La lettera prima del ritorno — e il prezzo della pace
Fino a trentacinque anni, Laura si era creduta una donna felice. Un marito amorevole, Valerio, un figlio, Marco, e una figlia, Elisabetta: una famiglia modesta ma unita. Tutto cambiò quando Valerio venne licenziato dalla fabbrica. Non trovando lavoro in città, decise di partire per la Germania.
“Laura, hanno bisogno di operai. Pagano bene,” le disse un giorno.
“E noi? Io qui, tu là. Che famiglia sarebbe?” si disorientò lei.
“Non sarà per sempre. Resisteremo. Ci riprenderemo, e poi tutto tornerà come prima.”
Ma le cose andarono diversamente da come sperava. Valerio tornava sempre più raramente, cupo e distante. Un giorno, mentre Laura si preparava per il suo ritorno e faceva la spesa, trovò una lettera nella cassetta postale. Era di lui.
Sorrise, pensando a parole d’amore, di nostalgia. La lettera era arrivata proprio il giorno del suo rientro. La infilò nella borsa e, una volta a casa, l’aprì. E il mondo le crollò addosso.
“Laura, perdonami. Non ho avuto il coraggio di dirtelo di persona. Ho incontrato un’altra donna. Il nostro matrimonio è stato un errore. Voglio il divorzio. Non mancherò ai bambini. Addio.”
Rileggeva quelle parole ancora e ancora, incredula. Le lacrime le offuscavano la vista. In quel momento, Marco, di dieci anni, entrò nella stanza.
“Mamma, il forno sta bruciando! Cosa fai?”
Si alzò di scatto, spense i fornelli, cercò di dissipare il fumo. Sorrise al figlio, confusa, mentre dentro di lei ardeva solo dolore.
Un mese dopo, divorziarono. Valerio se ne andò per sempre. Mandava soldi, ma non mise più piede in quella casa. Dieci anni più tardi, Laura scoprì che era morto in un incidente. Lei, invece, era rimasta sola con due figli e un fardello di responsabilità.
Passarono gli anni. Laura non si risposò—non voleva portare un estraneo in casa. La sua vita erano i figli. Marco crebbe, sposò Michela. Si sistemarono nella sua vecchia camera, mentre Laura ed Elisabetta occupavano l’altra. Nacque il nipotino Luca. Ma né Michela né Elisabetta sembravano intenzionate a lasciare la casa. Lo spazio diventò angusto, l’atmosfera tesa.
Un giorno Elisabetta annunciò:
“Mamma, sono incinta. Io e Sandro staremo qui da te per un po’.”
“Dove?” sbottò Laura. “In una camera ci siete tu e io, nell’altra Marco con sua moglie e suo figlio. Dove li metti, questi nuovi ospiti?”
“C’è il divano in cucina. Non avrai nulla in contrario, no?”
E così Laura si trasferì in cucina. La prima notte fu un incubo. E peggiorò. Litigi, urla, tensioni tra le due famiglie. Chi aveva mangiato il salame, chi aveva fatto rumore di notte, chi aveva preso il quaderno dell’altro—ogni sciocchezza diventava pretesto per una lite.
Poi Laura notò la pancia di Michela.
“Sei incinta?”
“Sì. Avremo un altro bambino.”
“E dove lo metterete?”
“Ah, quindi ci cacciate?” esplose Michela.
“Nessuno vi caccia! Ma sarete in quattro in una stanza!”
“Diglielo a tua figlia, allora! Lei ha un marito!” ribatté Michela.
“Anche tu ce l’hai!” non trattenne più la rabbia Laura.
La mattina dopo, Marco la affrontò:
“Mamma, hai fatto piangere Michela. Ci vuoi buttare fuori?”
Elisabetta, come se l’avesse aspettato, entrò:
“Diglielo a tuo marito, di trovarsi una casa!”
“Basta!” esplose Laura. “Fuori tutti! Tu, Marco, con tua moglie e i tuoi figli. E tu, Elisabetta, con Sandro. Non ne posso più! Avete trasformato casa mia in un mercato, non avete rispetto né per me né tra di voi. Finita qui. Fuori!”
Lo disse con voce ferma, senza esitazione. Lei stessa si stupì di tanta determinazione. Ma non aveva intenzione di tornare indietro. Neanche per un secondo.
Tre giorni dopo se ne andarono. Le minacce furono molte: “Non vedrai più i nipoti,” “Non vogliamo più parlarti.” Laura tacque.
Quella sera, seduta in cucina—finalmente sola—respirò. Nessun urlo, nessuna lite. Solo silenzio.
Si guardò intorno e, per la prima volta da anni, si sentì padrona della sua casa. Fece ristrutturare, comprò mobili nuovi. L’anno dopo, per la prima volta in vita sua, partì per una vacanza all’estero.
E se qualcuno avesse detto che pensava solo a sé, avrebbe risposto: no. Ha dedicato la vita ai figli. Ora, finalmente, vive per se stessa. E fa bene.