**GIULIETTA**
Marco uscì di corsa dal portone e si diresse velocemente verso il supermercato. Doveva fare in tempo prima della chiusura, perché cenare senza pane non gli sembrava una buona idea. All’ingresso del negozio c’era una bambina di circa quattro anni, che teneva stretta a sé un cagnolino altrettanto piccolo.
“Zia, per favore, compra un po’ di pane per il mio cucciolo,” chiese piano la piccola, guardando con speranza una donna che stava per entrare.
“Bambina, dov’è tua mamma? Perché sei fuori a quest’ora? Vai a casa!” rispose severamente la signora, scomparendo dentro il supermercato.
Marco, che aveva assistito alla scena, si fermò. Lo sguardo della bambina era triste e disperato. Lui capì che non si trattava solo del cane… A differenza di quella donna, intuì che la piccola aveva fame e chiedeva cibo per sé.
“Il tuo cagnolino mangia il pane?” chiese con un sorriso, avvicinandosi.
“Sì,” rispose subito la bimba. “Di solito preferisce la mortadella e i cioccolatini, ma quando ha fame mangia anche il pane.”
“Capisco,” disse Marco, rattristato. “Aspetta qui qualche minuto, torno subito…”
Dentro il negozio, prese in fretta del pane, poi aggiunse latte, yogurt, biscotti, cioccolatini e un po’ di mortadella. Mentre faceva la cassa, gli tornarono in mente i ricordi della sua infanzia. Sua madre beveva troppo, e di suo padre non ne aveva mai conosciuto neppure il volto. Marco ricordava i giorni in cui aveva patito la fame, quando sua madre, con il misero stipendio da donna delle pulizie, sprofondava nell’alcol per settimane. A volte, di notte, faceva il giro delle aree giochi. Era già buio, e con una piccola torcia cercava nella sabbia, trovando qualche caramella o un biscotto dimenticato… Ricordava i suoi occhi in quei momenti: pieni di fame e disperazione. La bambina davanti al supermercato aveva lo stesso sguardo…
Uscito, si avvicinò a lei. Voleva darle la busta con la spesa, ma capì che da sola non ce l’avrebbe fatta a portarla. La piccola aveva tra le mani il cagnolino tremante.
“Ho comprato qualcosa per il tuo cane. Abiti lontano?” chiese Marco.
“No, lì in quel palazzo,” disse indicando un condominio dall’altra parte della strada.
“Andiamo, ti aiuto io.”
Lo sguardo della bimba si illuminò. Iniziò a camminare allegramente avanti a lui, canticchiando una canzone che Marco conosceva bene.
“Come ti chiami?” le domandò.
“Giulietta,” rispose. “E questo è il mio amico, Birillo.” Indicò il cagnolino.
Lungo la strada, la bambina gli raccontò di vivere con la mamma e la nonna. E che poco tempo prima aveva trovato Birillo per strada e lo aveva portato a casa. Marco sperava ancora di aver capito male. Forse la mamma di Giulietta era una brava persona, solo che vivevano con poco.
“Eccomi arrivata,” disse Giulietta, indicando una finestra al secondo piano da cui usciva musica a tutto volume. “Non entro. Rimango qui a giocare. Dacci il cibo, io e Birillo ceneremo qui.”
“Ma la nonna è a casa?” chiese Marco. Era ormai vicino alle undici e sapeva che a quell’ora un bambino non doveva stare fuori.
“Sì. È a casa. La nonna ha preso la pensione, sono in cucina a bere,” disse Giulietta, accigliata.
Marco rimase senza parole. Era notte fonda, non c’era nessuno in giro. Non voleva lasciarla lì, così la convinse a rientrare.
“Tu e Birillo chiudetevi in camera, mangiate e andate a dormire. È troppo tardi per stare fuori. Non vorrai che qualcuno ti rubi il cagnolino, vero?”
Giulietta scosse la testa e strinse ancora di più il cucciolo. Marco la accompagnò fino alla porta e, assicuratosi che fosse entrata, si allontanò di fretta. Il cuore gli pesava. Aveva creduto che i tempi fossero cambiati, che i servizi sociali funzionassero meglio. Ma no, tutto era rimasto uguale…
A casa, la moglie lo rimproverò per il ritardo. La cena si era già freddata, e lei si era quasi consumata gli occhi a guardare dalla finestra, temendo che gli fosse successo qualcosa. Chiara era al sesto mese di gravidanza, e Marco ormai era abituato ai suoi sbalzi d’umore. Vedendolo turbato, però, iniziò a insistere per sapere cosa fosse successo.
A cena, Marco le raccontò di Giulietta e del suo cagnolino, che sembrava essere la sua unica compagnia.
“Bravo ad averla aiutata. Almeno stasera mangia a sazietà,” commentò Chiara con un sospiro. “Ma non tormentarti, i bambini sfortunati sono tanti, e non possiamo salvarli tutti. Ormai presto avremo nostro figlio, e dovrai occuparti di lui, non degli altri.”
Marco sapeva che aveva ragione, ma quella notte non riuscì a dormire. Non si aspettava che quella bambina gli si fosse piantata così nel cuore…
Una settimana dopo, mentre tornavano da una passeggiata, decisero di fermarsi al supermercato per comprare qualcosa di dolce. Davanti all’ingresso c’era di nuovo Giulietta… Piangeva disperata, come se le fosse crollato il mondo addosso.
“Giulietta! Che succede?” Marco corse da lei accovacciandosi.
“Mi hanno portato via Birillo!” singhiozzò la piccola. “Dei ragazzini me l’hanno strappato e sono scappati in quel cortile.”
“Resta qui, torno subito!” gridò Marco, lanciandosi nella direzione indicata.
Tornò dopo cinque minuti con il cagnolino tra le braccia. Chiara era seduta sulla panchina a consolare Giulietta.
“Non piangere! Lo zio Marco ha trovato Birillo!” sorrise Chiara, vedendo il marito. “Marco! Non possiamo lasciare così le cose. Ha un livido sulla guancia e le braccia piene di segni. Sono impronte di dita! Giulietta mi ha detto che ieri la mamma l’ha punita. Non so te, ma io chiamo la polizia!”
“Chiamali!” approvò Marco, avvicinandosi a Giulietta.
La bambina gli si aggrappò al collo, supplicandolo di non consegnarla alle forze dell’ordine. Marco si sentì un traditore, ma sapeva che Giulietta non poteva vivere in quell’ambiente.
La polizia arrivò in pochi minuti. Chiara si avvicinò agli agenti, spiegando la situazione e insistendo che si occupassero della piccola.
“Sei cattivo!” urlò Giulietta a Marco. “Credevo fossi mio amico, invece mi hai tradito! Ridatemi Birillo!”
Un agente dovette sollevarla per calmarla. Pochi minuti dopo, l’auto partì, lasciando Marco seduto sulla panchina con il cagnolino tra le braccia.
“Come vuoi, ma lui non lo abbandono!” sbottò.
“Va bene. Teniamocelo,” disse Chiara. “Non ti agitare, starà meglio in un istituto.”
“E tu cosa ne sai degli istituti? O della vita che ha fatto quella bambina?” ribatté lui, con rabbia. “Non offenderti, ma non puoi capire!”
Per il resto della sera, i due non si parlarono. Chiara lavò Birillo e se lo strinse in braccio sul divano. Marco rimase in cucina a guardare fuoriDopo mesi di battaglie legali e infinite notti insonni, Marco e Chiara riuscirono finalmente a portare a casa Giulietta, e quella sera, mentre i due bambini ridevano in salone con Birillo, capirono che la loro famiglia era finalmente completa.