! Se solo Riccardo della sezione accanto mi guardasse come lui guarda te, sarei la regina della classe, scherzava Aurelia.

Siediti a tavola, osservatrice mia. Riccardo magari ti guarda, chi lo sa! sorrise la nonna.

Alla fine Rosangela tornò sulla panchina e trovò Ernesto ad aspettarla, ormai le due vecchie signore se ne erano andate.

Bazzani e Enrica sono appena rientrate a cena, disse felice Ernesto.

Da quella sera cominciarono ad incontrarsi spesso, a volte si incamminavano al parco di fronte. Leggevano il giornale, si raccontavano ricette, storie di artisti, aneddoti.

La vita non aveva regalato momenti facili a Ernesto. Aveva avuto moglie, figlia e nipote, poi era diventato vedovo troppo presto; aveva cresciuto Elisabetta come meglio poteva, lavorando in doppio turno per non farle mancare niente. Ma vedeva poco la figlia partiva che dormiva, tornava ed era già di nuovo a letto.

Elisabetta crebbe, si sposò e si trasferì in unaltra città, ebbe un figlio. Dopo alcune visite smise di farlo, e quando veniva non mostrava segni di vera gioia familiare. Uscita da un matrimonio di quindici anni, crescette il figlio da sola.

Rosy, mia figlia arriva tra due giorni. Stamattina mi ha chiamato, chissà come mai dopo tanto tempo, confidò Ernesto. Con Rosangela parlava ormai di tutto, sapere reciproco e niente segreti.

Magari sente nostalgia, alla certa età il bisogno di famiglia si fa sentire, suggerì lei.

Non sono sicuro, non lo so

Elisabetta arrivò. Dura, scontrosa, fredda. Ernesto aspettava una conversazione seria, che non tardò a venire.

Papà, sono qui per parlarne seriamente: vendiamo la tua casa, così ti trasferisci da noi. Con me e tuo nipote ti diverti di più, insistette decisa, ormai convinta.

Ma Ernesto si sentì a disagio: non voleva lasciare la sua casa per andare a sorveglianza da una figlia che non gli era mai stata molto vicina. Rifiutò, dicendo che ormai era abituato a stare solo.

Elisabetta non mollò. Seppe dellamicizia colla vicina e si presentò da Rosangela. Saluti formali, poi tè, caramelle, marmellata.

Dimmi, Elisabetta, chiese Rosangela con dolcezza.

Ho visto che siete molto legati. Potresti aiutarlo a convincerlo a vendere casa? Che se ne fa di tutto quel spazio solo? Potreste pensare anche agli altri, no? concluse bruscamente.

Rosangela rimase sorpresa dal calcolo e cinismo. Rispose che non lavrebbe fatto. Elisabetta cambiò tono, diventò paonazza e urlò:

Capisco magari sei tu quella che vuole la casa! Hai trovato il vecchio solo e vuoi sistemare Aurelia. Che teneri che siete in panchina, chissà tra di voi Vi manca solo la richiesta in Comune! Ti avverto: non ti illudere, non otterrai nulla, gridò prima di uscire sbattendo la porta.

Rosangela temette che i vicini avessero sentito. Dopo qualche giorno Elisabetta se ne andò. Rosangela, però, iniziò a scansare Ernesto, tornando a casa subito se lo vedeva.

Continuavo a bere tè con marmellata di tarassaco
Ma non si può scappare tutta la vita. Un pomeriggio, tornando dal mercato, trovai Ernesto sulla panchina, con in mano un mazzo di fiori gialli, già intento a farne una corona.

Rosangela, non scappare, mi chiamò, siediti un attimo. Ti chiedo scusa per mia figlia. So che è venuta da te e si è lasciata andare Abbiamo parlato seriamente, aiuterò mio nipote come posso, ma lei non si dovrebbe comportare così. È partita dicendo che non sono più suo padre E io si interruppe e mi porse la coroncina di tarassaco, prendi, ho fatto anche la marmellata di tarassaco, davvero deliziosa e fa bene, devi provarla. Ottima anche nellinsalata, sorrideva Ernesto.

Dopo quella chiacchierata sulla virtù del tarassaco, preparammo insieme linsalata. E il tè con la marmellata: squisita. La sera passeggiammo ancora al parco.

Ho lultimo numero della nostra rivista preferita, leggiamolo sulla panchina sotto il tiglio, disse Ernesto arrivando davanti al nostro posto.

