Mesi dopo, Stanislao era diventato parte indispensabile della casa di Anna. Piantava fiori con lei, cucinavano insieme, e Boris dormiva ai loro piedi ogni sera. La tristezza non era sparita del tutto, ma aveva un altro peso. Più leggero. Più sopportabile.

Mesi dopo, Stanislao era diventato parte indispensabile della casa di Anna. Piantava fiori con lei, cucinavano insieme, e Boris dormiva ai loro piedi ogni sera. La tristezza non era scomparsa del tutto, ma ora aveva un peso diverso. Più leggero. Più sopportabile.

Stanislao era seduto su una panchina gelata, in mezzo a un parco silenzioso alla periferia di Firenze. Il vento tagliente gli solcava il volto, e la neve cadeva lenta come cenere di un incendio che non finiva mai. Aveva le mani nascoste sotto una giacca logora, e lanima in frantumi. Non capiva come fosse arrivato a quel punto. Non quella notte. Non in quel modo.

Poche ore prima, era nella sua casa. La sua. Quella che aveva costruito con le proprie mani decenni fa, mattone dopo mattone, mentre sua moglie preparava una minestra calda in cucina e suo figlio giocava con blocchi di legno. Tutto quello non esisteva più.

Ora le pareti erano coperte da quadri che non riconosceva, i profumi erano diversi, e il freddo non veniva solo dallinverno, ma dagli sguardi che lo trafiggevano come lame.

“Papà, Giulia e io stiamo bene, ma tu non puoi più restare qui,” gli disse suo figlio, Matteo, senza un briciolo di rimorso nella voce. “Non sei più giovane. Dovresti cercare una casa di riposo. O qualcosa di piccolo. Con la tua pensione, puoi vivere tranquillo.”

“Ma questa è casa mia,” balbettò Stanislao, sentendo il cuore cadergli ai piedi.

“Me lhai ceduta,” rispose Matteo, come se parlasse di una semplice pratica burocratica. “È tutto in regola. Legalmente non è più tua.”

E con quello, era finita.

Stanislao non urlò. Non pianse. Annuì solo in silenzio, come un bambino rimproverato per qualcosa che non capiva. Prese il cappotto, il suo vecchio berretto e una borsa con quel poco che gli restava. Uscì dalla porta senza voltarsi, sapendo, nel profondo, che quello era anche la fine di qualcosa di ben più grande: la sua famiglia.

Ora era lì, solo, con il corpo intirizzito e lanima congelata. Non sapeva neanche che ora fosse. Il parco era deserto. Nessuno cammina quando il freddo entra nelle ossa. Eppure, lui era ancora lì, come se sperasse che la neve lo coprisse del tutto e lo facesse sparire.

Poi, lo sentì.

Un tocco, lieve, caldo.

Aprì gli occhi, stupito, e vide davanti a sé un cane. Un pastore tedesco, enorme, con il pelo ricoperto di neve e occhi scuri che sembravano capire troppo.

Lanimale lo fissava. Non abbaiò. Non si mosse. Solo allungò il muso e gli sfiorò la mano con una dolcezza disarmante.

“Da dove sei spuntato, amico?” mormorò Stanislao, con la voce tremante.

Il cane scodinzolò, fece mezzo giro e fece qualche passo. Poi si fermò, lo guardò di nuovo, come per dire: “Seguimi.”

E Stanislao lo fece.

Perché non aveva più nulla da perdere.

Camminarono per diversi minuti. Il cane non si allontanava troppo, voltandosi ogni tanto per assicurarsi che lo seguisse. Passarono per vicoli silenziosi, lampioni spenti, case dove il calore di un focolare sembrava un lusso irraggiungibile.

Fino a quando, alla fine, arrivarono davanti a una piccola casa, con una staccionata di legno e una luce calda accesa sul portico. Prima che potesse reagire, la porta si aprì.

Una donna, sulla sessantina, con i capelli raccolti in uno chignon e uno scialle pesante sulle spalle, apparve sulla soglia.

“Boris! Ancora sei scappato, birichino!” esclamò vedendo il cane. “E questa volta cosa hai portato?”

La voce le si spezzò quando vide Stanislao, curvo, con il viso arrossato dal freddo e le labbra violacee.

“Santo cielo! Ti congeli! Entra, ti prego!”

Stanislao cercò di parlare, ma riuscì solo a emettere un sussurro.

La donna non aspettò risposta. Uscì, lo prese saldamente per il braccio e lo fece entrare. Il calore lo avvolse come una coperta. Laria profumava di caffè, di cannella, di vita.

“Siediti, su. Ti porto qualcosa di caldo.”

Lui si lasciò cadere su una sedia, tremante. Il cane, Boris, si accucciò ai suoi piedi, come se fosse la loro solita routine.

Poco dopo, la donna tornò con un vassoio. Due tazze fumanti e una teglia di biscotti dorati.

“Mi chiamo Anna,” disse con un sorriso affettuoso. “E tu?”

“Stanislao.”

“Piacere, Stanislao. Il mio Boris non porta mai estranei a casa. Devi essere speciale.”

Lui sorrise, debolmente.

“Non so come ringraziarti”

“Non devi farlo. Ma mi piacerebbe sapere: cosa ci fa un uomo come te in strada in una notte così?”

Stanislao esitò. Ma negli occhi di Anna cercava comprensione, non giudizio. Così parlò.

Le raccontò tutto. Dalla casa costruita con le sue mani, al momento in cui suo figlio lo aveva cacciato. Le parlò del dolore, dellabbandono, del tradimento che gli gelava il cuore più del freddo. Parlò finché non ne ebbe più la forza.

Quando finì, la stanza rimase in silenzio. Solo il crepitio del fuoco nel camino riempiva laria.

Anna lo guardò con dolcezza.

“Resta con me,” disse con voce tranquilla. “Vivo sola. Solo io e Boris. Mi farebbe bene avere qualcuno con cui parlare. Non devi dormire per strada. Non stanotte. Non finché ho un letto in più.”

Lui la fissò incredulo. Nessuno gli aveva offerto qualcosa di così generoso da quando sua moglie era morta.

“Davvero?”

“Davvero,” rispose, posando una mano sulla sua. “Di di sì.”

Boris alzò la testa, lo guardò e, come prima, gli sfiorò la mano con il muso.

E allora, Stanislao sentì qualcosa che credeva perduto: la speranza.

“Sì,” sussurrò. “Resto volentieri.”

Anna sorrise, e Boris riappoggiò la testa sulle zampe, soddisfatto.

Quella notte, Stanislao dormì in un letto caldo. Non sognò la neve o labbandono. Sognò una casa, un cane saggio e una donna dal cuore buono.

E capì una cosa semplice ma profonda: a volte, la famiglia non è nel sangue, ma nei gesti di chi decide di vederti, ascoltarti e aprirti la porta.

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Mesi dopo, Stanislao era diventato parte indispensabile della casa di Anna. Piantava fiori con lei, cucinavano insieme, e Boris dormiva ai loro piedi ogni sera. La tristezza non era sparita del tutto, ma aveva un altro peso. Più leggero. Più sopportabile.