Mi allontano dai miei genitori a causa di mia moglie
Mi sono staccato dai miei genitori, e la ragione è stata mia moglie.
Ho 44 anni e sono cresciuto in una famiglia che molti avrebbero potuto solo sognare. Genitori affettuosi entrambi medici con i propri studi in una piccola città vicino a Bologna e un fratello che è stato il mio migliore amico dallinfanzia fino alla giovinezza. Era uno scenario di felicità perfetta, dove ogni giorno era pieno di calore e sostegno. Ma tutto cambiò quando lei entrò nella mia vita la donna che capovolse il mio mondo e, alla fine, lo distrusse.
Conobbi Beatrice al primo anno di università. Era il mio esatto opposto, come il giorno e la notte. La sua infanzia era trascorsa in un orfanotrofio, da cui era stata adottata a undici anni da genitori adottivi. Ma la felicità durò poco loro divorziarono, e Beatrice restò con la madre, che ben presto sprofondò nellalcolismo. Il legame con il padre quasi svanì. La sua vita era stata una lotta, ma lei aveva resistito con una volontà di ferro e la determinazione di fuggire dal passato. Dopo la scuola, entrò alluniversità, pagandosi gli studi da sola. Lavorava due lavori, studiava fino a tarda notte, e si laureò con lode. Questa forza mi affascinò.
La nostra relazione iniziò come una fiaba, fino al momento in cui la portai a casa dei miei genitori. Beatrice, cresciuta nella povertà, guardò la nostra accogliente dimora con un disprezzo appena mascherato. Al momento non disse nulla, ma più tardi, nel calore di una discussione, ci urlò che eravamo degli snob ricchi che vivevano in un mondo di fantasia. Quelle parole mi colpirono come un fulmine, ma ingoiai lorgoglio, attribuendo tutto al suo passato difficile. Superammo quella crisi, anche se ormai si vedeva una crepa.
Prima del matrimonio, le dissi che i miei genitori volevano pagare per la festa. Beatrice esplose come una furia: Non devo nulla a loro! La sua voce tremava di rabbia e io non sapevo come calmarla. Parlai in segreto con i miei genitori, che, per evitare conflitti, mi trasferirono discretamente i soldi. Non raccontai nulla a Beatrice. Il matrimonio fu magnifico e lei era orgogliosa, convinta che fossimo indipendenti, dimostrando al mondo la nostra autonomia. Io rimasi in silenzio, temendo di distruggere la sua illusione.
Quando scoprimmo che aspettavamo una figlia, i miei genitori erano pieni di gioia. Un giorno, portarono dei vestitini per neonati abitini minuscoli e scarpine. Mi aspettavo una tempesta, ma Beatrice mi sorprese con un sorriso e un grazie. E poi, appena la porta si chiuse dietro di loro, con un tono glaciale dichiarò: Basta elemosine dai tuoi genitori. Non ebbi il coraggio di raccontarlo ai miei la loro gioia per la nipotina era così genuina che non volli spegnerla. Alle loro domande su cosa ci servisse, mentii, dicendo che avevamo già tutto.
Ma la tempesta arrivò prima del parto. I miei genitori si presentarono senza preavviso con un passeggino nuovo costoso, proprio quello che avevamo visto in negozio. Beatrice impallidì: È un lusso inutile, riportatelo indietro! Da una parola allaltra, scoppiò la discussione. Lei gridava, li insultava, e io restai immobile, sconvolto. La visita finì in scandalo, che accelerò il parto prima del tempo. E di chi incolpò lei? Dei miei genitori! Disse che era colpa loro, che lavevano stressata. Per la prima volta reagii: Ti sbagli, non è colpa loro!
E poi mi pose di fronte a una scelta terribile come una condanna. O restavo con lei e con nostra figlia, tagliando ogni legame con i miei genitori e mio fratello, senza accettare un solo centesimo da loro, o divorzio e non avrei mai più rivisto la mia bambina. Il mio cuore si spezzava, il sangue martellava alle tempie. Cosa potevo fare? Scelsi mia moglie e mia figlia, voltando le spalle alla famiglia che mi aveva dato tutto. Rifiutai lamore dei miei genitori, leredità che avrebbe potuto garantirci una vita serena. Ci trasferimmo in unaltra città, lontano dal passato.
Dodici anni senza sentire la voce di mia madre, senza abbracciare mio padre, senza ridere con mio fratello. Sono un insegnante in una scuola e, alla fine di ogni mese, conto gli euro per arrivare a fine mese. Viviamo modestamente, quasi in povertà, perché Beatrice odia accettare aiuto. La guardo e non riconosco più la ragazza che un tempo mi aveva ispirato con la sua forza. Ora vedo solo rabbia odia il mondo, incolpa tutti perché la sua vita non è come quella degli altri. Quello che amavo in lei è diventato un dispiacere corrosivo dentro di me.
Penso al divorzio. I figli sono cresciuti, e spero che mi capiscano, che comprendano perché non posso più vivere così. Mi sbagliavo su Beatrice crudelmente, irrimediabilmente. Il suo orgoglio, che mi sembrava forza, si è rivelato veleno, avvelenando tutto intorno. E ora mi trovo davanti alle rovine della mia vita, chiedendomi: come ho potuto essere così cieco? Come ho sacrificato la famiglia per una donna che odia persino lombra della felicità?





