Melodia di Speranza

**LA STORIA DI BEA**

Luca uscì di corsa dal portone e si diresse veloce verso il supermercato. Doveva farcela prima della chiusura — cenare senza pane proprio no, grazie. All’ingresso c’era una bambina di quattro anni, che stringeva al petto un cagnolino minuscolo.

«Signora, potrebbe comprare un po’ di pane per il mio cucciolo?» chiese la piccola con voce tremula, guardando piena di speranza una donna che stava entrando.

«Bambina, dov’è tua mamma? Perché sei in giro a quest’ora? Vai a casa!» rispose seccamente la donna, sparendo dentro il negozio.

Luca, che aveva assistito alla scena, si fermò. Lo sguardo della bambina era triste e desolato. E lui capì al volo che non era questione del cane… a differenza di quella signora, intuì che la piccola aveva fame e chiedeva cibo per sé.

«Il tuo cagnolino mangia il pane?» sorrise, avvicinandosi.

«Sì» rispose pronta. «Di solito preferisce il salame e i cioccolatini, ma quando ha fame si accontenta.»

«Capisco» disse Luca, cupo. «Aspettami un attimo, torno subito…»

Dentro il supermercato, afferrò pane, latte, yogurt, biscotti, dolcetti e un po’ di mortadella. In cassa, gli tornarono in mente i ricordi della sua infanzia. Sua madre amava troppo il vino, e di suo padre non aveva mai visto neanche l’ombra. Ricordava i giorni di fame, quando lei finiva il misero stipendio da addetta alle pulizie in bevute e spariva per una settimana. A volte, al buio, perlustrava le sabbiere dei parchi con una pila, sperando di trovare qualche caramella dimenticata… Quello sguardo da affamato, lo riconosceva. E la bambina davanti al supermercato lo aveva identico.

Uscito, le si avvicinò. Voleva darle la busta con la spesa, ma capì che da sola non l’avrebbe mai portata a casa. Non con quel cagnolino tremolante tra le braccia.

«Ho preso qualcosa per il tuo cagnolino. Abiti lontano?»

«No, laggiù» indicò lei un palazzo di cinque piani oltre la strada.

«Allora ti accompagno.»

Lo sguardo della piccola si illuminò. Iniziò a camminare avanti a lui, canticchiando una canzoncina che a Luca sembrò familiare.

«Come ti chiami?»

«Bea» rispose. «E lui è Briciola.»

Accennò al cagnolino. Lungo la strada, raccontò di vivere con la mamma e la nonna, e di aver trovato Briciola per strada poco prima. Luca sperò ancora di essersi sbagliato. Forse la mamma di Bea era solo in difficoltà, ma normale.

«Ecco, abito lì» disse Bea, indicando una finestra al secondo piano, da cui usciva musica a tutto volume. «Ma non voglio entrare. Mangiamo qui davanti.»

«E la nonna?» chiese Luca. Era quasi mezzanotte, e un bambino per strada a quell’ora…

«Sì, è a casa. Ha preso la pensione, sono in cucina a bere» fece una smorfia.

Luca rimase senza parole. Era buio pesto, nessuno in giro. Non poteva lasciarla lì, e la spinse gentilmente a rientrare.

«Tu e Briciola chiudetevi in camera, mangiate e dormite. È tardi, fuori è pericoloso. Non vorrai che qualcuno rubi il tuo cagnolino, no?»

Bea scosse la testa e strinse Briciola più forte. Luca la accompagnò alla porta e, sicuro che fosse dentro, se ne andò di malumore. Pensava che i tempi fossero cambiati, che i servizi sociali funzionassero. E invece no. Tutto uguale a prima…

A casa, sua moglie Elisa gli fece una scenata per il ritardo. La cena era fredda, e lei, al sesto mese di gravidanza, aveva passato l’ultima ora in ansia davanti alla finestra. Vedendolo turbato, gli chiese cosa fosse successo. A tavola, Luca raccontò di Bea e di Briciola, probabilmente l’unico amico della bambina.

«Hai fatto bene ad aiutarla» disse Elisa, triste. «Ma non tormentarti, i bambini soli sono tantissimi, e noi non possiamo salvarli tutti. Soprattutto ora che presto avremo un figlio nostro.»

Luca sapeva che aveva ragione. Ma quella notte non chiuse occhio. Non si aspettava che Bea gli rimanesse così impressa nel cuore.

Una settimana dopo, tornando da una passeggiata, decisero di fermarsi a comprare dolci. E davanti al supermercato, c’era di nuovo Bea… che piangeva disperata.

«Bea! Cosa è successo?» corse Luca, accucciandosi accanto a lei.

«Hanno preso Briciola!» singhiozzò. «Quei ragazzacci me l’hanno portato via!»

«Aspetta qui!» gridò lui, lanciandosi nella direzione indicata.

Tornò cinque minuti dopo con il cagnolino. Elisa intanto aveva consolato Bea sulla panchina.

«Non piangere, lo zio Luca l’ha trovato!» sorrise a lui. «Luca, non possiamo lasciare correre. Ha un livido sulla guancia e le braccia piene di segni. Dice che ieri la mamma l’ha “educata”. Io chiamo la polizia.»

«Chiamali!» approvò lui, avvicinandosi a Bea.

Lei lo abbracciò al collo, supplicandolo di non consegnarla alla polizia. Luca si sentì un traditore, ma sapeva che Bea non poteva restare in quell’ambiente.

La polizia arrivò in pochi minuti. Elisa spiegò tutto, insistendo perché si occupassero di lei.

«Sei cattivo!» urlò Bea a Luca. «Pensavo fossi mio amico! Ridammi Briciola!»

L’agente la prese in braccio per calmarla. Dopo qualche minuto, l’auto partì, lasciando Luca sulla panchina con Briciola tra le mani.

«Io non lo abbandono!» ringhiò.

«Va bene, teniamolo» concordò Elisa. «Non essere triste, starà meglio in un istituto.»

«E tu cosa ne sai degli istituti?» sbottò lui. «Scusa, ma non puoi capire.»

Passarono la serata in silenzio. Elisa lavò Briciola e se lo strinse sul divano. Luca fissava la finestra, con un peso sul cuore.

«Luca, non smetto di pensare a lei» confessò Elisa, entrando in cucina.

«Non piangere, sai che non devi agitarti.»

«Luca… e se prendessimo Bea con noi?» chiese piano. «Mi dispiace troppo per lei…»

«Davvero?» Gli si illuminarono gli occhi. «Non osavo nemmeno sperarlo.»

«E se non ce la dessero? Ha una madre.»

«Ce la daranno!» disse sicuro. «Ho i contatti giusti.»

Tre mesi dopo, Luca andò all’istituto a prendere Bea. La trovò che giocava in cortile.

«Luca!» gridò felice. «Oggi mi porti a casa?»

«Oggi!» rise lui, esultando come un bambino.

«Perché Elisa non è venuta?»

«Ti aspetta a casa. Hai un fratellino adesso.»

«E Briciola? Mi aspetta anche lui?»

«Certo! Sei la sua migliore amica.»

Tornarono a casa con il cuore leggero. Avevano ottenuto l’affidamento di Bea. Ora poteva dormire tranquillo. Sapeva che non poteva aiutare tutti i bambini soli… ma almeno ne aveva reso felice uno.

E mentre guardava Bea e Briciola giocare con il loro nuovo fratellino, Luca sorrise, sapendo che finalmente la sua famiglia era completa.

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