Mi devi, mamma

**”Me lo devi, mamma”**

Beppina incontrò il suo futuro marito per strada. Aveva dormito troppo e perso l’esame. Arrivò alla fermata giusto in tempo per vedere il tram allontanarsi sotto il suo naso.

“Ecco, ci siamo!” sbuffò, pestando un piede per la rabbia. “Ora arriverò in ritardo di sicuro.”

“Signorina, dove deve andare?” Un ragazzo in bicicletta si fermò accanto a lei. “Posso darle un passaggio!”

“In bici? Scherzi?” rispose irritata.

“E perché no? Meglio che a piedi. Oppure vuole aspettare il prossimo tram? Chissà quando passerà.” Lui la fissò, in attesa di una risposta.

Ai tempi non c’erano i cellulari, le cabine telefoniche erano rotte e nemmeno un taxi si trovava per strada. Che aveva da perdere, dopotutto?

“Arriveremo prima del tram, taglieremo per i cortili,” la incalzò lui.

Beppina si morse il labbro, indecisa, ma il tempo stringeva. Alla fine salì sulla bici, sedendosi di traverso sul portapacchi.

“Si tenga stretta,” disse il ragazzo, spingendosi via dal marciapiede. La bici oscillò pericolosamente, e per un attimo Beppina fu tentata di saltare giù, spaventata. Ma poi la corsa si fece più stabile, e in dieci minuti erano già davanti alla facoltà di medicina. Beppina scese.

“Grazie,” mormorò, notando il sudore sulla sua fronte. “È stato faticoso?”

“Un po’,” ammise lui, sorridendo. “Come ti chiami?” Era ancora sulla bici, un piede appoggiato sul gradino dell’ingresso. I loro volti erano alla stessa altezza.

“Beppina. E tu?”

“Marcello. Buona fortuna per l’esame!” E se ne andò, pedalando via.

Beppina lo seguì con lo sguardo, poi si precipitò dentro.

Quando raggiunse l’aula, i primi studenti stavano già entrando. I ragazzi si appoggiavano ai muri, immersi negli appunti. Beppina cercò di calmarsi dopo la corsa in bici, concentrandosi per l’esame. La porta si aprì, rilasciando un allegro Sergio Rossi con un sorriso ebete stampato in faccia.

“Trenta?” chiese Beppina.

“Ventotto,” rispose felice, sventolando il libretto.

“Il prossimo,” sbucò dalla porta l’assistente. Per qualche motivo, fissò Beppina. “Uno esce, l’altro entra. Non chiamerò due volte,” aggiunse, sparendo di nuovo.

Gli studenti esitarono. Beppina inspirò profondamente e varcò la soglia. Prese il biglietto dal tavolo, lesse le domande e capì subito di saperle.

“Numero del biglietto,” la incalzò l’assistente.

“Diciassette.”

“Prenda un foglio e si prepari. Chi è pronto?” chiese, guardando oltre di lei.

“Io,” sparò Beppina.

L’assistente alzò un sopracciglio perfettamente disegnato.

“Sicura? Magari…”

“Sicurissima,” la interruppe Beppina.

L’assistente guardò il professore, che annuì, e così Beppina si avvicinò alla cattedra.

“Allora?” le chiese una compagna appena uscì dall’aula.

“Fantastico!” rispose Beppina, a stento trattenendo l’euforia.

“Con chi hai parlato?”

“Col professore. Oggi era di buon umore,” aggiunse, dirigendosi verso le scale. I suoi tacchi risuonarono allegri sui gradini di ferro battuto.

Beppina uscì dall’edificio e vide Marcello. L’aspettava, con la bici appoggiata a un albero. Lei scese le scale come un turbine.

“Non sei andato via?”

“Volevo sapere com’era andato l’esame.”

“Benissimo!” sorrise Beppina.

“Andiamo?”

“Dove?” si confuse.

Non aveva intenzione di studiare per il prossimo esame, ma nemmeno di andare chissà dove con uno sconosciuto.

“Dove vuoi. Possiamo fare un giro in barca o al cinema. O semplicemente passeggiare.”

“Non lavori?”

“Ho ancora una settimana di ferie,” rispose lui.

Prima fecero un giro in barca, poi andarono al bar, infine al cinema. Quando, al tramonto, si salutarono davanti a casa sua, Beppina capì di essersi innamorata.

“Dove sei stata? Stavo cominciando a preoccuparmi. Com’è andato l’esame?” la aggredì la madre appena entrò. “Non è il momento di bighellonare. Se perdi la sessione, addio borsa di studio.”

“Non la perderò,” promise Beppina.

Un anno dopo, sposarono. Lui era più grande, già lavorava. Presero un piccolo appartamento scrostato. Eppure, erano felicissimi.

Un anno e mezzo dopo, il padre di Marcello morì d’infarto durante una lezione all’università. La madre, travolta dal dolore, perse quasi il senno. Vagava per casa o restava a letto, fissando il soffitto.

Preoccupato, Marcello propose a Beppina di trasferirsi da lei per sostenerla. Lei accettò. Tornava prima dall’università, puliva e cucinava. La suocera la guardava stranita, come se non capisse chi fosse.

Beppina parlò dei suoi sospetti al marito. Portarono la suocera in ospedale: confermarono che, dopo la morte del marito, la demenza si era aggravata.

Un anno dopo, la donna fu investita da un’auto. Era uscita per comprare il latte che il marito amava. Marcello e Beppina erano al lavoro.

Rimasti soli nel grande appartamento, ebbero un figlio. Passarono anni tra litigi, riconciliazioni e la gioia di crescere il bambino. Finché scoppiò il temporale.

Marcello si allontanava. “Ti ho sposata magra, ora sei una rana gonfia,” diceva. “Fai palestra, tagliati i capelli, mettiti lo smalto…”

Beppina sapeva che aveva ragione, ma bruciava lo stesso. Pure lui aveva la pancetta.

“Non posso avere le unghie lunghe, sono dentista!”

Si chiedeva se avesse un’amante, ma tornava puntuale dal lavoro, niente viaggi. Eppure, l’ansia era lì.

Alla vigilia del suo compleanno, Beppina chiese quanti ospiti aspettare.

“Non te l’ho detto? Festeggerò al ristorante. Il direttore ha accennato a una promozione, ci saranno colleghi. Voglio fare bella figura.”

Beppina rimase scioccata. Cucinava benissimo, tutti la lodavano. Ma non protestò. Era il suo giorno. Almeno non avrebbe passato ore ai fornelli.

Comprò un vestito nuovo, si truccò. Una volta, Marcello l’avrebbe sommersa di complimenti. Ora, un timido “carina”.

Al ristorante, brindisi e regali. Il direttore annunciò la promozione. Poi, musica. Beppina rifiutò di ballare, stanca.

Marcello invitò una ragazza giovane.

Beppina andò in bagno. Entrò in un box, poco dopo due donne entrarono ridacchiando.

“Coraggio, ballare davanti alla moglie! Dicevi che era grassa e brutta, invece è normale. Non lascerà mai quella. Hanno un figlio.”

“Vedremo,” rispose una voce giovane.

Uscirono. Beppina rimase paralizzata. Tornata in sala, vide Marcello sussurrare all’orecchio della ragazza. Affrettò la fuga.

A casa, Marcello la aggredì”Me lo devi, mamma,” mormorò Beppina, chiudendo il catalogo del negozio online e sorridendo tra le lacrime mentre sceglieva il divano perfetto per il nipotino.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

ten + 1 =

Mi devi, mamma