**LUCIA**
Giorgio sbucò dall’androne e si incamminò di fretta verso il supermercato. Doveva far presto prima della chiusura: la cena senza pane non era contemplata. All’ingresso del negozio, una bambina di circa quattro anni stringeva al petto un cagnolino minuscolo.
«Signora, può comprare del pane al mio cagnolino?» chiese la piccola con voce esile, fissando una donna che stava entrando.
«Bambina, dov’è tua madre? Perché sei ancora in giro a quest’ora? Vai a casa!» sbottò la donna, spingendosi oltre senza voltarsi.
Giorgio, che aveva assistito alla scena, si fermò. Lo sguardo della bambina era triste, disperato. L’uomo capì subito che non si trattava del cane… Diversamente da quella donna, intuì che la piccola aveva fame e chiedeva pane per sé.
«Il tuo cagnolino mangia il pane?» chiese Giorgio, avvicinandosi con un sorriso.
«Sì!» rispose lei in fretta. «A dire il vero, preferisce il salame e le caramelle. Ma quando ha fame, mangia anche il pane.»
«Capisco» disse lui, con un nodo alla gola. «Aspettami qui, torno subito…»
Nel supermercato, Giorgio afferrò il pane, poi aggiunse latte, yogurt, biscotti, caramelle e un salame. In cassa, i ricordi lo assalirono. Sua madre amava la bottiglia, del padre non aveva mai conosciuto neppure il volto. Ricordava i giorni di fame, quando lo stipendio da donna delle pulizie finiva in vino e lei scompariva per settimane. A volte, al calar della sera, perlustrava le sabbiere dei parchi con una torcia, cercando briciole di dolci abbandonati… Ricordava il proprio sguardo di allora: occhi affamati, impotenti. Quella bambina davanti al supermercato aveva lo stesso sguardo.
Uscito, le si avvicinò. Voleva darle la busta della spesa, ma capì che non l’avrebbe portata da sola. Non con quel cagnolino che le tremava tra le braccia.
«Ho comprato qualcosa per il tuo cane. Abiti lontano?»
«No. In quel palazzo» rispose lei, indicando un condominio oltre la strada.
«Andiamo, ti aiuto.»
Lo sguardo della bambina si illuminò. Camminò avanti a lui canticchiando una canzonetta che a Giorgio sembrò familiare.
«Come ti chiami?»
«Lucia» rispose lei. «E questo è il mio amico, Lillo.»
Accarezzò il cagnolino. Lungo la strada, raccontò di vivere con la mamma e la nonna, e di aver trovato Lillo per strada poco prima. Giorgio sperò di essersi sbagliato. Forse la madre era solo povera, non cattiva.
«Ecco, abito qui» disse Lucia, indicando una finestra al secondo piano da cui usciva musica a tutto volume. «Non entro. Giochiamo qui fuori. Dacci da mangiare, io e Lillo ceneremo.»
«La nonna è a casa?» chiese Giorgio. Era quasi mezzanotte, troppo tardi per un bambino in strada.
«Sì. Hanno preso la pensione oggi, stanno bevendo in cucina» rispose lei, accigliata.
Giorgio rimase senza parole. La notte era scesa, la strada deserta. Non poteva lasciarla lì. La spinse ad entrare.
«Tu e Lillo chiudetevi in camera, mangiate e dormite. È pericoloso fuori. Non vuoi che rubino il tuo cagnolino, vero?»
Lucia scosse la testa e strinse Lillo più forte. Giorgio la accompagnò fino alla porta e, dopo averla vista entrare, se ne andò. Il cuore gli pesava come un macigno. Credeva che i servizi sociali funzionassero meglio, ora. Invece no. Tutto come prima…
A casa, la moglie Daniela lo rimproverò per il ritardo. La cena era fredda, lei in ansia. Al sesto mese di gravidanza, gli sbalzi d’umore erano frequenti. Vedendolo turbato, gli chiese cosa fosse successo.
Giorgio raccontò di Lucia e del cagnolino, forse l’unico amico che avesse.
«Hai fatto bene ad aiutarla» sospirò Daniela. «Ma non tormentarti. Non possiamo salvare tutti, specialmente ora che avremo un figlio.»
Giorgio sapeva che aveva ragione, eppure quella notte non chiuse occhio. Non si aspettava che Lucia gli si piantasse così nel cuore.
Una settimana dopo, tornando da una passeggiata, si fermarono al supermercato. Lucia era di nuovo lì, in lacrime.
«Lucia! Cosa c’è?» Giorgio corse da lei.
«Hanno preso Lillo!» singhiozzò. «Dei ragazzi me l’hanno strappato, sono andati di là!»
«Aspetta qui!» gridò lui, lanciandosi nella direzione indicata.
Tornò cinque minuti dopo con il cagnolino in braccio. Daniela cercava di consolare la bambina.
«Non piangere! Lo zio Giorgio l’ha trovato» sorrise, vedendolo. «Giorgio! Non possiamo ignorare questo. Ha un livido sulla guancia e le braccia piene di segni. Lucia dice che ieri la mamma l’ha “educata”. Io chiamo la polizia!»
«Chiamali!» approvò lui.
Lucia lo abbracciò al collo, supplicandolo di non consegnarla. Giorgio si sentì un traditore, ma sapeva che non poteva lasciarla lì.
La polizia arrivò in cinque minuti. Daniela spiegò tutto, insistendo perché intervenissero.
«Sei cattivo!» urlò Lucia a Giorgio. «Credevo fossi mio amico! Ridammi Lillo!»
Un agente la sollevò per calmarla. L’auto partì, lasciando Giorgio seduto sulla panchina con il cagnolino tra le braccia.
«Io non lo abbandonerò!» ringhiò.
«Va bene, teniamolo» concordò Daniela. «Ma non tormentarti. Starà meglio in un istituto.»
«E tu cosa ne sai degli istituti? Della vita che ha fatto quella bambina?» sbottò lui. «Scusa, ma non puoi capire.»
Passarono la sera in silenzio. Daniela lavò Lillo e lo tenGiorgio, stringendo Lillo tra le braccia, capì che mentre non poteva salvare tutti i bambini abbandonati, almeno per Lucia avrebbe lottato fino all’ultimo respiro.