Mi sedetti e scoppiammo a ridere, presi a parlare di tutto e il tempo volò. Eravamo proprio bene insieme, io ed Ernesto.

Ecco cosa ho capito: nella vita, la primavera ritorna sempre e ti porta qualcosa di buono, anche quando sembra che tutto intorno si ghiacci. Dare e ricevere gentilezza è la vera marmellata dei giorni migliori. Che la fortuna accompagni anche voi.

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Marmellata di Tarassaco L’inverno di quest’anno è stato dolce e nevoso, senza il solito freddo pungente. Ma ora che la bella stagione è arrivata nel nostro piccolo comune, la voglia di togliersi il cappotto e passeggiare tra foglie verdi e colori vivaci si fa sentire più che mai. Taide aspetta ogni primavera con trepidazione: osservando dalla finestra del suo terzo piano, nota come la città si rianima appena l’aria si fa mite, il mercato si riempie di colori e le persone escono vestite di giacche leggere, svegliate al mattino dal cinguettio degli uccelli prima che suoni la sveglia. “Che meraviglia la primavera, ma d’estate sarà ancora più bello…”, pensa tra sé. Da tempo Taide abita in questa palazzina a cinque piani, e oggi vive insieme alla nipotina Vera, che frequenta la quarta elementare. Un anno fa, i genitori di Vera sono partiti per una lunga missione di lavoro in Senegal – sono entrambi medici – lasciando la bambina in affidamento alla nonna. “Mamma, ti lasciamo Vera, mica possiamo portarla laggiù. Sappiamo che con te sarà in ottime mani,” le aveva detto la figlia. “Ma certo, sarà più allegro con lei qui, ormai in pensione non ho altro da fare. Andate tranquilli, io e la mia Verina ci arrangiamo…” Vera era felice: “Evviva nonna! Andremo spesso al parco, tanto mamma e papà non hanno mai tempo per me!” Dopo aver preparato la colazione e accompagnato la nipote a scuola, Taide si dedica alle faccende domestiche finché, senza accorgersene, arriva l’ora di fare la spesa prima che Vera rientri. Uscendo dall’androne, trova già due vicine sedute sulla panchina, ognuna con il proprio cuscino per affrontare il fresco della mattina. La signora Semenzina, una donna sola di età indefinita, mantiene gelosamente segreto l’anno della sua nascita e vive al primo piano, mentre Valentina, esuberante lettrice settantacinquenne piena di storie e contraria per natura alla silenziosa Semenzina, abita anch’essa nel palazzo. Appena il sole scalda e la neve si scioglie, quella panchina non resta mai vuota, sempre occupata da chi sa tutto di tutti; Semenzina e Valentina, le decane del cortile, sono le vere dirigenti della vita di quartiere. Anche Taide si unisce talvolta alla loro compagnia, condividendo opinioni su gossip, riviste e programmi televisivi: Semenzina, per esempio, adora parlare della sua pressione alta. “Ciao belle, siete già in servizio stamattina?”, saluta Taide sorridendo. “Certo Taide, qui si presidia o ci danno l’assenza. Vai di corsa al supermarket, vero?”, domanda Semenzina, alla vista della sporta. “Giusto, devo comprare un dolcetto a Vera per la sua bravura – ma ora scappo!” E Taide si allontana. La giornata prosegue tra i soliti ritmi, il pranzo e i compiti di Vera, poi un po’ di televisione. Più tardi: “Nonna, vado a danza!” annuncia Vera, ormai impegnata da sei anni in ballo, con successo nelle gare e manifestazioni locali, fonte di grande orgoglio per Taide. “Certo Verina, corri pure,” la nonna la saluta contenta, attendendo il suo ritorno sulla panchina davanti al portone. “Che fai, ti annoi?” chiede il vicino Egidio dal secondo piano, sedendosi accanto. “Ma che noia! Guarda che giornata! È primavera: cielo azzurro, uccelli che cantano, ovunque tarassaco e fiori gialli come piccoli soli.” A quel punto arriva Vera e si lancia al collo della nonna gridando: “Bau, bau!” “Ma che birichina! Mi hai preso alla sprovvista, quasi mi fai morire di spavento!” ride Taide. “Ma non è ancora ora di discorsi seri,” scherza Egidio, battendo cordialmente la spalla della vicina. “Su, andiamo in casa, ti ho