Mi dispiace per non essere venuto alla tua festa, ho avuto un incidente con un bambino.

Riccardo, scusa davvero se non sono venuto alla tua festa di compleanno, ma ho investito un bambino per strada, — disse Paolo mentre finiva di bere un bicchiere di grappa. — Ero in cantiere per lavoro, sono salito in macchina e appena sono uscito sulla strada, questo ragazzino mi è apparso sul cofano.

Immagina? Per fortuna, andavo piano.
Sono uscito di corsa, ho visto che era vivo e gli ho chiesto come stava, e lui ha detto che stava bene. Un ragazzino piccolo, sui sei anni, non di più, con i capelli rossi.

— Dove sono i tuoi genitori? — gli ho chiesto.
— La mamma è a casa, — mi ha risposto, — sta preparando la cena.
— Bene, andiamo, — gli ho detto, — dalla mamma. Dobbiamo risolvere questa situazione.
Mi ha portato al suo palazzo, ha indicato la porta dell’appartamento e si è nascosto dietro di me. Ho suonato e mi ha aperto una donna. Bellissima, non ne avevo mai vista una così, ma sembrava un po’ spenta. I suoi occhi non brillavano. Capisci?

— Mi scusi, — ho detto, — è successa una cosa. Non si spaventi, per carità, ma ho investito suo figlio con la macchina. Sta bene, eccolo qui, — ho tirato il bambino da dietro la schiena. — Ma forse vuole chiamare la polizia?
— Non serve la polizia, — ha detto lei con voce calma. — È già la quinta volta che fa una cosa del genere.
— In che senso?

— Marco, vai nella tua stanza, — ha detto con voce ferma al figlio. — E voi venite in cucina. Volete un tè? Oppure preferite un caffè?
A proposito, il tè era delizioso. Con delle erbe.

— Ci scusiamo davvero, — ha detto Elisa, così si è presentata. — Marco ha sentito per caso qualche giorno fa che mi lamentavo con un’amica di quanto fosse difficile senza un marito e ha pensato di trovarci un papà in questo modo. Siete già il quinto uomo almeno a cui si getta davanti. Due quasi li ha fatti venire un colpo. Gli ho detto che mi basta lui, ma è testardo, tutto suo nonno. Anche lui se si metteva qualcosa in testa, non c’era verso. La macchina non si è graffiata troppo? Posso pagarvi il danno se volete. No? Come preferite.

Ed io, la guardo e capisco — basta, mi sono innamorato. Non ci crederai, Riccardo, è la prima volta nella vita che vedo la donna giusta davanti a me. Stanca, in vestaglia, senza trucco. E io sento che se la perdo, potrei gettarmi dal tetto.
— Capisco, — dico, — quanto tutto questo sembri assurdo, ma mi permettereste di invitarvi al cinema come compenso, voi e Marco?
— Non serve, — risponde. — Capisca, Marco potrebbe farsi delle illusioni di nuovo.

— Non le piaccio? — chiedo.
— Non è questo — risponde — Solo… In altre circostanze… Ma così… Sembra che abbia spinto mio figlio davanti alle macchine solo per trovare un marito. Che vergogna.
— Già… E io allora sarei un mascalzone che cerca di approfittare di una donna in difficoltà, — scherzo. — E adesso ci toccherà bruciare all’inferno, ma se proprio è successo, almeno bruciamo nello stesso rogo?

— Non ricordo cos’altro ho detto, ma il giorno dopo li ho presi e siamo andati a vedere “Transformers” al cinema. Poi al ristorante. Poi…
Insomma, Riccardo, sono qui per dirti che ci sposiamo a giugno. Ci serve un fotografo. Ce la fai? Guarda come sono fotogenici.
Paolo tirò fuori il telefono e mostrò una foto di una bellissima donna dai capelli rossi che rideva, seduta accanto a un ragazzino.

Ora so per certo che Cupido non ha le ali. Ma ha un sacco di lentiggini rosse e gli mancano due denti da latte. E si chiama Marco. Ma il cognome… Beh, presto avrà quello di Paolo. Di questo sono sicuro…

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