grattugiato la carota e preparato le polpette che ti piacciono tanto, devi aver fame dopo la danza!” invita amabilmente Taide la nipote. Anche Egidio si alza. “Parlavi di polpette e mi è venuta fame anche a me! Vado a cenare, ma dopo se vi va ci rivediamo sulla panchina o magari facciamo due passi.” “Non prometto, ho mille cose da fare… Vedremo.” Nonostante le tante occupazioni, quella sera Taide esce sulla panchina: Egidio già l’aspetta, stranamente senza le due vicine storiche. “Sono andate a mangiare da poco, Taide,” dice Egidio contento. Da quel giorno Taide e Egidio si incontrano spesso, passeggiano nel parco, leggono il giornale, discutono di ricette e attori, si confrontano sulle vicende del quartiere. La vita non è stata facile per Egidio: rimasto presto vedovo, ha cresciuto da solo la figlia Vera, lavorando anche su due fronti per non farle mancare nulla. Purtroppo, il tempo con lei era poco: la vedeva solo di sfuggita prima e dopo il lavoro. Vera, cresciuta, si è trasferita in città, ha avuto un figlio, ma dopo alcuni incontri saltuari, il rapporto si è spento. Dopo il divorzio, Vera è rimasta sola col figlio. “Taide, mia figlia arriva tra due giorni. Stamattina mi ha chiamato… Chissà come mai? Facciamo che stiamo in contatto dopo tanto tempo?” “Forse le manca la famiglia, a una certa età si è più sensibili…” azzarda Taide. “Mah… non so.” Vera arriva: sempre un po’ dura, sulle sue. Egidio teme una discussione, e infatti la figlia affronta subito il tema caldo. “Papà, dobbiamo vendere questa casa: tu vieni a vivere da me e con mio figlio, ci divertiamo di più tutti insieme,” ordina Vera, già decisa. Egidio si sente spaesato: non vuole lasciare la sua casa e non accetta di farsi trasferire come un ospite sotto lo sguardo burbero della figlia. Declina, dicendo di preferire la vita da solo. Ma Vera insiste. Scoperto che Egidio ha una particolare amicizia con Taide, decide di andare a trovarla. Si presenta gentile, si accomoda in cucina dove Taide prepara tè, caramelle e marmellata. “Parlami pure, Vera,” esorta calma Taide. “Vedo che siete molto intimi con mio padre,” inizia Vera. “Non potrebbe aiutarlo a convincerlo a vendere questa casa? Davvero, da solo non se ne fa nulla!” Taide resta esterrefatta dall’arroganza della figlia e risponde negativamente. Vera perde le staffe, sbraita, urla accuse e insulti: “Certo! Vuoi accapparrarti la casa per tua nipote, eh? Vi vedo lì a ridacchiare sulle panchine, a parlare di tarassaco e salute… Due vecchi innamorati, magari vi sposate? Lo dico subito: tu non avrai nulla da me, vecchia megera!” E sbattendo la porta se ne va. Taide, in imbarazzo, teme che i vicini abbiano sentito tutto. Fortuna che Vera, poco dopo, smette di farsi vedere. Da allora Taide evita accuratamente Egidio, ma la vita segue sempre il proprio corso. Un pomeriggio, tornando dal panettiere, vede Egidio seduto davanti al portone: tiene dei tarassachi gialli tra le mani, sta intrecciando una coroncina. “Taide, aspettami, fermiamoci un momento. Scusami per mia figlia… So che è venuta da te e ti ha detto cose spiacevoli. Abbiamo parlato, continuerò ad aiutare mio nipote, ma lei non può comportarsi così. Se n’è andata dicendo che non è più sua figlia… E io…” Si interrompe e le porge la coroncina di tarassaco. “Tienila. Ho anche fatto la marmellata di tarassaco: è buonissima e fa benissimo, devi provarla assolutamente! Ottima anche nell’insalata!” sorride Egidio. Da quel giorno, insieme preparano l’insalata, e Taide prende l’abitudine di bere il tè con la sua nuova marmellata preferita, condividendo cene, chiacchiere e serate al parco. “Ho l’ultimo numero del nostro giornale preferito, ci leggiamo qualcosa sotto la nostra vecchia pianta di tiglio?” propone Egidio. Taide ride, si siede accanto a lui: il tempo vola, le parole scorrono leggere e il resto del mondo svanisce. Insieme, si sentono finalmente felici. Marmellata di Tarassaco: una storia di primavera, amicizia e rinascita in un piccolo comune italiano